L’AQUILA – Il Consiglio ha approvato la proposta di deliberazione, illustrata in aula dall’assessore alla Ricostruzione e alla Pianificazione urbanistica Pietro Di Stefano relativa alle norme tecniche di attuazione per le zone di cessione perequativa degli standard urbanistici, le cosiddette aree bianche. Il provvedimento è stato approvato con emendamenti proposti da Ettore Di Cesare, Capogruppo di Appello per L’Aquila – alcuni dei quali rimodulati in accordo con l’amministrazione attiva -, che comportano, tra l’altro, delle precise prescrizioni e l’adempimento di specifici obblighi per i soggetti proponenti gli interventi e delle particolari accortezze nella determinazione delle destinazioni d’uso.
A favore del provvedimento hanno votato 15 consiglieri, mentre si sono astenuti Vittorini (L’Aquila che vogliamo) e Di Cesare (Appello per L’Aquila). Il resto dell’opposizione è uscito dall’aula al momento del voto.
L’assessore Di Stefano ha ricordato come interessi complessivamente 730 ettari di territorio comunale. Si procede alla rinormazione delle cosiddette aree bianche attraverso una modifica che, sostanzialmente, introduce la possibilità di acquisire aree a destinazione pubblica, tramite il riconoscimento ai proprietari di un diritto edificatorio. E’ stato stabilito un indice di edificabilità pari 0,08 metri quadrati per ogni metro quadro di terreno. La superficie minima per ottenere l’edificabilità è pari a 1.500 metri quadrati. È prevista, inoltre, a tal fine, la possibilità di sommare più aree. “Si tratta di un provvedimento importante – ha dichiarato Di Stefano – che va a colmare un vuoto normativo ultratrentennale”.
La vicenda prende le mosse dall’approvazione del Piano regolatore generale del Comune, adottato nella seduta consiliare del 15 maggio 1975 e successivamente approvato dalla Regione Abruzzo il 6 luglio 1979. Alcune destinazioni dello strumento urbanistico, nello specifico “Zona destinata a viabilità e parcheggio”, “Zona a verde pubblico attrezzato” e “Zona a servizi pubblici”, hanno determinato, in quella sede, l’apposizione di vincoli preordinati all’espropriazione che, tuttavia, perdono efficacia dopo cinque anni dalla data di apposizione oppure, come nel caso di specie, di approvazione dello strumento urbanistico da parte della Regione. In seguito alla scadenza del periodo di validità dei vincoli sono state presentate all’Amministrazione comunale diverse diffide, da parte dei proprietari, intese alla ripianificazione delle aree rimaste prive di destinazione urbanistica. Dal mancato adempimento a tali diffide è conseguito un consistente numero di azioni giudiziarie, attraverso le quali gli stessi proprietari hanno fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per l’accertamento del silenzio-inadempimento del Comune e, nella permanenza di tale silenzio, per la nomina di commissari giudiziari ad acta per la definizione della disciplina urbanistica delle aree. Alla luce di tali premesse la delibera sottolinea come sussista “la potestà dell’Amministrazione comunale, intesa come doveroso esercizio del potere pianificatorio, di governare tutto intero il proprio territorio per mezzo dell’introduzione di una disciplina urbanistica completa e organica, provvedendo a integrare la propria pianificazione includendovi le suddette aree, cosiddette bianche”. Il documento ricorda anche in narrativa come “a seguito del sisma il territorio comunale ha subito profonde trasformazioni, che hanno inciso sull’iniziale programmazione urbanistica, con delocalizzazioni residenziali e produttive diffuse sul territorio, evidenziando in maniera più forte la necessità di riorganizzare il territorio, azione che non può prescindere dalla ripianificazione delle zone interessate da vincoli decaduti”.
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