Scelse di suonare lo strumento da lui sempre amato: il violino. Ebbe l’occasione, seppur giovanissimo, di suonare per il Maestro Pietro Mascagni. Gli capitò di suonare dinanzi a Benito Mussolini, appassionato violinista, che gli si avvicinò e presogli il violino lo suonò per qualche istante. Poi Mussolini chiese a Lucio di suonare un inno fascista e infine lo premiò con una medaglia. Nonostante questo incontro Lucio Rossetti non ebbe mai in simpatia il fascismo. Decise così, nel 1934, di far ritorno negli Stati Uniti dove accettò l’offerta di far parte della prestigiosa “Pittsburgh Symphony Orchestra” (vi rimarrà per ben 43 anni). Il suo primo direttore d’orchestra fu Antonio Modarelli e a seguire: Otto Klempererer; Fritz Reiner, Leopold Stokowski, Charles Munch, Erich Leinsdorf, Victor de Sabata, William Steinberg e Andre Previn.
Ebbe un rapporto professionale, particolarmente proficuo, con il direttore d’orchestra Carlo Maria Giulini. Lucio Rossetti oltre che grande violinista acquisì una particolare maestria anche con il mandolino. Gli capitò di esibirsi in concerti per lo Scià e la Regina d’Inghilterra. Il suo ultimo impegno professionale come violinista, aveva settantacinque anni, fu quello di accompagnare Luciano Pavarotti. Dopo essersi ritirato dalla “Pittsburgh Symphony Orchestra” insegnò pianoforte, chitarra, violino e fisarmonica a innumerevoli studenti, alcuni dei quali realizzarono carriere di successo come musicisti professionisti. Sposò Rose Nese dalla quale ebbe tre figlie: Niya, Juliet e Gizell. Lucio Rossetti morì, ultra centenario, in Pennsylvania il 22 marzo del 2018.
A cura di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”
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