“Come a Betleem” del Gruppo Artistico di Pianola (L’Aquila) incanta il pubblico: molti gli abruzzesi
GORIZIA – Uno straordinario successo per la missione culturale abruzzese in Friuli Venezia Giulia, nella splendida città di Gorizia. Organizzazione perfetta, curata nei minimi dettagli dall’Associazione Abruzzesi e Molisani e dal suo infaticabile presidente, gen. Roberto Fatigati.
Accoglienza assai calorosa della città e del suo sindaco Ettore Romoli, entusiasta della manifestazione, che con l’intera Amministrazione comunale ha voluto sostenere l’evento, insieme alla Camera di Commercio. Incredibile la risposta del pubblico, commosso dalla rappresentazione di “Come a Betleem”, realizzata dal Gruppo Artistico di Pianola, frazione alle porte dell’Aquila che ha portato in trasferta, in una sorella terra di confine e con un essenziale numero di 50 figuranti rispetto ai 300 che solitamente schiera, l’antica tradizione del Presepe vivente, riuscendo ad intrigare e a commuovere un’intera città, i numerosi spettatori giunti da tutta la regione, gli abruzzesi e molisani confluiti da ogni angolo del Friuli Venezia Giulia.
Questi in pillole gli esiti d’un evento culturale molto intenso di pathos e spiritualità che ha voluto unire due città, L’Aquila e Gorizia, in un abbraccio d’amicizia, di gratitudine e solidarietà. Ma ora andiamo per gradi a raccontare questa magnifica missione e le sensazioni che l’hanno accompagnata.
E’ appena passata la mezzanotte quando l’autobus parte da Pianola con una cinquantina di persone d’ogni età, dal piccolo Manuel – l’ultimo nato del paese -, di appena un mese ma già protagonista in un ruolo cardine del Presepe vivente, Gesù Bambino, al più anziano figurante, l’ottuagenario Nello, destinato ad interpretare, come da oltre quarant’anni puntualmente fa, il Centurione romano. Tutti componenti dell’affiatato Gruppo Artistico che dal 1973 ogni anno rinnova a Pianola la suggestione della Natività di Cristo. La compagnia è festosa, simpatica, sotto la conduzione sicura del presidente Mario Corridore, succeduto recentemente alla guida dell’associazione dopo la scomparsa del fondatore, Andrea Corridore, che l’ha presieduta fino al giorno della sua morte, avvenuta qualche mese fa. E con lui c’è l’altro stratega del Gruppo, Carlo Gizzi, regista del Presepe vivente. Accompagna il Gruppo Artistico l’assessore alla Ricostruzione Maurizio Capri, a rappresentare la Municipalità aquilana, ma ci sono anche il consigliere comunale Guido Quintino Liris e la presidente del Consiglio territoriale di Partecipazione Sabrina Di Cosimo, sebbene entrambi con prevalente compito di attori di scena. Anche chi scrive è della comitiva, richiesto dal presidente dell’Associazione Abruzzesi e Molisani in Friuli Venezia Giulia, Roberto Fatigati, al quale non si può dire di no per la passione e l’impegno che dedica al sodalizio sin dal giorno della sua fondazione, nel 1989.
Attraversato il traforo del Gran Sasso, alle spalle la maestosità del Gran Sasso d’Italia, si scende verso l’Adriatico. Un’ora di viaggio e già Morfeo fa proseliti a bizzeffe. In autostrada solo una rapida sosta in autogrill nei pressi di Rimini, poi si fila verso il mattino. Un’enorme rossa palla di fuoco incendia l’orizzonte a ponente, quando siamo sul passante di Mestre. Sono quasi le 8, c’è traffico, ma si scorre fluidamente verso Trieste. Uscita a Sistiana, si prende la strada costiera. Ci attende Francesco Diana, componente dell’Associazione Abruzzesi e Molisani, risiede a Trieste ed ha il compito d’accoglierci e guidarci in visita alla città giuliana, capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia. Francesco Diana, sottufficiale della Guardia di Finanza in pensione, è persona di grande garbo, conoscitore della storia e delle meraviglie di Trieste. La prima sosta è dedicata alla visita del magnifico Castello di Miramare, preziosa perla d’architettura situata sulla punta del promontorio di Grignano, in posizione magnifica per ammirare il panorama lungo l’intero arco del golfo. Voluto dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo per sé e sua moglie Carlotta, nel 1855 ne affidò la progettazione all’architetto austriaco Carl Junker. Immersa in un parco di 22 ettari ricco di specie arboree, questa splendida dimora principesca costruita in pietra bianca d’Istria, anche dopo la tragica morte in Messico di Massimiliano, nel 1867, che di quel Paese era diventato imperatore, ospitò più volte il fratello, il re Francesco Giuseppe con sua moglie Sissi, in occasione delle numerose visite a Trieste, importante città portuale nel Mediterraneo e sbocco al mare del Regno d’Austria e Ungheria.
