All’appuntamento di martedì 2 aprile sarà presente anche il professor Gianfranco Viesti, dell’Università di Bari
PESCARA – Esiste il rischio che le iniziative in corso sulla cosiddetta autonomia differenziata di alcune Regioni italiane possano concretizzare una “secessione dei ricchi”? É possibile che la coesione nazionale venga meno, alla fine di questo percorso? E quali conseguente potrebbe provocare sulla nostra regione e sul sistema delle imprese un percorso come quello avviato? Sono alcune delle domande al centro di uno dei temi di più grande interesse dell’agenda politica, al centro della tavola rotonda organizzata dalla CNA Abruzzo e in programma domani pomeriggio a Pescara, nella sala convegni delle Torri Camuzzi, in via Filomena delle Castelli, con inizio alle 16.30.
Al dibattito, coordinato dal direttore di ReteOtto, Carmine Perantuono, con il direttore regionale della confederazione artigiana, Graziano Di Costanzo, prenderanno parte due ospiti d’eccezione: il neo presidente della Regione, Marco Marsilio, e il professor Gianfranco Viesti, dell’Università di Bari. E si deve proprio a quest’ultimo, economista assai conosciuto a livello nazionale, ed autore di diversi saggi ed articoli sul tema, di aver lanciato da tempo un campanello d’allarme sull’argomento delle autonomie regionali, a cominciare dal percorso istituzionale che dovrebbe portare all’approvazione del nuovo assetto: «Quello scelto – argomenta Viesti – prevede che il Governo concluda un’intesa con ciascuna delle Regioni coinvolte (si tratta di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ndr) che ne hanno fatto richiesta. Intesa poi sottoposta alle Camere, che non hanno però la possibilità di entrare nel merito dei suoi contenuti ed esprimere indirizzi; possono solo approvarle, con un voto a maggioranza degli aventi diritto, o respingerle».
In ballo, però, oltre al percorso istituzionale, ci sarebbero soprattutto questioni di sostanza, con conseguenze importanti a carico di cittadini e imprese se il modello di autonomia scelto finisse per comportare (come tutto lascia supporre) anche rilevanti modifiche nelle quote di trasferimenti dallo Stato verso le Regioni. Perché se la torta da dividere resta la stessa, ma la dimensione delle fette assegnate ad ogni territorio si modificano, la ricadute su alcuni importanti servizi – sanità e scuola in testa – diventano inevitabili. Con la possibilità tutt’altro che remota di perdere la loro natura nazionale, fino a prefigurare sistemi regionali di volta in volta di “serie A” o di “serie B”. E lo stesso accadrebbe in altri campi, con prevedibili conseguenze anche sull’economia e il sistema delle imprese.