Luciano D’Alfonso: “Non mi candido alle Regionali del 2013”

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Ai microfoni de L’Opinionista l’ex sindaco della città di Pescara ci parla del suo libro e del suo futuro

PESCARA – Luciano D’Alfonso non si candida alle Regionali del 2013. E’ questa la notizia più eclatante che emerge dalla sua intervista concessa in esclusiva a L’Opinionista, in un locale adiacente al sagrato della chiesa dei Gesuiti a Pescara. L’ex sindaco parla del suo nuovo libro “Le Ragioni dell’Abruzzo”; area metropolitana, la sua idea dell’Abruzzo, tema dell’identità e la posizione di non candidarsi; questi ed altri i temi trattati nella sua lunga intervista.

In occasione della presentazione del suo libro avvenuta al Cinema Teatro Circus di Pescara, durante il suo discorso lei, ha spiegato il perché “Le Ragioni dell’Abruzzo”; affermando ” che vanno ritrovate le ragioni dell’Abruzzo, bisogna fare si che riemerga dove sta la ragione e le Ragioni dell’Abruzzo”. D’Alfonso, quali sono le ragioni dell’Abruzzo?

R – Le ragioni dell’Abruzzo hanno a che fare con i territori e con la qualità della classe dirigente, che deve essere ristabilita. Nella storia dei territori, sia declinata al passato, che al futuro, ci sono le idee che consentono di ritrovare la qualità della classe dirigente e soprattutto di liberare i punti di forza della nostra Regione.

Dal suo libro si intuisce qual è il suo pensiero filosofico incentrato sulla riscoperta dell’importanza cruciale del radicamento territoriale. In che modo l’Abruzzo, può tornare ad essere di nuovo protagonista, in un “area metropolitana”?

R – Nel libro ci si pone un problema e, per la verità, anche nelle riflessioni che hanno facilitato, sia esaminando le risposte fornite all’intervistatore e sia approfondendo le sottolineature durante le diverse presentazioni del libro: in sostanza, c’è bisogno di porsi la domanda sull’adeguatezza dell’attuale organizzazione istituzionale e territoriale interna all’Abruzzo e dell’attuale organizzazione istituzionale esterna ai territori dell’Abruzzo.

Noi, ci ritroviamo con un architettura istituzionale e territoriale che è sostanzialmente quella ereditata con l’Unità d’Italia.

Con il libro si pone sul tavolo un contributo per alimentare una riflessione moderna all’altezza delle questioni.

C’è la consapevolezza che la storia dell’Abruzzo non è raccontata soltanto dalle vicende della città capoluogo di Regione, o dalle vicende delle quattro città capoluogo di Provincia, ma la storia dell’Abruzzo esige protagonismo delle cosiddette città distretto e “territorio” come sono: Sulmona, Avezzano, Vasto, Ortona, Lanciano, Giulianova, Atri, la Val Vibrata, Penne, Scafa, Popoli, la piana del Cavaliere, Castel di Sangro; sono tutte realtà queste che consentono di cogliere (al pari del ruolo specifico svolto e realizzato dalla montagna, dai piccoli comuni e dall’entroterra) e declinare davvero il contenuto di funzionamento della comunità della Regione Abruzzo.

Con il passare dei decenni, ma si potrebbe dire di un intero secolo, noi dobbiamo ripensare all’organizzazione delle istituzioni e dei territori, tenendo a mente che ci sono delle differenze di capacità di funzionamento e ci sono delle differenti richieste di servizi da erogarsi.

Per esempio c’è una specifica questione riguardante l’area metropolitana, nel rettangolo strategico Chieti – Pescara, da non separare rispetto all’immediato importante circondario, perché non c’è nessuna soluzione di continuità tra queste due città capoluogo di Provincia e le estensioni dei significativi comuni collocati nelle vicinanze. Va scattata una nuova fotografia e va realizzata una nuova organizzazione istituzionale andando molto oltre l’insediamento di un trono di antico conio come qualche volta riaffiora nel dibattito giornalistico.

Va insomma pensato al grande ruolo, che deve essere svolto dall’ammodernamento dei trasporti e delle possibilità di mobilità trasportistica; c’è ne una che è straordinaria che è quella garantita dal ferro, cioè dalla ferrovia.

Se io rendo possibile la velocità, la qualità e la comodità dei trasporti, vengono superate le barriere coincidenti con le mura che fino ad oggi hanno confinato e costretto le città esistenti; noi dobbiamo consentire ai flussi relazionali, che mettono insieme le città e scavalcano l’antica organizzazione istituzionale di poter correre, decorrere e aiutarsi reciprocamente.