Come sempre interessante la visita al Castello di Miramare, dal 1955 diventato museo storico, per ammirare oltre alla bellezza architettonica, la ricchezza degli arredi, dei dipinti e degli arazzi, la raffinatezza delle suppellettili. Quest’anno, nel centenario della morte di Francesco Giuseppe, il Castello ospita una bella mostra, con opere che raccontano diversi episodi attraverso le cronache del tempo, riportate dai giornali dell’epoca, che documentano la centralità di Trieste come moderna città dell’impero. Sono quasi le 11 del 28 dicembre quando si riprende la via per Trieste, ammirando il lungomare e poi i fastosi palazzi che fanno da quinte verso Piazza dell’Unità d’Italia. E’ il salotto della bella città adriatica, una delle più grandi piazze – forse la più grande in assoluto – aperta sul mare. Contornata su tre lati da stupendi palazzi, da sinistra schiera il magnificente Palazzo della Luogotenenza austriaca, ora sede della Prefettura, il Palazzo Stratti, al centro il Palazzo Modello sede municipale, l’antico Palazzo Pitteri, a destra il Palazzo Venoli e il Palazzo del Lloyd Triestino ora sede della Regione. Al centro della piazza la settecentesca Fontana dei Quattro Continenti, con le allegorie dei continenti allora conosciuti. Davanti alla piazza, disteso sul mare, il Molo Audace, così nominato dopo la fine della Grande Guerra, quando la prima nave italiana – l’Audace, appunto – entrò nel porto di Trieste tornata italiana dopo l’annessione. E’ tardi, c’è solo tempo d’ascoltare dalla nostra guida informazioni sulla città mentre l’attraversiamo in pullman, salendo verso le colline che fanno da anfiteatro alla disposizione urbana. Ricordiamo la Risiera di San Sabba, lager di sterminio nazista in terra italiana, e la Foiba di Basovizza, mentre si va verso il Santuario di Monte Grisa, con vista spettacolare sul golfo e sulla città. E’ un’imponente costruzione in cemento armato, il Santuario, con struttura triangolare progettato dall’architetto Antonio Guacci, voluta dall’allora arcivescovo di Trieste Antonio Santin per assolvere ad un voto di protezione della città dalle distruzioni belliche. Dedicato a Maria Madre e Regina, fu completato nel 1965 come santuario nazionale mariano e nel 1992 visitato da Giovanni Paolo II. Erto a 330 metri sul mare, sul punto più alto dei colli che coronano la città, mostra un panorama sul golfo davvero mozzafiato. Interno alla costruzione il ristorante dove facciamo il pranzo. Salutiamo Francesco, la nostra premurosa guida triestina, riprendendo il viaggio verso Gorizia, ma con una sosta al Sacrario di Redipuglia.
Con un qualche ritardo sulla tabella di marcia arriviamo a Redipuglia intorno alle 3 e mezza del pomeriggio. Ci attende Fabio Fatigati, figlio di Roberto, per accompagnarci nella visita all’immenso Sacrario dove campeggia il motto “Presente” ripetuto all’infinito sui frontoni degli innumerevoli gradoni lapidei della lunga scalinata del monumento, confinata da due filari di cipressi, sulla cui sommità in struggente prospettiva dominano le tre croci, come un nuovo doloroso monte Calvario. “Presente” è scolpito per ogni caduto di quel monumentale cimitero a 100mila vittime della Grande Guerra, riportate in rigoroso ordine alfabetico, a ciascuna la sua lastra di bronzo. In 35mila i conosciuti, gli altri 65mila sono militi ignoti. Lì nei pressi scorre l’Isonzo, il fiume rosso di sangue dei caduti, poco distante dalla tristemente famosa Caporetto, ora in terra slovena, laddove il 24 ottobre 1917 il fronte italiano cedette all’assalto dell’esercito austro-ungarico, nella “rotta” diventata la più grave disfatta per l’esercito italiano, seguita dalla ritirata oltre il Piave, prima di preparare la riscossa, il 4 novembre dell’anno seguente, immortalata nel celebre Bollettino della Vittoria diramato dal generale Armando Diaz. Proprio in questi luoghi del Carso bagnati dall’Isonzo operò la Terza Armata dell’Esercito italiano, comandata dal generale Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta, onorato con un grande cippo di marmo verde ai piedi della scalinata. Dopo la visita ai resti delle trincee blindate, ai piedi del Sacrario, raggiungiamo Nova Gorica, in Slovenia, dove siamo sistemati in albergo. Sullo sfondo il monte Sabotino e il Monte Santo, entrambi segnati dalla Prima Guerra Mondiale. Il sole va tramontando quando ci rechiamo a Gorizia, praticamente attaccata alla parte di città in Slovenia. E’ Gorizia città di confine e incrocio di genti e culture. E’ una bella città, Gorizia, con una lunga storia.
