Alla conferenza stampa ieri è intervenuto il vicesegretario UDC Giuseppe De Mita
L’AQUILA – «Questa riforma fa promesse bugiarde perché alimenta una speranza di cambiamento epocale che poi nella pratica non c’è. Si individua un Senato androgino del quale non è chiaro come venga definita la rappresentanza e quale funzione svolga. In realtà, sganciato dalla fiducia al governo, un Senato così concepito diventa una mina vagante che finisce per complicare piuttosto che semplificare l’iter legislativo, ammesso che in Italia la velocità nella produzione legislativa sia un problema».
Lo ha dichiarato il vicesegretario UDC Giuseppe De Mita intervenendo ieri mattina ad una conferenza stampa a L’Aquila promossa dal coordinamento regionale UDC Abruzzo per illustrare le ragioni del No al Referendum del 4 dicembre prossimo.
Alla conferenza stampa hanno partecipato Marco Martino, coordinatore nazionale dei Giovani UDC,Enrico Di Giuseppantonio, coordinatore regionale del partito, il coordinatore regionale Giovanile Riccardo Cicchetti, i segretari delle province abruzzesi Lino Cipolloni, Andrea Buracchio e Valter Cozzi, il segretario cittadino de L’ Aquila Luciano Bontempo.
«La riforma cancella la burocrazia? – ha aggiunto De Mita – No, nel testo approvato non c’è niente che faccia riferimento alle istituzioni della burocrazia. La riforma riduce i costi della politica? Sì, ma si tratta di una riduzione minima ed illusoria. Mi domando allora perché il Pd si sia rifiutato di discutere la proposta di legge del M5S sulle indennità dei parlamentari. La gente deve sapere che quella legge, che io non condivido e che non avrei votato, portava ad una riduzione dei costi superiori a quella prevista con la riforma».
«In un Paese già diviso e lacerato – ha così concluso il vicesegretario Udc – il referendum introduce un’altra divisione che non serviva. La personalizzazione del voto sulla sua persona così fortemente voluta da Renzi che ha inteso fare del referendum un plebiscito sul governo genererà una condizione di incertezza e di instabilità. All’indomani del referendum avremo un Paese ulteriormente diviso. E dovremo, perciò, lavorare per recuperare faticosamente una condizione di unità».
Marco Martino sottolinea “come questa riforma pasticciata tradisce le aspettative del territorio, emarginando soprattutto le periferie”.