VASTO (CH) – Il caso intercettazioni sbarca in Abruzzo e lo fa in maniera clamorosa. Il Tribunale di Vasto, avvalendosi di una sentenza della Corte di Cassazione, che afferma che le intercettazioni telefoniche sono ammesse in tribunale solo se motivate, ha assolto dall’accusa di usura, il presunto boss calabrese Michele Pasqualone, originario di Anoia (Reggio Calabria), ma da quasi trent’anni residente nella cittadina abruzzese. Oltre a lui è stato assolto anche Michele Del Borrello, imprenditore agricolo e presunto complice di Pasqualone.
Tutta la vicenda nasce dalla vicenda di una vendita di terreni. Un imprenditore vastese, infatti, trovatosi in grosse difficoltà finanziarie era stato costretto a cedere un terreno,salvo poi rivendicarlo entro i sessanta giorni successivi alla stipula dell’atto pubblico.
Indagando su altri affari di Pasqualone, la Procura di Vasto aveva scoperto, grazie alle intercettazioni telefoniche, che per quella compravendirta il calabrese si era servito di un prestanome, Del Borrello per l’appunto, ottenendo 50 mila euro in più dall’imprennditore, rispetto alla somma precedentemente pattuita. Da questa scoperta è partita l’accusa di usura e illecita richiesta contestata ai due imputati.
Alla fine del processo la sentenza che desterà polemiche, giunta però non a sorpresa. Gli avvocati dei due imputasti Angela Pennetta e Marisa Berarducci hanno fatto leva infatti sulla sentenza del Gup del Tribunale di Vasto Anna Rosa Capuozzo, che, pur rinviando a giudizio i due imputati, aveva accolto la tesi della stessa Pennetta e cioè che le intercettazioni telefoniche, per essere ammesse in dibattimento devono essere motivate e mirate. Come afferma la Suprema Corte di Giustizia. Con buona pace di quello che tali intercettazioni dimostravano.