Pescara

La storia di Monsignor Marzoli, sfidò il regime di Tejada

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In Bolivia il sacerdone salvò dalla tortura tantissimi oppositori del regime del dittatore. Era nato a Pescara nel 1938

PESCARA – Monsignor Nino Marzoli nacque a Pescara, il 25 dicembre del 1938, da Ulisse e Gilda Pandolfi. Studiò filosofia a Roma presso l’Università Gregoriana. Da ragazzo era un talentuoso giocatore di calcio ma la vocazione fu più forte di ogni altra sua passione. Successivamente, nel 1966, si trasferì in Canada dove terminò gli studi teologici presso il “St. Peter’s Seminary” di London in Ontario. Fu ordinato sacerdote il 17 dicembre del 1966. Subito dopo tornò a Pescara per il suo primo incarico come direttore degli studi presso il collegio Aterno. Due anni dopo, nel 1968 fece ritorno in Canada come parroco della Chiesa “St. Mary” di Kitchener. Nel 1970 fu inviato in Bolivia, dove trascorse il resto della sua vita, come pastore della parrocchia di “San Miguel” a La Paz.

Ricevette l’ordinazione episcopale il 18 giugno del 1988 e fu nominato Vescovo ausiliare di La Paz da Papa Giovanni Paolo II. Successivamente, nel 1992, venne nominato Vescovo ausiliare di Santa Cruz. Ricoprì il ruolo di Gran Cancelliere dell’Università Cattolica Boliviana. Fu Direttore del giornale cattolico “Presencia”. Si contraddistinse per i suoi metodi poco convenzionali(in possesso di un meraviglioso senso dell’umorismo) mostrò sempre il suo particolare amore per i poveri e l’attenzione per coloro, come i prigionieri, trattati ingiustamente.

Parlava quattro lingue e in più quella Aymara (la lingua indiana dei nativi boliviani). Dopo il colpo di stato di Luis García Meza Tejada, 17 luglio 1980, Mosignor Nino Marzoli si distinse per l’appoggio incondizionato ai perseguitati e cercò, in ogni modo, di tutelare i prigionieri politici. Uno dei capi dell’opposizione a Luis García Meza Tejada raccontò: “Nino Marzoli, sacerdote catolico, me librò de las garras de la tortura” (Nino Marzoli, prete cattolico, mi ha liberato dalle grinfie della tortura). Denunciò con coraggio soprusi e torture messe in atto dal regime. Favorì l’apertura di asili e scuole nei quartieri più poveri. Dopo una breve malattia morì in Italia, dove era tornato per curarsi, il 24 maggio 2000.

A cura di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”

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