Startup e cultura “digitale” per sostenere lo sviluppo locale e vivere in montagna senza rinunce
L’AQUILA – Gli amici della Federbim hanno voluto tenere a L’Aquila la loro annuale assemblea, accompagnata da un’interessante momento di riflessione di respiro nazionale.
Si è trattato di un’occasione doppiamente importante per L’Aquila e per l’intero cratere sismico: da un lato perché le montagne (non solo il Gran Sasso) erano – già prima del 6 aprile e con tutte le criticità che conosciamo – un asset dello sviluppo del nostro territorio, e oggi, pur con grandi difficoltà (ma confortati dalla certezza della disponibilità di risorse) cercano di consolidare questo primato per fare da traino a un’economia duramente colpita dal terremoto e dalla crisi; è giunto il momento di prendere in mano la situazione e ascoltare chi, anche da fuori, vuole aiutarci, lanciando proposte finalizzate allo sviluppo della città e dell’intera regione.
La seconda dimensione, riguarda la delicata fase che stiamo vivendo in cui si sta ridisegnando l’assetto istituzionale della Repubblica (e della stessa rappresentanza democratica dei nostri territori).
Se da un lato è vero che era urgente uno snellimento e una razionalizzazione, dall’altra ci stiamo rendendo conto che alcune scelte – ridisegnare i confini regionali, valorizzare le Città metropolitane e dall’altra scardinare le Comunità montane e le Province – rischia ancor più di marginalizzare e indebolire le aree “interne” (basti pensare cosa possono significare – in termini di erogazione di servizi – queste tendenze per l’Abruzzo, dove il 73 per cento del territorio è costituito da montagne dove risiede solo il 35 per cento della popolazione), anche perché, nel nostro Paese non esistono soltanto una questione meridionale e una settentrionale, ma anche quella legata più specificatamente all’Italia centrale, esemplificata proprio dagli Appennini.
“Crescita e sviluppo locale – come ci ricorda spesso Massimo Cialente, il sindaco della ricostruzione – sono il risultato di un’equazione dove le diverse variabili sono cultura, impresa, spiritualità e turismo da declinare in progetti concreti e cantierabili che investono i settori dell’energia, della manutenzione migliorativa, dell’agricoltura e delle produzioni locali, dei borghi rurali a obiettivi smart city e dei beni culturali.”
Sono questi i temi su cui è possibile ricostruire e riannodare la Città – territorio dell’Aquila e, in maniera più estesa, l’intero sistema insediativo territoriale che caratterizza le aree interne abruzzesi e l’Appennino.
In questo senso ho in mente il modello Bardi (Parma), un piccolo centro dell’appennino tosco-emiliano, uno dei tanti borghi del nostro Paese dati per spacciati dalle statistiche demografiche.
15 anni fa lo si considerava in agonia e destinato a scomparire: la popolazione si stava spegnendo lentamente e così le attività commerciali; ma questa fosca aspettativa sembra essere sventata.
Oggi a Bardi nascono bambini, altri ne arrivano da fuori, le aziende riprendono vita e il calo demografico si è arrestato.
Come è stato possibile?
Questa comunità – grazie ad Andrea Pontremoli (ex-Ceo di IBM e oggi Dallara) che di Bardi è originario – è stata la protagonista di un progetto che ha fatto leva sulle tecnologie Ict per controbilanciare gli svantaggi di un territorio montano caratterizzato da forti flussi migratori in uscita, struttura geologica fragile e lontananza dalle vie di collegamento e dalle aree urbane. L’intervento più importante è stato quello sulla “banda larga”, che da sola non sarebbe stata comunque sufficiente; ecco dunque il Progetto Orchidea, finanziato dal ministero dell’Ambiente, che nasce proprio per fare da collante fra istituzioni e aziende: una piattaforma informativa per incoraggiare gli utenti a “fare sistema”.
Fontecchio, comune del Cratere sismico aquilano, pur con le dovute differenze si prepara a lanciare un progetto analogo il cui cuore è costituito dall’iniziativa “Casa Bottega” che prevede il restauro di alcuni appartamenti nel centro storico da assegnare a nuovi residenti con un affitto “calmierato”.
Il suo sindaco Sabrina Ciancone presentando l’iniziativa ama “ripetere” che: “l’utilizzo etico da applicare nella ricostruzione non è quello di valorizzare tout court il bene tutelato, ma di usarlo come tramite per rafforzare la coesione sociale all’interno del paese. Con il progetto ‘Casa e bottega’ abbiamo avviato un intervento di housing sociale che consente di risiedere e lavorare nella comunità: così pensiamo di dare una destinazione etica e non speculativa alle proprietà immobiliari pubbliche oggetto di finanziamento. Dieci abitazioni e otto botteghe saranno assegnate con un bando internazionale a giovani coppie”.
Quindi policentrismo, manutenzione migliorativa ma soprattutto banda larga, perché oggi non è possibile prefigurare alcun progetto di sviluppo per queste zone senza che le stesse siano adeguatamente servite dal punto di vista della connettività e più in generale delle reti.
Su questi temi si sta riaprendo anche il dibattito parlamentare: la nuova cornice normativa deve portare a realizzare un nuovo patto solidale tra montagna e città, tra gli abitanti delle terre alte e i cittadini delle metropoli. Questo perché la montagna è anche un fattore di coesione nazionale e di culturale.
Forse qui si può riscoprire il lato “nobile” della politica, che ha un senso quando ha la capacità di leggere un territorio, affrontandone le criticità, esaltandone le potenzialità mediante un’adeguata capacità di mediare i progetti e finalizzare le risorse.
In questo senso, una nuova legge sulla montagna sarà contemporaneamente legge di risarcimento e di sviluppo. Abbiamo una grande responsabilità: quella di riportare in montagna un po’ di quella ricchezza che abbiamo spesso prelevato e che continuiamo a prelevare. Per farlo serve anche un’adeguata politica fiscale che crei incentivi a fare impresa sulle nostre montagne. La cultura dell’innovazione e del digitale, declinata impreditorialmente dalle startup, potrà fare tanto per la valorizzazione dei prodotti tipici, la promozione degli sport della montagna, il rilancio infrastrutturale e l’autosufficienza energetica. Per vivere in montagna senza rinunce.
Trattando questi temi, il pensiero non può non andare a Nino Sospiri, compianto sottosegretario alla Infrastrutture, a cui siamo – da amici della montagna – doppiamente debitori: se mai il Gran Sasso riprenderà il ruolo che gli compete (come montagna di respiro nazionale) lo si dovrà all’infrastruttura normativa che seppe realizzare – il piano d’Area; inoltre perché è stato uno dei principali artefici dell’inserimento nella nostra Carta costituzionale del valore del Paesaggio.
Dobbiamo essere tutti pervasi da un senso di urgenza, con la consapevolezza che chi non si rassegna a lasciare le montagne e i piccoli borghi deve fare i conti con la dura legge evidenziata dall’economista Enrico Moretti: “nel panorama economico attuale non conta tanto cosa fai o chi conosci, ma dove vivi”.
(a cura di Salvatore Santangelo, giornalista, esperto di marketing territoriale)