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Ivano Fossati ha salutato il pubblico abruzzese

da Piero Vittoria

Grande successo al Teatro Massimo di Pescara per il “Decadancing Tour” che segna l’addio alle scene del cantautore ligure

PESCARA – Una serata dalle forti emozioni: lo scorso lunedì Ivano Fossati ha letteralmente stregato un Teatro Massimo colmo in ogni ordine di posti. L’unica data del “Decadancing Tour” del cantautore ligure ha riscosso un successo senza precedenti. Un pubblico attentissimo ha tributato a Fossati un’accoglienza incredibile, forse anche a causa della suggestione e tristezza provocate dal suo prossimo ritiro dalle scene che avverrà dopo questa serie di concerti.

Una scaletta lunghissima per quasi tre ore di musica sfuggita alla trappola del facile greatest hits da tour di addio, spazio sia ai brani dell’ultimo strepitoso disco “Decadancing” che al ripescaggio di autentiche perle, anche quelle più nascoste, dalla quarantennale carriera: è stato un concerto curato in ogni minimo dettaglio, una performance perfetta, di quelle che rimarranno a lungo nella memoria.

Un’ultima volta meravigliosa, lunga, intensa, in scena poesia e musica: Ivano Fossati ha congedato il pubblico abruzzese alla sua maniera, con l’arte delle sue canzoni.

“Si dice che questi saranno i miei ultimi concerti e non posso far altro che dirvi che è vero! Fate però come noi sul palco: non pensateci. Ora pensiamo a goderci queste due ore di spettacolo e a divertirci!”: questa l’esortazione che il cantautore, visibilmente commosso, ha rivolto ai suoi fans.

Il concerto si è svolto in due tempi per 27 canzoni complessive.

L’inizio è di quelli che spiazzano: in sequenza “Viaggiatore d’Occidente”, “Ventilazione” e “La decadenza” per sonorità dalle tinte forti.

A seguire “Quello che manca al mondo”, nuovo singolo in radio in questi giorni, la toccante “Stella benigna” e la meravigliosa parte piano e voce molto minimalista (aggiunta di qualche tocco di archi o chitarre qua e là) composta da “Settembre” (da brividi), “Lindbergh” e “Mio fratello che guardi il mondo” (quest’ultima accolta da un autentico boato del pubblico).

“L’amore fa”, “Ho sognato una strada” e “Cara democrazia” hanno chiuso il primo tempo.

Il secondo si è aperto con un’altra autentica chicca, “La crisi”, direttamente dal celeberrimo album del 1979 “La mia banda suona il rock”.

Momenti molto toccanti e particolari sono arrivati con “L’orologio americano” e “Carte da decifrare”.

Immancabile “La musica che gira intorno”, al termine della quale Fossati ha confessato il segreto della sua straordinaria band: il palco è diviso metaforicamente in due. Alla sua destra la sezione ritmica (il figlio Claudio alla batteria, il bassista max Gelsi, già con Elisa, il chitarrista Fabrizio Barale.

Alla precisa domanda “Cosa suonereste voi?” la risposta è inequivocabile: partono le note di “Whola lotta love” dei Led Zeppelin. Alla sinistra la violoncellista Martina Marchiri, il chitarrista Riccardo Galardini e il tastierista, arrangiatore e direttore musicale Pietro Cantarelli alla stessa domanda rispondono con un altrettanto inequivocabile brano di musica da camera. E lui Fossati dove si colloca secondo il pubblico? La platea pescarese sceglie la parte rock e lui non nasconde la sua approvazione..

Fra le altre canzoni del secondo tempo menzione speciale per “C’è tempo” e “I Treni a vapore”, scritta all’epoca per Fiorella Mannoia.

Il primo bis, chiamato a gran voce, si apre con una splendida versione di “Chi guarda Genova”, per poi continuare con le suggestive atmosfere de “La pianta del tè” e “Una notte in Italia”.

Sembra finire qui, ma in realtà non è così: spazio invece alla parte più magica dell’intero concerto con “La costruzione di un amore”, in chiave piano e voce che ne valorizza ancor di più la straordinaria bellezza, e “Il bacio sulla bocca”.

Sembra tutto finito una seconda volta ed invece la conclusione è di quella che non ti aspetti: Fossati impugna il flauto e parte “Dolce acqua (Speranza)” dei Delirium con la band che lo accompagna quasi con discrezione per lasciare la scena a lui.

Resta un interrogativo a fine serata: era proprio necessario questo prematuro addio alle scene? Se ne va forse l’autore ed interprete migliore che abbiamo in Italia e lascia un vuoto difficilmente colmabile.

Il suo abbandono è di quelli che toccano il cuore: è stato un concerto pieno di emozioni, diretto, non celebrativo e questo doveva essere …. un ultimo grande omaggio al pubblico che lo ha sempre amato in tanti lunghissimi anni.

Ciao Ivano: ci mancherai

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