Perché nei fatti l’Abruzzo è un’unica città, è un’unica organizzazione che però deve essere articolata secondo le modalità che più sono corrispondenti.

A questa altezza si sostanzia lo sforzo della elaborazione politica e della strutturazione innovativa istituzionale.

Dal libro emerge, che più di un nuovo trono ad effetto, un nuovo potere verticale inconcludente, occorre il pensamento di una struttura a rete orizzontale, capace di accogliere dentro di sé pattiziamente tutto quanto di vitale si movimenti e, soprattutto, facilitandone i flussi.

Lei ammira molto la gestione socialista della Catalogna, della Baviera, tutti riferimenti trattati nel suo libro. Quali risorse mancano alla nostra Regione, affinché diventi in un futuro prossimo come quelle regioni europee da lei citate?

R – Innanzitutto dobbiamo abituarci a stabilire un algebra delle priorità che viene sostanziata da un’agenda precisa di cose da fare, di obiettivi da raggiungere non negoziabili sull’altare delle invidie di partito, delle gelosie del teatro della politica.

C’è un agenda di priorità che deve costituire l’interesse regionale, al di là della maglietta indossata, concentrandoci sugli obiettivi stabiliti da questa agenda delle priorità, qualunque sia il decisore, per andare avanti e non per bloccare, impaludare o marciare all’indietro.

La seconda necessità riguarda l’assunzione di una competenza all’altezza, nutrita da cultura politica, economica ed istituzionale, per riuscire ad osare rispetto alla sopravvenuta gigantesca risorsa normativa tra le mani degli amministratori delle istituzioni territoriali; è vero che con il nuovo vincolo di Bilancio intervenuto con la nuova Europa, si è ridotta la quantità delle risorse finanziarie a rubinetto, ma sono aumentate le risorse normative e le connesse risorse finanziarie a progetto, per riutilizzare le quali c’è bisogno di cultura politica, economica, istituzionale, di competenza vera; c’è bisogno in una parola di avere a disposizione le idee.

Luciano D’Alfonso: immagina un Abruzzo che cerca di essere più grande possibile, proiettato fuori di sé, capace di fare alleanze e sviluppare progettualità in due dimensioni molto raccordate tra di loro: l’Europa che dall’Atlantico finisce nei Balcani e in Anatolia trovando in Abruzzo una specie di ponte decisivo; l’aggregazione “locale” che costituisce questo ponte, quindi Abruzzo, Molise e Marche, un’area in cui possono venire pianificate operazioni grandiose solo dentro uno sforzo di collaborazione. Come e in che modo può avvenire tutto ciò?

R – L’Abruzzo si deve “pensare contesto”, non si può “pensare solitudine”; l’Abruzzo si deve pensare contesto territoriale di grande aerea, contesto territoriale della macro regione adriatica, ovvero si deve pensare Europa.

Nella solitudine si soddisfa l’impulso egoistico ma non si favorisce la capacità di funzionamento di un territorio; è soprattutto la risposta alla domanda di crescita e di sviluppo quella che occorre!

Noi dobbiamo porci il nodo di quale relazione stabilire con le nostre prossimità territoriali che sono: dalla parte il Molise, dall’altra le Marche e da un’altra parte ancora il campo elettromagnetico della capitale.

Su tutto questo dobbiamo articolare arricchimenti e armonizzazioni normativi; non può essere che tra una Regione ( intesa come circospezione amministrativa) ed un’altra, ancorché così vicina e prossima, ci siano degli sbilanciamenti così ostativi di dotazioni normative.

C’è bisogno di concepirci fino in fondo un formidabile rettangolo capace di essere piattaforma tra le due Europe: la vecchia Europa che viene introdotta dal Mar Tirreno e la nuova Europa che viene introdotta dal Mar Adriatico.

C’è bisogno di attivare con le Marche ed il Molise una forte cittadinanza, un preciso protagonismo all’interno della macro regione adriatica, che è fatta da tutti i territori bagnati dal Mar Adriatico, perché questo ci consente di portare a casa con successo un dialogo competitivo con Palazzo Chigi e le grandi risorse di Bruxelles; ma per reclamare questo c’è bisogno di sapere esattamente cosa fare, c’è bisogno del contrario della casualità!

Nei suoi discorsi ed anche nel suo libro pone la sua attenzione sul tema della “identità”. Qual è l’identità della nostra Regione e chi sono i miti fondatori della nostra “identità”?

R – Questo è un nodo che per esempio l’elaborazione politica dovrebbe collocare sulla agenda di riferimento della propria cultura politica.

