Alle 7.30, ho chiamato il mio Avv. Carlo Benedetti, dandogli mandato di avviare immediatamente tutti i passaggi utili e necessari per fare ASSOLUTA chiarezza , immediata, al fine di tutelare sia la mia onorabilità personale, sia il mio operato di Sindaco in questi drammatici anni.
Ma, a questo punto, devo fare una riflessione politica, tornando ancora sulle dichiarazioni, allarmate, che da giorni sto rilasciando.
C’è un clima molto, molto strano in Città, che non esito a definire da strategia della tensione.
La strategia della tensione, per chi la ricorda avendo vissuto quegli anni drammatici, era quella dello scoppio di una bomba, dell’annuncio di altre. Era difficile vivere, fare attività politica, sindacale, giudiziaria. Era una cappa soffocante.
Dall’inizio di settembre, in città, girano voci pesanti, che delineano un quadro di clima sudamericano, di gravi tensioni in molte istituzioni, comprese il Comune, ma non solo.
Dal 17 settembre ha cominciato a girare, sempre più insistente, la voce di avvisi di garanzia nei miei confronti, di dossier su miei intercettazioni in mano ad alcuni giornalisti e giornaliste.
Ancora cominciano a girare voci su altri dossier riguardanti altri personaggi.
Ancora una volta ringrazio la Procura della Repubblica per il lavoro minuzioso, certosino che sta conducendo. Trovo in molte inchieste anche aspetti che oltre tre anni fa io stesso avevo segnalato sia alla procura che alle forze dell’ordine, alle quali ho persino consegnato personalmente nomi di cittadini che nell’ambito della ricostruzione privata si sono comportati male. Nomi segnalati da imprese al Sindaco, che è pubblico Ufficiale.
Così come registro indagini e processi su documenti che io stesso ho inviato alla Procura, anche inerenti anche all’attività del Comune.
E nutro ancora una volta rimpianto e rabbia per il fatto che subito dopo il sisma i governi, l’allora commissario, il capo della struttura tecnica di missione, lo stesso Ministro Barca, e da ultimo questo Governo in occasione del decreto Enti Locali, non abbiano accettato le nostre proposte e richieste di regole più chiare, più precise, più nette nell’ambito della ricostruzione privata. Ultima la vicenda delle White List negateci.
Ma oggi l’attività della Procura, che giustamente indaga anche nei confronti del Comune e delle nostre persone, corre il rischio di essere strumentalizzata, dando un’immagine negativa su tutta la città, i cittadini e la ricostruzione.
Ci sono certamente persone, progettisti, amministratori di condominio, imprese, funzionari pubblici, amministratori che si sono comportati male, sia illegalmente, sia moralmente.
Ma non credo ad un sistema L’Aquila.
Il sistema L’Aquila è quello che ha permesso che questa ricostruzione, grazie alla tanto vituperata filiera ed oggi al lavoro dell’USRA , costasse ben il 20% di meno di quanto preventivato. Abbiamo già risparmiato, rispetto alle richieste pervenute dai progettisti in sede di presentazione dei progetti, oltre 250 milioni, cifra enorme. Il sistema L’Aquila è quello che ha visto la resilienza dei cittadini, i loro sacrifici pur di non far sparire l’Aquila dalla carta geografica. Il sistema L’Aquila è quello che ha visto i nostri bambini, che vivevano in quei mesi drammatici sulla costa, alzarsi la mattina alle 5,30, per venire a frequentare le lezioni all’Aquila, per poi tornarsene a Pescara, Tortoreto, Roseto, Francavilla, Pineto.
Il sistema L’Aquila è quello che dal 1.1.2010 ha ricostruito il 95% delle periferie, facendo rientrate oltre 42 mila sfollati in case ricostruite anche totalmente. Il sistema L’Aquila è quello che sta ricostruendo, a partire dal marzo 2013, il centro storico, e che si appresta a vedere pubblicato il 13esimo elenco.
Il sistema L’Aquila è quello che ha visto gli aquilani prendere anche le botte a Roma e battersi per avere i finanziamenti, allorquando eravamo rimasti soli.
Il sistema L’Aquila sono anche i 355 dipendenti comunali, che si stanno massacrando per reggere la sfida.
Questo clima di tensione, è legato alle prossime elezioni. E’ partito in anticipo, e vede molti protagonisti in campo, con interessi trasversali, a volte opposti. Una macchina del fango, tesa a riportare a galla interessi e gruppi che a fatica la Città sta cercando di arginare.
Ci può stare, fa parte di un gioco che in Italia ormai si pratica in dispregio sia dei diritti costituzionali, sia di regole e norme stringenti, anche con complicità pesanti ed impensabili.
Personalmente non ho alcun problema. Per me è sempre valida la frase di Romano Prodi a proposito delle intercettazioni. “Male non fare, paura non avere.”
Ma qui il problema è l’immagine della nostra città e della sua ricostruzione agli occhi del Parlamento, del Governo, dell’Italia e dell’Europa, dalla quale dipende anche la nostra credibilità per continuare ad avere le risorse normative e finanziarie per andare avanti.
Cosa è necessario allora?
Primo interrogarsi e capire cosa sta avvenendo, cosa sta succedendo all’Aquila in queste settimane. E’ un dovere di tutti, scavando a fondo su tutto.
La seconda cosa è che la magistratura inquirente vada avanti, indagando in ogni piega della ricostruzione, pubblica e privata, ma anche su eventuali illegali (reato gravissimo) sottrazioni di intercettazioni ed altri atti giudiziari.
La terza, la più importante, è che si celebrino al più presto i processi, si pronuncino sia i Giudici delle udienze preliminari, sia i giudici dei processi definitivi.
L’inchiesta “do ut des” lo scorso anno, scatenò la stampa nazionale, che arrivò addirittura a definire gli aquilani un popolo di magna magna.
Questa cosa ha lasciato una ferita terribile nel mio cuore di aquilano che ha vissuto, con gli altri, la nostra tragedia.
Abbiamo bisogno di verità. Abbiamo bisogno di capire se c’è chi ha sbagliato, che dovrà essere punito severamente (il Comune è parte civile) o se gli indagati sono innocenti. E questo è decisivo per tutte le inchieste in corso. Non possiamo continuare a vivere in questa atmosfera nebbiosa, che nasconde quanto di buono e di positivo la comunità ha fatto.
Lo chiedo da italiano che crede, profondamente, nelle istituzioni e nella giustizia. Gli aquilani chiedono di sapere, perché sanno, nella stragrande maggioranza, di poter andare a fronte alta di fronte al paese a raccontare della loro tragedia e di come, per lo più da soli, l’hanno affrontata”.
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