PESCARA – Ha il sapore dell’incredibile la biografia di Witold Pilecki, ufficiale polacco di cavalleria e fondatore di un esercito clandestino antihitleriano narrata dal critico storico e giornalista de ‘Il Tempo’ Marco Patricelli, venerdì pomeriggio nella sala Vittoria Colonna Museo d’Arte Moderna di Pescara in occasione del 261° incontro dell’associazione culturale e scientifica Accademia d’Abruzzo, organizzato dal Dott. Edgardo Bucciarelli e dalla Prof.ssa Marida De Menna.
Tale occasione ha rappresentato l’ennesimo incentivo intellettuale offerto dall’Accademia alla collettività ed ai partecipanti intervenuti, durante la quale si sono approfonditi i temi della resistenza ad Auschwitz trattati nell’ultima fatica letteraria dello scrittore pescarese Marco Patricelli: Il Volontario, editore Laterza.
E’ la storia vera del ‘più coraggioso tra i coraggiosi’, come viene definito dallo stesso autore, il protagonista del suo capolavoro che fu tra i pochi a essersi fatto rinchiudere volontariamente ad Auschwitz e tra i pochi a essere riuscito ad evadere, un uomo che ha combattuto il nazismo ed è finito stritolato tra le fauci dello stalinismo. In due anni e mezzo d’attività è riuscito a creare un’organizzazione di circa 2.000 persone infiltrate, realizzando così una rete di resistenza e di mutua assistenza all’interno e all’esterno del lager facendo filtrare il resoconto di quello che accade. Della sua lotta ad Auschwitz purtroppo, si arrogherà ogni merito un suo ex compagno di prigionia, nel frattempo divenuto premier del governo polacco e poi presidente della repubblica, Józef Cyrankiewicz, e Pilecki verrà giustiziato il 25 maggio 1948 scendendo su di lui e su ciò che ha fatto un pesante silenzio: ancora oggi i familiari ignorano dove egli sia sepolto.
TRAMA – Marco Patricelli giornalista pescarese e docente di Storia
Ma la guerra non è finita e il terrore giunge anche alle spalle:in obbedienza allo sciagurato Patto Molotov-Von Ribbentrop, Mosca invade la Polonia il 17 settembre 1939 impegnando i polacchi su due fronti impossibili. Le unità di Pilecki si arrendono e tornato a Varsavia egli riprende subito a lottare, fondando la Tajna Armia Polska:l’Esercito segreto polacco che presto si unisce all’Armia Krajova, l’esercito patriottico polacco;un’altra prodezza dimenticata quella dell’AK, perseguitata da nazisti tedeschi e da sovietici comunisti e abbandonata dall’Occidente durante la coraggiosa insurrezione di Varsavia del 1944. Nel 1940 Pilecki ha un’idea incredibile:il 19 settembre si fa catturare volutamente per entrare nel campo di concentramento, fornendo il nome falso di Tomasz Serafinski. Pilecki viene torturato per due giorni e poi è inviato ad Auschwitz.
Gli viene assegnato il numero 4859 che all’epoca ancora non veniva tatuato sul braccio(pratica iniziata nel ’43)ma consegnato tramite un strisciolina di stoffa da tenere tra i denti durante la consegna della divisa da lavoro. Nel campo attraversa varie controversie:malattia,torture,fame ma riesce nel suo intento di creare infatti l’Unione di Organizzazioni Militari, ovviamente clandestina, per aiutare gli internati e preparare la sperata liberazione del campo da parte dell’AK e del legittimo governo polacco in esilio in Gran Bretagna. Intanto raccoglie notizie sulla vita di dentro che divulgherà con enorme fatica ma grande ingegno all’esterno già dal marzo 1941 le sue notazioni giungono a Londra. Ma la Gestapo intercetta le sue mosse e i suoi compagni uccidendoli; decide allora la fuga, la notte tra il 26 e il 27 aprile 1943. Porta con sé documenti unici,pensando che l’AK può agire. Si rivolge a Londra per un supporto che gli è negato. Così per non rendere vano il lavoro e rischio ma soprattutto la morte dei suoi alleati confida nell’aiuto degli odiati comunisti dell’Urss.Ma a Stalin non interessa e Auschwitz resta ancora lì! Pilecki nel 1944 diviene capitano di cavalleria e si unisce ad struttura segreta anticomunista chiamata “Indipendenza”. L’8 maggio i sovietici riescono finalmente ad acciuffarlo e lo torturarono:il suo antinazismo a loro non interessa.Il 3 marzo 1948 viene condannato a morte per tre volte in un processo- farsa accusandolo di spionaggio, clandestinità e porto di armi. Il 25 maggio 1948 viene eseguita la sentenza:morte con un colpo alla nuca, come a Katyn e il suo corpo buttato in terra incognita perciò ancora oggi i familiari non sanno dove portare un fiore al loro caro defunto.
L’autore Patricelli commenta la vita e le gesta di Pilecki affermando che
Non si può permettere che figure come quella del capitano Witold Pilecki non siano patrimonio ideale di quell’Europa che, dopo essersi dissanguata in due catastrofiche guerre mondiali di predominio, dopo essere stata congelata e divisa in due blocchi con la guerra fredda, ha trovato per scelta consapevole e concorde una sua faticosa e irreversibile unità
MOTIVO DELL’INTERESSE – L’attenzione del dottor Marco Patricelli nei confronti della figura di Witold Pilecki è nata dal fatto che questa è una storia straordinaria con delle venature difficili da comprendere:
Un uomo che mette in gioco tutto senza avere nessun obbligo se non quello morale: relazionare al mondo esterno quello che accadeva ad Auschwitz, da cui filtravano poche voci ma tutte inquietanti, e creare una rete di resistenza che possa aumentare le chances di sopravvivenza dei deportati. Ancora più incredibile è che tale atto di gratuito coraggio sia stato soffocato da motivi ideologici e non sia mai riuscito a varcare le porte dell’Occidente. Nella stessa Polonia, due generazioni non hanno mai saputo niente su Pilecki, perché era vietato parlarne
Con la sua opera inoltre egli ha intenzione di divulgare l’aspetto più raccapricciante della vicenda:si conoscevano bene le torture consumate dal regime nazista fin dal 1940 grazie a Pilecki che fu il primo a divulgarne le descrizioni anche se la valutazione da parte di Londra fu alquanto macabra:“quello che c’è scritto è esagerato”. Non si riusciva a credere che l’uomo potesse arrivare a tali abiezioni oppure più semplicemente era più conveniente archiviare tutto come ‘voci esagerate’. All’epoca,a dire del dottor Patricelli:
Si scelse di sconfiggere prima militarmente la Germania e poi di agire sull’arcipelago nazista diffuso nel cuore dell’Europa. È chiaro che per noi contemporanei appare una scelta censurabile, ma non dimentichiamo che ragioniamo ex post e quelle erano strategie militari
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