Nei pressi del sito dove oggi si dispiega Gorizia (dallo slavo gorica, diminutivo di gora – monte, dunque piccolo monte) dal primo secolo a.C. sorgevano infatti due villaggi romani, Castrum Silicanum, l’attuale Solkan, e Pons Aesontii, oggi Mainizza, come indica la Tavola Peutingeriana, copia d’una antica carta romana che mostrava le antiche vie militari dell’Impero. Lì, sulla via Gemina, nel punto in cui veniva attraversato l’Isonzo, c’era una mansio, stazione di posta e foresteria gestita dal governo romano e messa a disposizione di dignitari e ufficiali che viaggiavano per ragioni di stato. Intorno a tali strutture, poste sulle vie consolari e militari romane, si sviluppavano solitamente centri abitati. Appunto queste le prime origini dell’attuale Gorizia, allora confine con l’antica provincia romana del Norico. Ma per trovare nella storia la prima citazione della città bisogna aspettare l’anno 1001, quando Gorizia compare in una donazione dell’imperatore Ottone III con la quale si cedeva in parti uguali il castello di Salcano e la villa denominata Goriza a Giovanni, patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte del Friuli. La città dal 1090 venne governata dapprima dai Mosburg, quindi dai Lurngau. Sotto il loro governo Gorizia si sviluppò, crebbe la sua popolazione, costituita in massima parte da friulani e giuliani, tedeschi e sloveni, questi ultimi insediati generalmente nella periferia della città. La potenza militare dei Conti di Gorizia, unita ad una saggia politica matrimoniale, permise alla Contea, nel periodo di massimo splendore tra la seconda metà del Duecento e la prima del Trecento, d’estendersi su gran parte del nordest italiano, ivi comprese per un breve periodo anche le città di Treviso e Padova, la parte occidentale dell’attuale Slovenia, l’interno dell’Istria e alcune parti di territorio in Tirolo e Carinzia.
Gorizia, che ormai aveva acquisito connotazioni urbane, ottenne il rango di città durante il regno di Enrico II (1304-1323). Nei primi decenni del secolo successivo, con l’assorbimento alla Repubblica di Venezia del Principato patriarcale di Aquileia, i conti di Gorizia chiesero al Doge l’investitura feudale, riconoscendosi quindi vassalli della Serenissima. Nel 1500 Leonardo, ultimo conte rimasto senza discendenti, alla sua morte lasciò in eredità la contea a Massimiliano I d’Asburgo. L’atto, non valido per il diritto internazionale del tempo, per il fatto che la Contea di Gorizia era unita alla Repubblica veneta da vincoli di vassallaggio, spinse la Serenissima a denunciare tale violazione attraverso i canali diplomatici. Ma ogni tentativo veneziano di riappropriarsi della città, anche mediante la forza, risultò tuttavia vano. Occupata militarmente nel 1508, per sedici mesi, dopo la disastrosa sconfitta subita dai Veneziani ad Agnadello ad opera dei Francesi, la guarnigione veneta fu costretta ad abbandonare la città. Da allora Gorizia farà parte dei domini asburgici, prima come capitale dell’omonima Contea e, successivamente, come capoluogo della Principesca Contea di Gorizia e Gradisca, entrando a metà dell’Ottocento a far parte del Litorale Austriaco. Suoi conti saranno gli stessi imperatori asburgici, fino al 1918.
