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La chiesa venne edificata in virtù delle conseguenze di una marachella perpetrata da alcuni ragazzi che, nel 1605, con violenza scagliarono una palla di neve sull’immagine votiva della Madonna con il bambino. L’affresco, impresso sul muro di una delle case dei numerosi ortolani che vi risiedevano, venne scalfito e bonariamente “rappiccicato” dagli stessi autori del misfatto.
Con il terremoto del 1703 l’edificio sacro andò distrutto e l’area rimase abbandonata per più di un secolo. Oggi, se vogliamo, la storia si ripete. Ne sono una tangibile testimonianza i numerosi fabbricati ancora distrutti che circondano il “borgo”. Mentre i tracciati viari che portano a Villa Gioia sono inibiti al transito per via dei rovi e del terriccio che ne ostruiscono il passaggio.
Tra di esse è bene ricordare la Madonna e santi di Giovanni Paolo Cardone. Il dipinto, rimasto sotto le macerie per circa un mese, vilipeso dagli agenti atmosferici, è stato “miracolosamente” riportato in vita grazie alla certosina opera di restauro effettuata da Eugénie Hélène Knight. Un lavoro minuzioso e altamente professionale che potremmo metaforicamente definire una vera e propria carezza all’arte. Al termine del suo intervento, il Ministro ha enunciato che farà di palazzo degli Ardinghelli (restaurato grazie ai contributi della Russia) una sede distaccata del Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) di Roma. Nell’edificio nobiliare, posto a ridosso della piazza di Santa Maria Paganica, verranno esposte opere di importanti artisti contemporanei ai quali lo stesso esponente di governo ha chiesto un contributo artistico. Quando la città sarà ricostruita, e verrà ricomposto il suo patrimonio “genetico-architettonico”, avrà uno dei centri storici più belli d’Europa, in cui l’arte e la cultura non potranno che avere un posto di rilevo. Solo così, L’Aquila potrà volgere il suo sguardo al futuro e assurgere ad ambita meta turistica nazionale e internazionale.
A cura di Fulgenzio Ciccozzi
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