Michele Francesconi, Paolo Ghetti e Carlo Alberto Cane
vali propongono un programma del tutto particolare. Il repertorio del trio è formato, infatti, da brani originali composti da musicisti italiani emergenti, tra gli altri Mauro Negri e Stefano De Bonis. Un invito, chiaro e determinato, “a credere sempre di più nell’inventiva compositiva dei jazzisti italiani”, come afferma il pianista nel presentare la formazione.Da questo il nome del progetto: Recital, appunto. Un programma pensato e diretto per inquadrare e mettere a fuoco la pratica della composizione, per dare valore allo spirito e all’inventiva degli autori scelti.
Il materiale, vario per provenienza, assume una identità propria e personale nell’ispirazione e nel lavoro di arrangiamento del trio: musicisti esperti, protagonisti di importanti collaborazioni a livello italiano e internazionale, naturalmente disposti alla contaminazione dei linguaggi e in grado di sintetizzare, nelle improvvisazioni, le proprie esperienza musicali e le nuove strade del jazz. Recital, il disco del trio, è stato pubblicato nel 2008 dalla Wider Look.
Il prossimo appuntamento con Sabato in Concerto Jazz è per sabato 20 febbraio 2010 con il concerto del Carmine Ianieri Quartet.
MICHELE FRANCESCONI – Diplomato in pianoforte al Conservatorio di Rovigo con il massimo dei voti e la lode. Diplomato in musica jazz presso il Conservatorio di Trento nella classe di Franco D’Andrea. Ha frequentato i seminari di Siena Jazz, Umbria Jazz e Nuoro Jazz, negli ultimi due vincendo una borsa di studio. Ha frequentato una masterclass tenuta da Enrico Pieranunzi e ha studiato privatamente con il musicologo Luca Bragalini.
Ha insegnato per 9 anni presso il centro di musica moderna Music Master di Faenza.
PAOLO GHETTI – Nato a Forlì nel 1966, approda al contrabbasso ed alla musica jazz dopo essersi dedicato al clarinetto e al basso elettrico. Nel corso della carriera artistica si è esibito in importanti festival e rassegne: Ginevra, Barcellona, Madrid, ‘91 Ravenna “Mister Jazz” (P. Metheny & P. Erskine), Vignola “Jazz in it”, Fano Jazz, “Umbria Jazz” (M. Tamburini), Nancy, “Siena Jazz”, Urbino, Stoccolma, Porto Azzurro (L. Konitz), Volterra, Ferrara, Cagliari, “Veneto Jazz“, Instanbul, Parigi, Teatro dell’Opera di Roma, Palermo (C. Walton), Torino (C. Escoudè), Fenice di Venezia, “Barga Jazz”, La Spezia, Padova, ’03 Ravenna “Mister Jazz” (P. Metheny), Chieti, Campobasso, Napoli, Roma, Barcellona, Lisbona, Lillehamer (Norvegia), etc.
Attualmente collabora con lo Stefano Battaglia Theatrum Trio.
Dal 1992 è titolare della cattedra di batteria presso il Centro Didattico Musicateatrodanza (CDM) di Rovereto (TN). Dal 2004, presso la medesima scuola, è docente del corso triennale di qualificazione professionale.
– È proprio vero che bisogna sempre più credere nell’inventiva compositiva dei jazzisti italiani?
R – Assolutamente. Soprattutto bisogna saper cogliere le buone idee, dove ci sono, e avere l’umiltà e il coraggio di riproporle in una veste nuova anche se non le hai scritte tu.
– “Recital Trio”: come nasce il progetto e di cosa si tratta esattamente?
R – Il progetto nasce proprio dalla voglia di proporre musiche che in partenza avessero una forte identità ma sapendole reinterpretare secondo il gusto del trio. In questo senso si tratta di un Recital perchè, come di solito avviene nei cartelloni della musica colta, un interprete si confronta con le opere di altri compositori. Nel caso jazzistico però il lavoro di arrangiamento e direi anche di “editing” in alcuni casi porta a risultati a volte molto diversi dall’idea originale del compositore. E questa a mio avviso è una buona cosa.
– Parlando del suo passato cosa può dirci dell’esperienza formativa nei seminari di Siena Jazz, Umbria Jazz e Nuoro Jazz?
R – Ho frequentato Siena Jazz nel ’97, appena diplomato in pianoforte classico, e sono rimasto colpito dall’organizzazione e dalla preparazione degli insegnanti. Più di dieci anni dopo mi sono iscritto a un Master Internazionale tuttora in corso che mi sta dando tantissimo. Siena Jazz è una delle punte di eccellenza culturale in Italia. Ho frequentato anche Umbria Jazz nel 2001, e lì i corsi sono strettamente collegati con il Festival, che è una realtà storica. Di Nuoro posso dire benissimo perchè Paolo Fresu è, oltre che un musicista eccezionale, anche un grande organizzatore e dà spazio ai giovani. A mio avviso tutte e tre sono tappe obbligate per chi vuole studiare e conoscere il jazz in Italia.
– Carriera di artista ma anche di docente. Quanto è importante per lei l’insegnamento e cosa dice spesso ai suoi allievi?
R – L’insegnamento rappresenta almeno un terzo della mia idea di essere musicista. L’insegnamento con gli anni diventa sempre più bello, profondo e formativo. A un livello alto il docente è come un artigiano che lavora nella sua bottega: si confronta con gli allievi più avanti, discute con loro e lascia che poi ognuno trovi la sua strada e il suo stile.
– Cosa può dirci dell’attuale panorama del Jazz in Italia? Possiamo essere ottimisti per il futuro?
R – Io sono molto ottimista. Vorrei solo che ci fosse una nuova generazione di direttori artistici che valutasse più attentamente TUTTE le proposte del panorama musicale senza dare spazio solo a quei dieci nomi che popolano spesso i Festival. Vorrei si fosse più attenti ai progetti e meno ai performer. In questo senso nel mio piccolo cerco di farlo con un jazz club a Faenza, la città dove sono nato, che si chiama Zingarò.
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