Manifestazione in quindici piazze abruzzesi e la richiesta ai Comuni di applicare l’aliquota minima
PESCARA – ”Per non morire di Imu” è il titolo della protesta, che si terrà il prossimo 1 ottobre davanti ai municipi delle maggiori città abruzzesi: Pescara, L’Aquila, Chieti, Teramo, Montesilvano, Spoltore, Penne, Ortona, Vasto, Lanciano, San Salvo, Avezzano, Sulmona, Giulianova e Roseto. Quindici piazze abruzzesi in totale per gridare la rabbia delle imprese contro una tassa iniqua come l’Imu e chiedere alle amministrazioni comunali di contenere l’aliquota sulle attività produttive al minimo livello possibile, ovvero il 4,6 per mille. E’ in programma esattamente tra una settimana, l’1 ottobre prossimo, l’ Imu day, giornata di protesta organizzata dalla Cna abruzzese.
Un gazebo della confederazione artigiana regionale piazzato per l’intera mattinata davanti agli uffici comunali illustrerà ai cittadini, prima degli incontri previsti con i primi cittadini, quanto elevata ed ingiusta sia l’imposizione fiscale a carico delle imprese, e quali i rischi per i conti delle piccole imprese.
Nulla impedisce ai Comuni abruzzesi di alleggerire l’Imu sugli immobili destinati ad attività produttive, che sono poi capannoni artigianali, negozi, depositi, per i quali chiediamo di applicare in modo generalizzato l’aliquota più bassa, il 4,60 per mille
avverte la Cna, secondo cui dalle tasche delle imprese italiane, nel 2012, sono stati sborsati ben 9,3 miliardi di euro; ovvero una cifra superiore del 39% all’aliquota applicata, fino all’anno precedente, con la vecchia tassa, l’Ici.
Ma al danno si unisce ora anche la beffa: perché l’imposta municipale sui capannoni utilizzati dalle imprese è diventata più salata (visto l’aumento automatico da 60 a 65 del moltiplicatore applicato alle rendite catastali), generando una crescita dell’8,3% del gettito Imu sulle imprese, che tradotto in cifre vuol dire quasi 500 milioni di euro di maggiori tasse per le aziende italiane. Perché è forte il timore che i Comuni, privati della quota derivante dall’Imu sulla prima casa intendano far cassa sulle imprese. Ma anche perché, dal testo del decreto varato dal Governo per l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, sono sparite alcune norme ,come la deducibilità fiscale del 50% dell’imposta Imu pagata per le attività produttive che ne avrebbero in parte attenuato l’effetto sui bilanci delle imprese.
lamenta la confederazione artigiana presieduta da Italo Lupo.
Un impatto micidiale, dunque, quella che si prospetta. Se è vero che il passaggio dalla vecchia tassazione (Ici) alla nuova (Imu) ha fatto delle imprese le più tartassate tra i contribuenti italiani, con una aliquota media nazionale, applicata dagli enti locali agli immobili destinati ad attività produttive, del 9,4 per mille, a fronte di un valore base del 7,6 per mille. E se è vero, oltretutto, secondo una ricerca realizzata dal Centro studi nazionale della Cna, che l’incremento percentuale tra i due sistemi di tassazione, con la sola eccezione dell’ aquilano, attestato al +77,52% di aumento Imu/Ici, ha generato crescite tutte largamente superiori al 100%.
Dal “minimo” teramano (+101,07%) al massimo del teatino (+121,09%), passando per la provincia pescarese (+112,05%). In Abruzzo, nei quindici comuni che ospiteranno la manifestazione della Cna, le aliquote oscillano dal massimo del 10,60 per mille applicato a Teramo, Spoltore, Lanciano e Penne, al minimo del 4,60 per mille di San Salvo (aliquota applicata alle nuove attività nel centro storico, contro una aliquota “ordinaria” dell’8,9 per mille). Negli altri capoluoghi, aliquota del 9 per mille applicata a Chieti e del 7,60 per mille a L’ Aquila e Pescara.