BIO – I Linea 77 nascono a Torino nel 1993, e prendono il nome dalla linea degli autobus che li portava in sala prove, emblema di una band che in più di vent’anni di carriera non ha mai smesso di macinare chilometri su chilometri per tutta Europa e oltre. Sono sette i dischi realizzati finora, dagli esordi con Earache (storica etichetta inglese di metal estremo), passando per Universal fino al percorso indipendente con INRI: in mezzo ci sono centinaia di shows suonati in tutta Europa (anche di spalla a mostri sacri quali Rage Against The Machine, Deftones, Korn, Soulfly e tanti altri) e la collaborazione oltreoceano con due dei produttori più importanti del globo, Toby Wright (Metallica, Korn, Slayer, Alice in Chains), e Dave Dominguez (Papa Roach, Staind, Guns ‘N Roses).
Il suono della band ha attraversato molteplici fasi, ma ha sempre mantenuto una innegabile qualità: sia le hit underground degli esordi come “Touch” e “Ketchup Suicide”, che i singoli in rotazione in tutte le radio come “Fantasma”, “66” (con i Subsonica) “Inno all’Odio” e “Evoluzione”, hanno aiutato la band ad alimentare il loro status di figura fondamentale del rock urbano in Italia. Il frutto degli anni passati sui palchi è la linfa dell’attuale seconda vita/line up dei Linea77, tornati capostipiti dell’underground italiano con il nuovo album “OH!”.
Oh! è espressione di stupore. E’ l’esclamazione davanti a una meraviglia, o un sussulto dopo un errore commesso. E’ la sillaba con cui si prende coscienza di un cambiamento; attorno a noi, in noi, nel tutto.
Oh! è un disco intimo e disilluso; tanto concreto quanto visionario. Parla di Lexotan a colazione e di schiavi consapevoli; di burqa firmati e di coerenze in vendita; dei soldati di Ungaretti e delle regole di Chomsky.
“In questo disco abbiamo cercato di fare quello che sappiamo fare, lasciando da parte la sperimentazione fine a se stessa. Volevamo un disco da poter suonare per intero dal vivo, in modo da poter dare nuova linfa ai live che seguiranno. Canzoni energiche e condivisibili, che badassero poco alla forma e tanto al contenuto”.
Oh! È un disco nato per far saltare il pubblico sotto il palco, un disco che rappresenta tutto quello che la band è oggi: un ritorno alle origini sincero, prepotente e sfacciato.
BORGHESE BIOGRAFIA – Un uomo inserito nei meccanismi della società, un uomo con un lavoro garantito in un’Italia in cui pochi lo sono e molti vivono nell’incertezza del presente e nella certezza di non aver un futuro, un uomo che quella garanzia stava quasi per soffocare in una vita grigia. Un uomo che in un giorno preciso, “come un quadro che casca dal muro”, decide di costruirsi un’altra vita, di utilizzare i suoi abiti da lavoro per un’identità notturna e libera, un’identità che assecondi la sua malattia di scrivere canzoni che solo in quella forma diventano sincere come mai e lontane da ogni pregiudizio.
Da questa premessa inizia la collaborazione con la Touch Clay records che si interessa ai testi di questo uomo, così disinibiti, ma mai bugiardi. Nel giugno del 2013 esce “L’Educazione delle rockstar” con il suo primo singolo “Luoghi in comune” che in poco tempo fa quasi cinque mila visualizzazioni su Youtube; arrivano le recensioni della stampa nazionale tutte positivamente unanimi e concordi nel dire che l’Italia si trova davanti un nuovo modo 2.0 di intendere il cantautorato rock. Arrivano le prime richieste dei promoter, arrivano le prime date dei concerti. E il borghese asservito alle logiche della società di consumo diventa Borghese, entra in clandestinità in un’altra vita attraverso la musica e l’arte.
“In caso di pioggia la rivoluzione si farà al coperto”, il nuovo lavoro targato Borghese, è il primo esperimento di disco sociale: per più di un anno Angelo Violante annota su un’agenda ogni espressione valida di attenzione che ascolta in giro, da chiunque intorno a sé, raccogliendo un fiume di pensieri che niente avevano a che vedere con quello che era nelle sue intenzioni di cantautore. Decide così di comporre gli undici puzzle che sin dall’inizio aveva in mente utilizzando i pezzi di quello che era diventato un database di espressioni più o meno coscienti, tasselli di frasi scucite riarrangiati in una sorta di cut-up da poeta beat. Gli undici brani non sono stati scritti da Borghese, che non è l’autore, ma solo il regista di un disco che non gli appartiene. Magari non lo sai, ma sei proprietario di una quota azionaria di questo disco anche tu, un disco in cui si nobilita il concetto di plagio, un disco su cui puoi sentirti libero di taggarti se a un tratto ne scopri un pezzetto che ti appartiene.
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