Nella splendida interpretazione di Susanna Costaglione un testo elaborato a partire da Herman Melville e Alessandro Baricco. Musiche originali di Pierfrancesco Speziale. Musiche in scena di Marco Di Blasio
POPOLI – Dopo il grande successo di Aquamores, l’evento ispirato agli Amores di Ovidio e ambientato nella Riserva delle Sorgenti del Pescara a Popoli, debutta il prossimo 12 Agosto a Sirolo nello splendido scenario del Teatro Cortesi il nuovo spettacolo del Drammateatro Moby Dick, con la regia e l’elaborazione drammaturgica di Claudio Di Scanno ispirata dal grande romanzo di Herman Melville e dalle Tre scene da Moby Dick di Alessandro Baricco. La cornice è la Rassegna di spettacoli legata al Premio Nazionale Franco Enriquez in svolgimento nella bella località della Riviera del Conero.
Nella forma del monodramma d’attrice, lo spettacolo di Di Scanno focalizza la sua attenzione sui personaggi centrali dell’opera di Melville, il Capitano Achab e quindi Ishmael, unico superstite della tragedia della baleniera Pequod e che nel tempo dello spettacolo si rivelerà nella sua essenza di Doppio, forgiando e confondendosi sulla scena con la figura dell’autore del romanzo Herman Melville. Dopo l’esperienza di Pescara del 2019, un progetto speciale dell’Ente Manifestazioni Pescaresi per il Pescara International Arts Festival con debutto al Teatro Monumento D’Annunzio e con in scena 11 attori, lo spettacolo risente del periodo di restrizioni determinate dal Coronavirus che ne determina l’impossibilità di una ripresa.
Claudio Di Scanno decide così di rimodellare la drammaturgia per farne un monodramma d’attrice in musica, affidando a Susanna Costaglione e al musicista Marco Di Blasio, artisti che con il regista pescarese condividono da alcuni decenni il lavoro nel Drammateatro, il compito di metterne in vita l’idea scenica. Seppure in grado di essere nella storia e di narrare la leggenda della Balena Bianca attraverso la concatenazione dei nuclei tematici e degli episodi scelti dal romanzo di Melville, integrati in questa seconda versione da alcuni brani tratti dalle Tre scene di Moby Dick di Alessandro Baricco, lo spettacolo si sviluppa nella relazione, a volte straniante, tra Ishmael e Achab, qui presente come evocazione e fantasma, proiezione stessa dell’immaginario melvilliano. Ishmael è il sopravvissuto alla tragedia della Pequod, quindi colui che può raccontarla. Da qui l’intuizione drammaturgica di identificarlo con lo stesso Melville e configurare l’identificazione tra l’autore e il protagonista del romanzo, rivelandone in una progressione affascinante ed entusiasmante il viaggio iniziatico di Ishmael verso la conoscenza e le profondità dell’essere umano. Spettacolo in musica, dove la consolidata esperienza di una attrice come Susanna Costaglione, capace di registri e variazioni vocali formidabili e di una presenza scenica potente, si fonde con l’altrettanto consolidata presenza della musica drammaturgica di un musicista polivalente come Marco Di Blasio, capace di passare dalla fisarmonica al bandoneon, da un pianino giocattolo ad effetti sonori sorprendenti. Per la versione 2019 di Moby Dick a Claudio Di Scanno è stato conferito il Premio Nazionale Franco Enriquez – Città di Sirolo 2020.
Ogni opera letteraria cela (e nel tentativo paradossale di nasconderla la rivela) la biografia del suo autore, La dispiega nascostamente, ne traccia i segmenti narranti, ne concatena i nuclei di senso che prendono forma dentro e intorno al racconto, alla storia, alla leggenda. E’ essa una biografia dell’essere, colta nelle pulsioni e nelle inquietudini che sostanziano la scelta di scrittura e che si dispiegano inesorabilmente sottotraccia, o meglio sott’acqua dato che qui si tratta di mare, di navi e di balene. Moby Dick è la leggenda dell’ossessione, quella del Capitano Achab che nella vendetta trova e sceglie lo strumento contraddistintivo della caccia d’antan alle balene, l’arpione che vuole uccidere per dominare una natura misteriosa, indomabile, capace di affermarsi nell’immaginario come dispensatrice di manifestazioni cosmiche enigmatiche, misteriose, finanche soprannaturali. Ishmael è il Melville della narrazione, l’autore che sceglie Achab come simbolo supremo della perturbante quanto irrefrenabile spinta al dominio della natura e dei suoi misteri, di quell’ignoto subacqueo che vuole scoprire per dominarlo, complice la vendetta per l’offesa subita e di cui il corpo e la stessa mente portano i segni, a ineluttabile espressione di quella essenza fondamentale che disegna l’Essere complesso e profondo. Così, nel gioco di Doppi e Rispecchiamenti se Ishmael racchiude nella sua figura l’autore, è anche vero che lo stesso autore ha la necessità irrinunciabile di creare una figura che gli faccia da specchio deformante. Per questo Achab, come veicolo narrativo, e per questo Ishmael come personaggio che funga da veicolo relazionale con il “mostro” Achab e cioè il personaggio che solo attraverso l’ossessione irrefrenabile può immergersi negli abissi profondi, dell’oceano e della esistenza.