Qual è lo specifico dell’Abruzzo? Qual è il suo mito fondativo? E soprattutto quali sono i suoi padri fondatori?

A me piace molto dare un umile contributo su questo piano, tanto che ci si è costituiti in realtà associative tra persone di buona volontà che hanno soprattutto tempo a disposizione e passione civile per cercare di delineare un contributo su questo piano.

Una cosa che emerge è che ciò che è di “più proprio” della Regione Abruzzo, è il valore della pluralità che viene dai tanti segmenti territoriali e da un modo differenziato di aggregarsi e di rispondere ai bisogni collettivi e, poi, da questa centralità dell’elemento dell’acqua che caratterizza l’Abruzzo.

Non a caso in una bella esperienza di organizzazione istituzionale attorno al 1200 ci fu una strutturazione univoca dell’Abruzzo, attorno all’istituto del “giustizierato” che vedeva Sulmona capitale dell’Abruzzo.

L’individuazione di Sulmona venne fatta a partire dai corsi d’acqua, così come l’Aterno-Pescara ha rappresentato l’elemento differenziante tra il “sopra” e il “sotto” dei territori.

Se all’acqua fluviale si aggiunge la forza dell’acqua del mare si capisce come il tema dell’acqua ha un oggettiva centralità.

Così come va pensato e ripensato il forte dato di appartenenza determinato dalla montagna come elemento di una incontestabile permanenza di uguaglianza a se stessa. La montagna radicalizza l’appartenenza laddove il mare favorisce la relazionalità; su questo mi piacerebbe confrontarmi con i tanti che sanno più di me, per arrivare ad un produttivo cammino di confronto.

Cosa ne pensa dell’attuale “classe dirigente politica”?

R – La riscontro molto impegnata e dotata di tutti i prerequisiti per fare attività politica, a volte con difetti vistosi di esperienza e, per quanto riguarda i risultati, necessitante di almeno altri tre anni.

Attraverso il suo libro “Le ragioni dell’Abruzzo”, lei fa intendere, che sarebbe pronto a candidarsi nel 2013 a ” Governatore” della Regione Abruzzo. Su un noto quotidiano locale è apparsa la notizia secondo il quale, lei starebbe progettando una nuova alleanza nazionale elettorale con l’On. Daniele Toto; con un nuovo partito ” Abruzzo Riformista”. Con una ipotesi che vede candidato Daniele Toto alle elezioni in primavera alla poltrona di Sindaco a Manoppello e tra due anni nel 2013 alla R. Abruzzo. Per lei sarebbe pronto in caso di elezioni anticipate un seggio in Parlamento. D’Alfonso: qual è la verità?

R – Io mi vedo collocato solo in uno spazio di riflessione culturale, non nascondo che coltivo dentro di me passione civile e idee a rilevanza politica.

Una cosa posso assicurare che alle prossime elezioni regionali io svolgerò solo una intensa attività di elettorato attivo; circa l’effervescenza giornalistica di questi giorni, in ordine a ipotetici nominativi di governatori credo si sia trattato di una innocente operazione di lettura di fatti localissimi, avendo in mente la solita eccessiva dietrologia dei piani inclinati.

Può essere vera una iniziale curiosità localissima, non corrisponde affatto al vero il profilo regionale!

Tutto il tempo a mia disposizione lo destino alle letture di storia politica e di storia territoriale, mettendo insieme le attività elaborative altrui da approfondire, che vanno da Quagliariello e Del Debbio a P. Barcellona, da Ornaghi a Cacciari.

In una lettera inviata dal Segretario Nazionale del PD, Pierluigi Bersani ad un noto quotidiano nazionale ha fotografato qual è la situazione attuale dell’Italia. Bersani afferma: ” Nel 2000 la percentuale di poveri era del 22%, oggi è salita al 30%”. “Servono riforme vere: fisco, lavoro e precarietà, conoscenza e welfare liberalizzazioni”. Bersani ha formulato una proposta, che concerne la revisione delle Istituzioni, affronti il federalismo, legge elettorale, conflitto di interessi, giustizia e legalità. Un programma niente affatto ” utopico” visto che la Politica ” deve avere un’idea di cosa è meglio per il Paese” , il tutto definito: Riforma Repubblicana. D’Alfonso, qual è il suo punto di vista?

R – Il mio punto di vista veicola l’apprezzamento nei confronti del migliore “Bersani pensiero” che si sostanzia nella sua rigorosa diligenza, quando affronta i problemi di cammino dell’Italia Repubblicana.

Pubblicato da
Rita Consorte

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