Nel corso della Prima Guerra mondiale, a prezzo di enormi sacrifici di vite umane tra cui si segnalarono sopra tutto i Gialli del Calvario, così chiamati per il colore delle mostrine e per gli atti di valore sul Monte Podgora, le truppe italiane entrarono una prima volta a Gorizia nell’agosto 1916. In quella cruenta battaglia del 9 e 10 agosto persero la vita 1.759 ufficiali e 50.000 soldati circa di parte italiana e dalla parte austriaca morirono 862 ufficiali e circa 40.000 soldati. Fu uno dei più grandi massacri di quella sanguinosissima guerra. Persa a seguito della rotta di Caporetto, nell’ottobre 1917, la città venne definitivamente ripresa dall’esercito italiano il 7 novembre 1918. Al termine del secondo conflitto mondiale, con il Trattato di pace, Gorizia dovette cedere alla Jugoslavia tre quinti circa del proprio territorio. Il centro storico e la massima parte dell’area urbana restarono però in territorio italiano. Il confine attraversava una zona semicentrale della città, lasciando nella parte non italiana anche molti edifici e strutture di pubblica utilità. Tra queste la stazione di Gorizia Montesanto, che si trovava sulla linea ferroviaria Transalpina collegante la città all’Europa Centrale. La piazza antistante la stazione, suddivisa tra le due nazioni, dal 2004 è stata resa visitabile liberamente su entrambi i lati dopo l’abbattimento di parte della rete confinaria avvenuto con l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea. Lo stesso provvedimento di eliminazione del “muro” divisorio ha consentito di “liberare” le relazioni in territorio sloveno con la moderna città di Nova Gorica, costruita negli anni Cinquanta del secolo scorso quando i territori annessi alla Jugoslavia, con la chiusura del confine verso l’Occidente, vennero a trovarsi senza un centro amministrativo ed economico dove poter gravitare.
Dal 21 dicembre 2007, con il trattato di Schengen, le città di Gorizia e Nova Gorica sono finalmente senza interposti confini. Il legame sempre più forte che le unisce ha permesso alle due città d’avviare un processo di formazione d’un polo di sviluppo unico che rivestirà sempre più una notevole importanza, nella reciproca collaborazione fra Italia e Slovenia. Negli ultimi anni Gorizia sta conoscendo una lenta ma costante rinascita, sia a livello infrastrutturale che sociale. Vi si respira infatti l’atmosfera sospesa, tipica d’una città di confine. Una bella città. Il Castello medievale, con il suo incantevole borgo, è un vero gioiello. Dai suoi spalti la vista può spaziare sulle dolci distese di colli e sull’intera città, dove convivono in modo armonioso architetture medievali, barocche e ottocentesche. La borghesia asburgica amava Gorizia per il suo clima mite: non a caso la città era chiamata la “Nizza austriaca”. Incantevoli i suoi parchi, come il Parco Piuma sul fiume Isonzo, il Parco del Palazzo Coronini Cronberg e il Parco Viatori. Grandi spazi ha anche la cultura, con tanti musei, come il Museo della moda e delle arti applicate, il Museo della Grande Guerra e la Collezione Archeologica, il Museo del Medioevo Goriziano all’interno del Castello e la Pinacoteca di casa Formentini. Fra i molti palazzi storici della città emergono il Palazzo della Torre, Palazzo Attems Petzenstein e Palazzo Werdenberg. La storia della comunità ebraica di Gorizia è raccontata invece nel Museo Sinagoga Gerusalemme sull’Isonzo. Sulle alture della città si trova l’imponente Ossario di Oslavia, che raccoglie le spoglie di soldati italiani ed austro-ungarici caduti durante la Prima Guerra Mondiale e, in occasione del Centenario della Grande Guerra, dovrebbe davvero far riflettere sull’insipienza umana.
Tornando alla rappresentazione del Presepe vivente, sarà Piazza della Vittoria, cuore della città, ad ospitare la manifestazione. Oggi è giorno della vigilia dell’evento. La città vive grande attesa per una rappresentazione del tutto nuova e singolare. E’ infatti la prima volta che Gorizia vede un Presepe vivente. Molto diffuso nel meridione d’Italia, l’Abruzzo ne conta diversi e di notevole rilievo. Quello di Pianola, “Come a Betleem”, vanta una tradizione lunga 44 anni, una straordinaria partecipazione di volontari per gli oltre 300 personaggi, un contesto ambientale unico per la rappresentazione – una cavea naturale alle porte dell’Aquila dove un villaggio palestinese è stato riprodotto, insieme alle scene mobili, su progetto dell’architetto Giuseppe Santoro -, la qualità e la bellezza dei costumi di scena. Antica terra di pastori e transumanze, l’Abruzzo ha nelle sue corde culturali più profonde lo spirito della tradizione del Presepe vivente. Quello di Pianola si colloca nei piani alti della qualità e della suggestione. Il nucleo essenziale di figuranti darà vita ad alcune scene significative che raccontano la storia della Salvezza, dall’annunciazione a Maria a quella di Giuseppe, all’arrivo a Gerusalemme per il censimento e poi a Betleem, alla natività del Redentore, all’adorazione dei pastori fino all’arrivo dei Magi.
