L’AQUILA – XENON1T, uno degli esperimenti di punta nella ricerca diretta della materia oscura, operativo dal 2016 al 2018 presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha presentato oggi, 17 giugno, nel corso di un seminario online dai LNGS, l’analisi dei suoi ultimi dati, mostrando un inatteso eccesso di eventi. La natura di questo eccesso, che potrebbe anche essere dovuto a una semplice fluttuazione statistica, non è ancora del tutto compresa, perché ha caratteristiche che lo rendono compatibile con varie ipotesi.
“L’eccesso che abbiamo osservato – spiega Elena Aprile, professoressa della Columbia University, che è a capo del progetto XENON – potrebbe essere dovuto a una minuscola presenza di trizio, un isotopo dell’idrogeno. Ma potrebbe anche essere un segnale di qualcosa di molto più eccitante che ci porterebbe oltre il Modello Standard, come l’esistenza di nuove particelle, per esempio gli assioni solari. Oppure, altra ipotesi interessante, potrebbe coinvolgere nuove proprietà dei neutrini”, conclude Aprile.
Il risultato di XENON1T testimonia il valore delle soluzioni tecnologiche adottate e sviluppate dalla collaborazione e le straordinarie potenzialità del rivelatore, che si conferma il più sensibile al mondo nella ricerca diretta di materia oscura, e in generale nella ricerca di diversi eventi rari, assicurando ai Laboratori del Gran Sasso la leadership mondiale in questo filone di ricerca.
“Per comprendere meglio la natura di questo eccesso sarà determinante il potenziamento del rivelatore – sottolinea Marco Selvi, responsabile nazionale INFN dell’esperimento – con la nuova fase chiamata XENONnT”. “Grazie all’aiuto dello staff dei LNGS e del nostro personale sul posto, l’attuale emergenza sanitaria non ci ha mai fermato, solo un po’ rallentato: XENONnT sarà in acquisizione dati entro la fine dell’anno”, sostiene Selvi.
La maggior parte della materia presente nel nostro universo non è la materia ordinaria di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, ma è la cosiddetta materia oscura. Ipotizzata per spiegare fenomeni gravitazionali osservati nell’universo, pur essendo ben cinque volte più abbondante della materia ordinaria e nonostante vi siano molti esperimenti in tutto il mondo che stanno cercando di rivelare le sue tracce, ad oggi la materia oscura sfugge ancora alla conferma sperimentale. Fino ad ora gli scienziati hanno ottenuto indicazioni della presenza della materia oscura solo in maniera indiretta: una scoperta definitiva deve ancora essere realizzata. L’esperimento XENON1T è un rivelatore basato sulla tecnologia dello Xenon liquido, ed ha come principale obiettivo scientifico proprio l’osservazione in modo diretto dell’interazione di particelle di materia oscura con la materia ordinaria che compone il rivelatore. Vi sono varie ipotesi teoriche sulla natura della materia oscura e dunque varie particelle candidate a costituirla. Tra queste le cosiddette WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), che sono quelle ricercate in particolare da XENON1T. Finora l’esperimento ha ottenuto i limiti più stringenti sulla loro probabilità di interazione con la materia ordinaria, su un ampio spettro di possibili masse di WIMP. In aggiunta a questo candidato, XENON1T è sensibile anche ad altri tipi di particelle e interazioni che possono spiegare altri problemi aperti in fisica e astrofisica. Nel 2019, per esempio, sempre con i dati di XENON1T gli scienziati hanno pubblicato in copertina su Nature la misura del più raro decadimento nucleare che sia mai stato osservato direttamente.
XENON1T contiene 3,2 tonnellate di xenon liquido ultra-puro, di cui 2 t sono racchiuse nella zona sensibile del rivelatore. Quando una particella interagisce con lo xenon genera un debole segnale luminoso e libera alcuni elettroni, in questo modo può essere rivelata. La maggior parte di queste interazioni è dovuta a particelle la cui esistenza è nota. Gli scienziati hanno quindi potuto calcolare in modo molto preciso il numero atteso di questi eventi di “fondo”, che è risultato essere il più basso mai ottenuto in un esperimento di questo tipo. Quando i dati di XENON1T sono stati messi a confronto con il fondo atteso, si è osservato un eccesso di 53 eventi rispetto ai 232 che ci si aspettava di osservare. L’eccesso è presente soprattutto a bassa energia, al di sotto di 7 keV, ed è dovuto a eventi distribuiti uniformemente nel volume sensibile del rivelatore e lungo il periodo di acquisizione dati.
