L’AQUILA – “Come avevo anticipato nei giorni scorsi l’inopportuno intervento del Presidente D’Alfonso, emulo di Erdogan, di impedire ai dirigenti e funzionari di partecipare alle audizioni delle Commissioni consiliari, compresa la Vigilanza, si è rivelato un clamoroso autogol che anticipa quasi certamente una ennesima e patetica retromarcia”.
“La decisione dell’onnipresente D’Alfonso ha sollevato le proteste non solo della opposizione, in primis del sottoscritto, ma anche della maggioranza e abbiamo dovuto registrare l’intervento a gamba tesa del presidente del Consiglio Di Pangrazio, che in virtù del ruolo ricoperto non ha potuto assecondare il tentativo del presidente della Giunta di imporre il suo predominio assoluto sulla macchina organizzativa. Con una lettera datata 3 ottobre infatti, Di Pangrazio si è visto costretto a correggere il tiro del suo presidente ricordandogli che alla luce dei nuovi dettami statutari la previsione di una procedura in base alla quale per le audizioni in Commissione sia il Presidente del Consiglio a fare richiesta al Presidente della Giunta, appare NON pienamente rispettosa della prerogativa attribuita dallo Statuto alle Commissioni. Siamo di fronte a un’azione di lesa maestà? O più realisticamente D’Alfonso, spinto da un momento di ingiustificata ‘esaltazione politica’, ha pensato di ergersi al di sopra di tutto e tutti, compreso lo Statuto vigente?”.
“E’ bene sottolineare che lo stesso giorno, il 3 ottobre, il Vice Presidente del Consiglio Paolo Gatti era intervenuto scrivendo a Di Pangrazio per invitarlo a far rispettare le regole vigenti che “non possono essere derogate in alcun modo, men che meno, attraverso circolari o direttive di qualsiasi altro organo”, anche se a firmarle – conclude Febbo – è niente meno che Lucianovunque”.
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