PESCARA – È senza alcun dubbio il personaggio più discusso e controverso del mondo del calcio italiano: un idolo per i tifosi delle squadre che ha allenato, un perdente integralista per chi crede che nel calcio i risultati contino più dello spettacolo. Del resto lo stesso Zdenek Zeman non ha mai amato le mezze misure.
Il suo 4-3-3 fatto di tagli e accellerazioni, di grandi vittorie e di sonore batoste ha certamente segnato un’epoca. A 64 anni, conclusa la terza avventura nella “sua” Foggia, il tecnico, boemo di nascita, ma italiano d’adozione, riparte da Pescara, città del “Profeta” Giovanni Galeone, altro esponente di spicco del 4-3-3.
L’uomo delle folle si è subito presentando annunciando di aver rifiutato il premio per la promozione in serie A, se dovesse arrivarci attraverso i playoff: “O vado in A direttamente, o non prendo il premio” ha dichiarato. Zeman è così: fermamente convinto delle sue idee, e del suo calcio. Un uomo tutto d’un pezzo che non né mai sceso a compromessi.
Le sue celebri dichiarazioni contro il doping e i poteri del calcio hanno aiutato a venire a capo di situazioni che stavano minando la credibilità si questo sport. Zeman è sempre stato in prima linea contro chi anteponeva interessi economici al bene dei calciatori, del gioco e dei valori, diventando, con merito, un paladino del calcio “pulito”.
Sono ormai trent’anni che il boemo, arrivato in Italia grazie allo zio Cestmir Vycpalek, grande allenatore della Juve degli anni settanta, bazzica i campi italiani.
Iniziò nel 1981 allenando per due anni le giovanili del Palermo. Nel 1984 fece il suo esordio nel calcio professionistico alla guida del Licata, in C2 dove rimase tre stagioni centrando la promozione in C1 nella seconda. Da lì in poi il calcio di Zeman ha attraversato tutto il centrosud dell’Italia tra Foggia, Messina, Parma, Lazio, Roma, Napoli, Salernitana, Avellino e Lecce, con una sola fugace esperienze al nord, alla guida del Brescia e due fugaci apparizioni estere (Fenerbahce e Stella Rossa).
Il suo grande amore rimane certamente Foggia, dove, come detto, è stato per tre volte e, dove, tra il 1989 e il 1994 costruì il mito di “Zemanlandia”. Il tridente Rambaudi-Signori-Baiano fece impazzire l’Italia e il calcio champagne dello boemo conquistò tutti. Foggia fu il trampolino di lancio per le due avventure romane di Zeman, le due più grandi occasioni che il boemo ha avuto per togliersi l’etichetta di perdente. Il fatto che non abbia vinto niente, non significa che abbia fallito. Alla Lazio, in due anni e mezzo, ottenne un secondo e un terzo posto, mentre alla Roma finì una volta quarto e una quinto. Certo, si potrebbe obiettare che i due tecnici arrivati dopo il boemo alla guida delle due capitoline, Eriksson e Capello, abbiano portato rispettivamente Lazio e Roma a trionfi che Zeman non aveva neanche sfiorato.
È anche vero però che quei trionfi, arrivarono dopo che Cragnotti e Sensi acquistarono campioni che Zeman non aveva avuto. Inoltre, va dato atto al tecnico natio di Praga, di aver lanciato due giocatori che hanno fatto la storia del calcio. Fu infatti lui a consigliare l’acquisto di Nedved a Cragnotti e fu sempre sotto la sua guida che Francesco Totti si consacrò definitivamente al grande calcio.
Ai più il calcio di Zeman pare ormai datato e, se si analizzano i risultati del tecnico negli ultimi 10 anni può apparire vero: 5 esoneri (Fenerbahce, Napoli, Salernitana, Lecce e Stella Rossa) e una retrocessione (Avellino) non sono risultati che facciano fare salti di gioia.
IL CALCIO DI ZEMAN È QUINDI SUPERATO? – Da un punto di vista tattico la risposta non può che essere positiva. Il suo 4-3-3 con la difesa altissima, il portiere che funge da libero, i terzini che si sganciano, sovrapponendosi alle ali e gli interni di centrocampo che si inseriscono sfruttando gli spazi creati dal pressing dei tre davanti, ha ormai trovato più di una contromisura. Le squadre moderne oggigiorno giocano tutte molto corte, pronte a sfruttare gli spazi lasciati liberi dagli avversari che si sono spinti in attacco.
Nonostante ciò il 4-3-3 di Zeman, mantiene il suo fascino, perchè in un’epoca esasperata dai numerosi scandali e con il risultato sempre messo avanti a tutto, il boemo gioca solo per divertire il pubblico e i giocatori. Pescara è la piazza ideale per esaltare il suo calcio: pubblico innamorato dello spettacolo, società solida, giovani interessanti. Zemanlandia dunque, sta per iniziare un nuovo tour: si prega di allacciarsi le cinture, perchè, comunque vada, ci sarà da divertirsi.
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