L’AQUILA – Si è concluso oggi ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso il convegno internazionale Archeo.Metalli organizzato dall’Università degli Studi di Napoli “Federico II” – Dipartimento di Studi Umanistici e dal nodo dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso – CHNet (Cultural Heritage network), la rete dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) per i beni culturali.
Le due giornate del convegno, che si sono svolte, rispettivamente, nella sede del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università “Federico II” e presso i Laboratori del Gran Sasso, hanno visto la partecipazione di oltre 70 ricercatori ed esperti e sono state un’occasione d’incontro interdisciplinare tra archeologi, numismatici, chimici, fisici, geologi, restauratori e conservatori museali e del patrimonio culturale-ambientale.
L’archeometria, l’insieme di metodi di indagine che si avvale delle conoscenze e delle tecniche di altre scienze e si affianca all’archeologia nello studio dei reperti archeologici, ha infatti avuto recentemente un forte impulso anche grazie all’utilizzo delle tecnologie e della strumentazione sviluppate e utilizzate nel campo della fisica delle particelle.
I reperti archeologici analizzati con queste tecniche sono principalmente metallici. Il primo utilizzo dei metalli in antichità risale al periodo del rame, tra il VI ed il III millennio a. C., quando venivano usati per la realizzazione dei primi utensili e piccoli oggetti ornamentali in sostituzione di quelli in pietra. Durante i due millenni successivi (età del bronzo) l’uomo cominciò a sperimentare delle leghe, principalmente a base di rame, stagno e piombo per migliorare la lavorabilità e le proprietà meccaniche dei manufatti fino ad arrivare all’utilizzo del ferro (1100 a.C.).
“Le sofisticate tecniche analitiche disponibili qui ai Laboratori e utilizzate normalmente per la selezione dei materiali ultrapuri necessari per la realizzazione dei nostri esperimenti per lo studio del Cosmo” – dichiara Stefano Nisi, responsabile del nodo CHNet – LNGS – “si prestano ad essere impiegate efficacemente per l’analisi di reperti archeologici dando un supporto fondamentale all’interpretazione storico-archeologica. Ad esempio la misura della composizione isotopica del piombo contenuta in un reperto metallico permette l’identificazione del sito di estrazione del minerale anche dopo millenni” conclude Nisi.
Al centro dell’incontro sono state le problematiche legate allo studio dei giacimenti minerari e della circolazione dei metalli. Nello specifico sono stati presentati i risultati di indagini archeometriche sulle tecnologie estrattive e metallurgiche, sulla tipologia e destinazione delle produzioni nel bacino del Mediterraneo occidentale con riferimento anche agli usi monetari (dati di produzione, circolazione e conservazione delle monete) e ad altri reperti metallici, da età preromana fino ad età post-antica.
Informazioni sul programma sono consultabili al link https://archeometalli.sites.lngs.infn.it/
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