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Le perplessità di Coldiretti su Parco della Costa Teatina

da Redazione

Coldiretti-logoDopo incontri con base associativa, Coldiretti Chieti chiede attenta riflessione sugli effetti della istituzione dell’area protetta quali:  freno allo sviluppo e proliferare della fauna selvatica pericolosa per il mondo agricolo

CHIETI – “Il rischio è triplice: l’arresto dello sviluppo del territorio, l’ingessamento delle attività economiche e il danno materiale alle imprese, non solo agricole. L’istituzione di un parco non è mai un procedimento semplice, ma in questo senso è fin troppo complesso e azzardato perché riguarda aree fortemente antropizzate e già sottoposte a vincoli di diversa natura”.A dirlo è il presidente di Coldiretti Chieti Sandro Polidoro, in riferimento alla querelle sull’istituzione del Parco della Costa Teatina che ha suscitato diverse perplessità nel mondo agricolo e su cui Coldiretti torna ad intervenire. La federazione provinciale, evidenziando che non è contraria alle aree protette ove necessarie, ribadisce tuttavia con fermezza la propria perplessità su un parco che rischia di diventare premessa di tanti vincoli ma di scarse opportunità in un territorio che rappresenta oltre il 25% dell’agricoltura provinciale incidendo sia in termini occupazionali, che di Plv con la presenza di migliaia di ettari di coltivazioni intensive di qualità che hanno nel tempo modellato e caratterizzato questo territorio.

Per il Presidente Polidoro “l’istituzione di un’area protetta, i cui vantaggi vanno comunque dimostrati, in questo specifico caso andrà di fatto a ledere in maniera determinante lo sviluppo di una zona in cui sono tradizionalmente presenti imprese e attività economiche, in cui i nuovi vincoli potrebbero essere fortemente dannosi per nuovi investimenti aziendali, economici e strutturali. E come se non bastasse, a questo si aggiunge l’altissima eventualità che l’area, una volta istituita, diventi di fatto un incubatrice di fauna selvatica dannosa per l’agricoltura”. Per Coldiretti Chieti è necessario pertanto scongiurare questa eventualità, che diventerebbe un vero e proprio boomerang a danno delle imprese, oltre ad essere un notevole aggravio dei costi necessari al mantenimento degli organi di governo che si dovranno costituire e per i quali non si sa bene dove verranno attinte le risorse.

“Ribadiamo ancora una volta che, per il bene di un territorio, non serve istituire un parco ma sono necessari progetti mirati di valorizzazione ai quali collaborino tutti i soggetti coinvolti, dalla Camera di Commercio alla Provincia, dai sindaci al mondo produttivo ed economico – conclude Polidoro – e che il futuro delle aree protette deve essere legato al consenso di chi le vive, e per ottenerlo, occorre molta trasparenza nelle decisioni e la partecipazione attiva di tutte le forze presenti sul territorio. Ricordiamo inoltre che l’Abruzzo ha già uno squilibrio tra aree protette esistenti e consentite, squilibrio che porta proprio a quel proliferare di cinghiali e di altri selvatici molto pericolosi al mondo agricolo”.

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