Trizio. Questo eccesso può risiedere in una nuova sorgente di fondo, non considerata inizialmente nella stima, dovuta a una piccola quantità di trizio. Il trizio, che può essere presente naturalmente in piccole tracce nei materiali, è un isotopo dell’idrogeno che decade spontaneamente emettendo un elettrone con energia simile a quanto osservato. Sarebbe sufficiente anche solo la presenza di pochi atomi di trizio su 1025 atomi di xenon per spiegare l’eccesso osservato. Al momento non ci sono misure indipendenti che permettano di confermare o confutare la presenza di trizio nel rivelatore, quindi una risposta definitiva a questa spiegazione non è ancora possibile.
Assioni solari. Un’altra spiegazione, molto più eccitante, potrebbe essere l’esistenza di una nuova particella. Infatti, l’eccesso osservato ha uno spettro energetico simile a quello previsto nel caso di assioni prodotti nel Sole. Gli assioni sono una ipotetica particella proposta per spiegare una particolare simmetria nelle interazioni nucleari forti (cioè le forze che tengono assieme i nuclei degli atomi), e il Sole potrebbe essere una potente sorgente di queste particelle. Gli assioni solari non sono candidati a costituire la materia oscura, ma la loro scoperta segnerebbe la prima osservazione di una classe di particelle ben motivata teoricamente e ancora mai osservata, con un grande impatto nella comprensione della fisica delle particelle e dei fenomeni astrofisici. Se fosse confermato, questo risultato avrebbe un grande impatto anche per la ricerca di materia oscura in quanto gli assioni, questa volta prodotti nell’universo primordiale, rappresentano un possibile candidato per la sua costituzione.
Momento magnetico del neutrino. In alternativa l’eccesso potrebbe anche essere dovuto ai neutrini, miliardi dei quali attraversano indisturbati il nostro corpo ogni secondo. Questa interpretazione implicherebbe che il momento magnetico del neutrino – una proprietà delle particelle elementari legata al loro spin – sia più grande di quanto previsto dal modello Standard. E ciò sarebbe una forte indicazione in favore di un nuovo modello fisico per spiegare il fenomeno.
Delle tre possibili spiegazioni considerate dalla collaborazione XENON, l’eccesso osservato presenta un accordo migliore con un segnale di assioni solari. In termini statistici, l’ipotesi degli assioni solari ha una significanza di 3,5 sigma, pari a circa una probabilità di 2 su 10.000 che l’eccesso sia dovuto a una fluttuazione casuale del fondo, anziché a un nuovo segnale. Sebbene questa significanza sia piuttosto elevata, non è però ancora sufficiente per concludere la definitiva osservazione degli assioni solari. La significanza delle ipotesi trizio e momento magnetico del neutrino corrisponde a 3,2 sigma, quindi anch’esse sono ben compatibili con i dati sperimentali.
Il contributo italiano. I gruppi INFN, coordinati da Marco Selvi della sezione INFN di Bologna, e guidati da Gabriella Sartorelli (Università di Bologna), Walter Fulgione (INFN-LNGS), Giancarlo Trinchero (INFN-Torino), Michele Iacovacci (Università di Napoli) e Guido Zavattini (Università di Ferrara) fanno parte del progetto XENON1T fin dal suo inizio, nel 2009. I gruppi italiani sono responsabili della progettazione, costruzione e funzionamento del sistema di veto di muoni, all’interno dello schermo di acqua, che è cruciale per la riduzione dei fondi ambientali e di quelli dovuti alla radiazione cosmica residua. Hanno progettato e realizzato le varie infrastrutture presso i LNGS, e guidano il gruppo di simulazione Monte Carlo per la predizione e ottimizzazione delle prestazioni del rivelatore, e per la stima delle varie sorgenti di fondo. Sono coinvolti in diversi aspetti dell’analisi dati che ha portato a questi risultati di XENON1T, in particolare il calcolo del fondo previsto. Inoltre l’INFN è coinvolta anche nell’attuale estensione del progetto, con il rivelatore XENONnT in fase di installazione presso i LNGS. In particolare, i gruppi italiani sono responsabili della simulazione Monte Carlo e della progettazione e realizzazione di un nuovo rivelatore di veto per i neutroni. Partecipano, inoltre, alla purificazione dello xenon, e alla infrastruttura di calcolo dell’esperimento tramite il CNAF.
Il prossimo futuro. In questo momento la collaborazione XENON sta procedendo al potenziamento dell’esperimento ai Laboratori del Gran Sasso: il successore di XENON1T, chiamato XENONnT, avrà una massa di xenon 3 volte maggiore e un fondo atteso ulteriormente ridotto rispetto a XENON1T. Con i futuri dati di XENONnT, la collaborazione XENON si aspetta di scoprire se l’attuale eccesso è dovuto a una semplice fluttuazione statistica, a una nuova componente del fondo, o a qualcosa di più interessante: un segnale di una nuova particella o un’interazione al di là del modello Standard.
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