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La storia di Angelo Stoppa, sedicenne aderì alla RSI

da Redazione

Era nato a Pescara nel 1928 fu catturato dai partigiani e condannato a morte. Venne fucilato, all’alba del 1 maggio 1945, a Stradella in provincia di Pavia.

giovani rsiPESCARA – Angelo Stoppa era nato a Pescara il 5 agosto del 1928. Da piccolo seguì la famiglia a Roma. Aveva compiuto appena sedici anni quando lasciò un bigliettino ai suoi genitori: “vado ad arruolarmi nella Repubblica Sociale Italiana”. Fu inquadrato nella “Sicherheits Abteilung” formazione autonoma della RSI (reparto per la sicurezza), era un’unità di polizia costituita da fascisti alle dirette dipendenze del Comando Tedesco nel nord Italia (162ª Divisione) e attiva nei territori dell’Oltrepò Pavese. La “Sicherheits Abteilung” venne anche definita il “Bataillon Fiorentini” (dal nome del Ten. Colonnello Fiorentini che ne fu comandante). Inoltre i pavesi la chiamavano così: la “Sicherai”.

Per il suo provenire dalla Capitale ad Angelo Stoppa i suoi amici e camerati diedero il nomignolo di “Romanino”. Angelo fu poi catturato dai partigiani, nell’inverno del 1944, nel corso del rastrellamento di Arena Po (in quella occasione caddero uccisi sei partigiani). Venne poi tenuto prigioniero a Mezzanino Po assieme al Tenente Milanesi. Infine, il 27 aprile 1945, fu trasferito nelle scuole di Portalbera per essere interrogato e giudicato da tutta la popolazione inferocita (“Bollettino della Società pavese di storia patria”).Processato e condannato a morte con altre tredici dal CLN di Stradella.

Un processo che sembrò con un finale già scritto. Così all’alba del 1 maggio del 1945 Angelo Stoppa e gli altri furono prelevati e trasportati dinanzi al cimitero del paese di Stradella. I ragazzi chiesero, ed ottennero, di essere fucilati al petto. Alle ore 7,30 (altre fonti parlano delle ore 6) di quel mattino il plotone d’esecuzione sancì la loro fine. I testimoni ricordarono che molti di quel ragazzi inneggiarono alla Patria.

Va ricordato che il Colonnello Gino De Scalzi del CLN tentò, inutilmente, di evitare il massacro. Così finiva la vita di questo ragazzo pescarese. La sua dichiarazione scritta ed una sua lettera indirizzata ai familiari sparirono e di queste non se ne ebbe mai più traccia.

A cura di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”

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