Una crescita senza lavoro: è questo il nuovo spettro che preoccupa i governi del mondo.
Ed è ancora una volta la tecnologia che sta cambiando tutto.
La trasformazione delle strutture produttive e sociali determinata dall’evoluzione delle nuove tecnologie. I numeri confermano che il fenomeno è già ampiamente in corso e che sarà sempre più accentuato ed avrà presto un ulteriore impatto sociale epocale, determinato dall’Internet delle cose (o IoT, acronimo dell’inglese Internet of Things) l’ennesima mutazione dell’uso della rete, nata negli ambienti di ricerca del MIT di Boston.
Un concetto semplice, quasi banale: tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo grazie al collegamento alla rete. Una nuova dimensione sociale dove le tecnologie escono dalle fabbriche e dagli uffici e si abbattono sulla quotidianità trasformando le automobili, le piazze, le case, gli ospedali, i libri, le cose in genere in oggetti in grado di ricevere, trasmettere ed elaborare informazioni e di prendere decisioni al posto dell’uomo sulla base di quelle informazioni.
Gli oggetti si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri.
L’obiettivo dell’internet delle cose è di far sì che il mondo elettronico tracci una mappa di quello reale, dando un’identità elettronica alle cose e ai luoghi dell’ambiente fisico.
Attualmente il 99,4% degli oggetti fisici che potenzialmente potrebbero
I dati di questa crescita sono impressionanti: nell’anno 2000 gli oggetti connessi a Internet erano circa 200 milioni, nel 2013 erano 10 miliardi, nel 2020 saranno circa 1.500 miliardi.
Stime attendibili sul business derivante da questa crescita dell’IoT, indicano che l’impatto economico sarà di circa 15.000 miliardi di dollari, nel periodo compreso dal 2016 al 2020.
Sarà il più grande cambiamento tecnologico e sociale a cui assisteremo nei prossimi dieci anni. Quali saranno i lavori che sopravvivranno all’urto di questo ulteriore cataclisma tecnologico prodotto dall’IoT? Il futuro professionale della gran parte dei lavoratori dipenderà sempre più dalle competenze, dai comportamenti e ancor prima dalle conoscenze digitali e dalle capacità creative.
La medaglia dell’innovazione ha sempre due facce: in una ci sono le grandi opportunità offerte dal progresso e nell’altra i rischi del nuovo, con le inevitabili resistenze al cambiamento.
Difendere ciò che esiste equivale a negare il problema, rendendo ancora più dolorosa la transizione quando saremo, e già lo siamo, con le spalle al muro.
E’ un processo inarrestabile che testimonia il declino della tradizionale forza lavoro e l’avvento dell’era post-mercato.
Siamo nel corso di una quarta rivoluzione industriale, nella quale l’incredibile progressione della tecnologia porrà in esubero un crescente numero di lavoratori anche nel terziario. I rimedi potranno articolarsi su due linee di lavoro: da una parte presentare e far conoscere ai decisori pubblici e privati le opportunità da cogliere; dall’altra promuovere la logica delle “alleanze” tra diversi attori per competere in un settore cruciale per la nostra economia e certamente tra i più promettenti del prossimo futuro. Conterà la capacità di aggiornare continuamente la propria conoscenza, adattarla al contesto, rendere le persone più capaci di cambiare: per competenze, approccio al lavoro e alla vita.
Le tante e disarticolate iniziative che popolano lo scenario delle smart cities, dovranno diventare un’unica coesa occasione di riconversione sociale, produttiva e culturale.
L’internet delle cose cambierà la nostra vita, le nostre case e le nostre città nel giro di pochi anni.
L’Abruzzo, L’Aquila e i Comuni del cratere saranno anch’essi investiti da questa enorme potenzialità.
Per coglierla occorreranno interventi programmatici ambiziosi. Interventi che richiederanno condivisioni progettuali, infrastrutture tecnologiche, politiche industriali e formative attualizzate al nuovo contesto.
Una visione che potrebbe prefigurare una grande opportunità ed nuova era per l’intera economia abruzzese.
Non partecipare significherebbe rinunciare al futuro, annunciare al mondo che il nuovo non ci appartiene. Vivremmo in un’altra epoca.
(Luciano Ardingo)
(foto Luciano Ardingo, Presidente e Direttore Generale SPEE)
L'Opinionista © 2008 - 2024 - Abruzzonews supplemento a L'Opinionista Giornale Online
reg. tribunale Pescara n.08/2008 - iscrizione al ROC n°17982 - P.iva 01873660680
Informazione Abruzzo: chi siamo, contatta la Redazione, pubblicità, archivio notizie, privacy e policy cookie
SOCIAL: Facebook - Twitter