Roberto Fatigati viene ad incontrarci in albergo, restando a cena con noi. Si sincera che tutto sia a posto, attento com’è ad ogni aspetto organizzativo, supportato efficacemente dalla signora Silva, sua moglie. E’ un evento impegnativo per l’associazione che presiede, a consolidare la qualità delle proposte culturali che il sodalizio da oltre un quarto di secolo offre alla città, conquistandosi considerazione e stima. Nel suo intervento di saluto al Gruppo di Pianola queste cose Fatigati dice, dichiarando l’orgoglio delle proprie origini abruzzesi, egli aquilano, che lo porta ad operare sempre per dare lustro all’Abruzzo, anche se talvolta le istituzioni abruzzesi non sono molto attente a quanto gli abruzzesi emigrati fanno, in Italia e all’estero. L’atmosfera festosa fa preludere ad un domani senza patemi. Tutto pare pronto a dovere. Il presidente del Gruppo Artistico, Mario Corridore, insieme al regista Carlo Gizzi, hanno parole di viva gratitudine per il gen. Fatigati e per l’Associazione Abruzzesi e Molisani del Friuli V.G. Appuntamento all’indomani, 29 dicembre, giorno della rappresentazione.
Corridore e Gizzi, in prima mattinata, raggiungono Piazza della Vittoria per fare il punto dell’organizzazione e dei supporti tecnici. S’incontrano con l’assessore Arianna Bellan, che sta curando per l’amministrazione civica gli aspetti logistici dell’evento. E’ presente Roberto Fatigati e anche Giorgio Lorenzoni, presidente della Pro loco che insieme al Kulturni Dom e al Gruppo Alpini di Gorizia collabora con il Comune nell’organizzazione dell’evento. Vengono risolti gli ultimi problemi per la preparazione dell’amatriciana della solidarietà, con la raccolta fondi per le popolazioni terremotate del centro Italia, a fine rappresentazione del Presepe vivente. Definiti i dettagli con l’assessore Bellan, molto disponibile ed efficiente, si va al Kulturni Dom, dove ci attende il direttore Igor Komel. Persona amabile e di grande cultura, Komel ci conduce in visita negli ambienti della Casa della Cultura slovena, dove ammiriamo una grande sala teatrale, ampi spazi per mostre – attualmente allestita un’interessante esposizione dell’artista Laura Grusovin -, un bel Ridotto per conferenze e persino una magnifica palestra per basket e pallavolo. Tutto, nella struttura, sembra girare alla perfezione. Il direttore non fa mistero dell’amicizia esistente con l’Associazione Abruzzesi e Molisani e la stretta collaborazione intessuta con il sodalizio. Nel primo pomeriggio siamo già nella grande piazza per seguire gli ultimi aspetti operativi e per quanto necessario per l’amatriciana, da prepararsi con la cucina da campo del Gruppo Alpini di Gorizia, in arrivo puntuale all’ora convenuta.
Alle 17.30 il gruppo del Presepe vivente raggiunge Piazza Sant’Antonio. Da lì muoverà in fiaccolata, attraversando le strade del centro storico cittadino, fino a Piazza della Vittoria. Il giorno volge alla sera. La piazza si va riempiendo di gente, molte persone giungono da varie località della regione. C’è curiosità e attesa per l’evento. Molta animazione nella piazza, ormai gremita. Poi si fa silenzio quando il centurione con un drappello soldati romani, con insegne dell’impero, arriva nel luogo della rappresentazione, seguito dagli altri figuranti con le fiaccole accese, e a chiudere i Re Magi, uno dei quali è don Luciano Bacale Efua, parroco di Pianola e originario della Guinea equatoriale, il cui paramento dorato ben contrasta con la pelle nera del viso. Il sindaco Ettore Romoli, dal palco, saluta il pubblico presentando l’evento, proposto al Comune dall’Associazione Abruzzesi e Molisani in Friuli. “E’ una serata inusuale per la città – dice il sindaco Romoli – per la prima volta Gorizia assiste ad una simile rappresentazione. Il presepe vivente è infatti una tradizione dell’Italia centro meridionale. Oggi siamo grati agli amici dell’Aquila che ci portano tutta la loro spiritualità e tenacia, facendoci sentire ancor più vicini alle popolazioni terremotate…”. L’assessore regionale Sara Vito è altrettanto affettuosa nel suo saluto, rimarcando il valore simbolico dell’evento.
