“Scegliere l’agnello abruzzese per il pranzo di Pasqua significa sostenere un sistema fatto di animali, di prati per il foraggio e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado ambientale da intere generazioni”
REGIONE – Nonostante le ristrettezze determinate dall’emergenza coronavirus e le numerose difficoltà che stanno affrontando le aziende zootecniche, per chi sceglierà di sostenere l’Abruzzo non sarà una Pasqua senza agnello.
La presenza del piatto più tradizionale della Resurrezione abruzzese verrà garantito anche grazie ad una iniziativa di Ara e Coldiretti Abruzzo che hanno costituito una filiera fatta da allevatori, società Spiedì e gruppo Conad Adriatico per la vendita dell’agnello in vista delle festività e fronteggiare, come possibile, le conseguenze collegate alla chiusura del canale horeca. Si tratta di oltre 7mila kg di carne – rigorosamente agnello Centro Italia Igp – che dalle montagne abruzzesi arriveranno, una volta trasformati, agli scaffali della Gdo in vista del pranzo di Pasqua e Pasquetta.
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“L’iniziativa è il risultato della campagna di comunicazione di Coldiretti rivolta alla grande distribuzione per l’acquisto di agnello italiano al fine di contenere le ingenti perdite che il settore sta subendo e sostenere l’economia locale – dice Pietropaolo Martinelli, consigliere Coldiretti Abruzzo e presidente dell’Associazione regionale allevatori – un modo per tamponare le difficoltà collegate alla chiusura dei canali di ristorazione o alle difficoltà logistiche ed organizzative legate al periodo di emergenza sanitaria, ma anche per assicurare la fornitura del piatto più tipico della tradizione pasquale a tutti i consumatori abruzzesi. Ringraziamo chi ha creduto in questo progetto in un’ottica di sinergia e di collaborazione”.
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Per Coldiretti Abruzzo scegliere l’agnello abruzzese per il pranzo di Pasqua significa sostenere un sistema fatto di animali, di prati per il foraggio e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado ambientale da intere generazioni.
“Un settore di cui l’emergenza coronavirus ha fatto emergere tutta la centralità ma anche la fragilità, aggravata dalla diminuzione di pastori registrata negli ultimi anni – sottolinea Coldiretti Abruzzo – Se la fattoria Italia nell’ultimo decennio ha perso circa un milione di pecore e agnelli, l’Abruzzo ha infatti registrato la scomparsa di quasi 150mila capi tra bovini e ovini con una diminuzione rispettiva del 25% per i bovini e del 40% per gli ovini. Insomma, a conti fatti, sono scomparse una mucca su 4 e 4 pecore su dieci. Un addio che – precisa la Coldiretti – ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi pagati per il latte e per la carne per la concorrenza sleale dei prodotti di dubbia qualità importati dall’estero. “Una tendenza preoccupate che va combattuta – conclude la Coldiretti – con un adeguato riconoscimento economico e sociale di quanti hanno la responsabilità in questo momento di garantire alimenti essenziali al giusto prezzo di fronte alla difficile esperienza della limitazione delle movimentazioni e del blocco di molte attività funzionali all’allevamento come la meccanica agricola”.