Merlville/Ishmael sceglie Achab perché ha la necessità di esplorare l’eccesso che il personaggio esprime e rappresenta nella scena del romanzo leggendario. Così, la caccia della Pequod a Moby Dick diventa per lui, per Ishmael/Melville, lo spazio tempo utile alla conoscenza, un viaggio iniziatico che mentre solca orizzonti oceanici scava nel profondo: nel profondo del mare che cela la vita misteriosa di Moby Dick; nel profondo dell’animo umano dove prendono forma le più ostinate pulsioni di Achab, le sue ossessioni di vendetta ma anche il rimorso struggente per l’abbandono della moglie bambina. E se Ishmael/Melville traspone nel personaggio di Achab le stesse inquietudini che muovono il suo viaggio iniziatico alla scoperta della conoscenza, dei misteri del mare e dell’uomo, il lungo work in progress di scrittura che informò la stesura del romanzo non poteva allora e non può oggi estrarsi da una ragionevole implicazione: la coraggiosa seppur trasposta identificazione.
É, forse, la creazione del vero “mostro” non riguarda la Balena Bianca, che aveva già profondamente segnato la memoria del corpo e dell’anima di Achab, ma Achab stesso, ed è ciò che infine segna e spaventa Ishmael/Melville. Un mostro che ha a che vedere con le profondità oceaniche dell’essere, con una natura che può sfuggire al controllo perché può generare energie sconosciute capaci di muovere verso inquietanti estensioni delle possibilità umane. Un mostro che sconfina e si estrae al controllo della ragionevolezza e della misura, per trasformarsi senza soluzione di continuità nella folle corsa verso l’abisso. Forse tutto questo aveva intuito e progressivamente maturato Melville nel corso dell’opera, finanche vivendo dentro di sé la premonitrice percezione di morte che l’oramai sfuggente e incontrollabile personaggio del romanzo, il Capitano Achab, gli provocava. Lo sapeva già, fin dall’inizio della scrittura del romanzo? Lo aveva intuito nel rischio di misurarsi con l’ignoto? E perché quella bara misteriosa, inspiegabile, celata fin dall’inizio per tutto il viaggio giacchè di norma i morti in mare venivano gettati ai pesci? Una ben macabra e anomala scialuppa di salvataggio, metafora galleggiante anch’essa, contenitore di corpi in disfacimento e di anime per chi vuole crederci, e sulla quale lui e lui solo si salverà, metafora in miniatura del destino della baleniera Pequod , anzi della leggenda del Pequod, Ciò che consentirà ad Ishmael/Melville di salvarsi dal naufragio della speranza riposta nella conoscenza, laddove il “mostro” Achab aveva preso il sopravvento, sfuggendogli di mano, costringendolo ad inseguire egli stesso, creatore del Doppio perturbante, la devastante ossessione della fin troppo banale vendetta.
Perchè non di sola vendetta si nutre la leggenda. E ancora torna la biografia dell’autore, la quale disegna i legami del destino spesso comune con i “mostri”, belli o brutti che siano e che popolano la sua vibrante immaginazione. Come scrive Fernanda Pivano, “Se la Balena Bianca è stata presaga di morte per i suoi cacciatori, pare sia stata soprattutto presaga di rovina per il suo cantore. Pare che solo raccontandone la storia, solo intaccando in una inafferrabile profanazione la sua misteriosa, arcana entità, Melville sia stato bruciato come un Icaro che si fosse accostato troppo da vicino ad un sole fatto di realtà crudele. Come il Capitano Achab rimase impigliato fra i ramponi della sua mortale nemica, Melville fu punto in vita dalla ingiustizia inconoscibile in cui cercava di frugare. Fu la morte a svincolarlo da questa punizione, affidando all’eternità la sua grande voce, in un messaggio di speranza nel quale va avvolta la sua tragica esistenza”. Lo spettacolo è una produzione del Drammateatro post lockdown da Coronavirus, ed ha il sostegno del Comune di Popoli, del Centro Studi Drammaturgici Internazionali Franco Enriquez e dell’Ente Manifestazioni Pescaresi.