La rappresentazione ha inizio, le scene a terra o sopra al palco. Il racconto evangelico che prelude alla natività e poi alla nascita di Gesù in un’umile capanna di Betleem si svolge con una forte carica d’emozionante spiritualità. La voce narrante, il commento musicale, le voci dei dialoghi richiamano l’atmosfera di duemila anni fa. Il pubblico segue con attenzione le scene, quasi in raccoglimento. Fino alla scena madre della nascita di Gesù, nella mangiatoia, con il piccolo Manuel che a un mese di vita raccoglie applausi e provoca emozioni. Le scene dell’adorazione dei pastori e dei Magi chiudono la rappresentazione, accolta dal calore del pubblico e da un lungo applauso, a testimonianza che la tradizione del Presepe vivente ancora una volta affascina. Roberto Fatigati, dal palco, ringrazia il sindaco e l’Amministrazione, gli enti che hanno collaborato, il Gruppo Artistico di Pianola. L’evento ha rafforzato il legame tra l’Abruzzo e il Friuli V.G., tra L’Aquila e Gorizia, tra i friulani e gli abruzzesi e molisani che qui hanno trovato la loro seconda terra, dopo quella natale. Chi scrive, a nome del Gruppo Artistico di Pianola, ringrazia la Municipalità e la comunità di Gorizia per l’accoglienza. Grandi affinità hanno gli abruzzesi e i friulani, entrambi caratterizzati da una gente forte, tenace, di poche parole e molti fatti. Come l’alpinità delle due regioni di montagna, simili anche per l’indole della loro gente. E con un elemento che le affratella, come la nascita qui a Gorizia, nel 1935, del Battaglione Alpini “L’Aquila”, che per 40 anni ha operato in Friuli nella Brigata Julia. Caloroso e appassionato il saluto dell’assessore Maurizio Capri a nome della Municipalità e dell’intera comunità aquilana, fortemente grata per i gesti di vicinanza e di concreto aiuto che Gorizia ha riservato all’Aquila dopo il terremoto del 2009. Il Presepe vivente vuole dunque essere anche un segno di gratitudine verso Gorizia e l’intero Friuli Venezia Giulia.
Intanto la cucina da campo degli Alpini di Gorizia è in piena attività. Si cuoce la pasta all’amatriciana, preparata dal team dell’associazione “Scherza col cuoco” coordinato da Carlo Gizzi. Ordinatamente la fila del pubblico riceve al bancone il piatto di pasta all’amatriciana, con il gustoso odore di guanciale soffritto. Chi vuole lascia liberamente un’offerta per le popolazioni terremotate del Lazio, Umbria e Marche. Vengono alla fine distribuiti circa 400 piatti, 25 i chili di pasta cucinati, 25 i chili di pomodori pelati e 10 chilogrammi di guanciale per la preparazione del prelibato sugo all’amatriciana. Circa 900 euro raccolti, che andranno in donazione al comune di Amatrice. Soddisfatti tutti della perfetta riuscita della manifestazione e dell’iniziativa di solidarietà per le popolazioni terremotate. Entusiasta il sindaco Ettore Romoli, rimasto fino a chiusura della manifestazione insieme all’assessore Arianna Bellan. La cttà ha dato una bella prova di attenzione culturale e di solidarietà. L’Aquila e Gorizia si sentono ancora più legate d’amicizia, come l’assessore Maurizio Capri annota, preludendo ad ulteriori iniziative. Molto soddisfatto il presidente Roberto Fatigati, che vede coronato dal successo l’impegno profuso in mesi di preparazione. Abbracci ed auguri a chiusura della serata. Il mattino seguente si riparte per L’Aquila, con una sosta a Ferrara, per pranzo e visita alla città, tutto in 4 ore. Si apprezza la bellezza della città degli Estensi, la magnifica Cattedrale, il Castello, il Palazzo dei Diamanti, l’intrico delle vie del centro storico e la buona cucina d’una trattoria tipica, nel cuore della città. L’arrivo a Pianola intorno alle 23, arricchiti di emozioni e di nuove amicizie. Un buon viatico per l’anno nuovo che viene.
(a cura di Goffredo Palmerini)