MONTESILVANO – Si chiama “Immi” l’opera che Graziano Fabrizi ha donato alla città di Montesilvano e che oggi è stata ufficialmente inaugurata. L’installazione di 30 mq è stata posta sulla parete est della stazione ferroviaria, lungo via Spagna.
«Questa opera nasce con un intento preciso – spiega l’artista Graziano Fabrizi -: preparare i fruitori all’esperienza della street art. Ecco perché prima di arrivare all’installazione abbiamo coinvolto le scuole di Montesilvano, Pescara e Penne e gli studenti, presenti oggi, trattando il tema del diritto alla vita. Immi vuole essere il punto di inizio per un dialogo ogni qualvolta si parla di diritto alla vita».
Immi è un’opera interattiva. Attraverso il sistema del Qr code è infatti possibile ascoltare la lettura dell’artista, affidata alla voce di Alessandra Relmi, ma anche quella di 14 testimoni.
«In questi giorni di realizzazione e preparazione dell’opera – continua Fabrizi – ho trovato tanti amici, scrittori, docenti, architetti, che si sono uniti al progetto, per puro spirito di condivisione, e proposti come testimoni di Immi, dando una loro interpretazione dell’opera che può essere ascoltata dai fruitori».
«Immi è un’altra declinazione del progetto di rigenerazione urbana per mezzo della street art che stiamo portando avanti – sottolinea il presidente della Commissione Cultura Alessandro Pompei -. Anche in questo caso, il lavoro fatto nell’ultimo anno e mezzo per portare l’arte sul nostro territorio è stato riconosciuto e ha indotto un grande artista di Montesilvano, Graziano Fabrizi, a mettere a disposizione della città un’opera d’arte cruda e diretta con un messaggio che arriva forte e chiaro. Immi è la seconda opera donata da Fabrizi che lo scorso dicembre ha voluto regalare “Amatevi è gratis”, installazione che si trova in via San Francesco e che con Immi e i murales di tre grandi artisti internazionali creano una vera galleria a cielo aperto».
Alla cerimonia hanno partecipato le classi 1^C e 5^G del Liceo Scientifico C. D’Ascanio di Montesilvano, la 4^A e la 5^A del Liceo Luca da Penne e Mario dei Fiori di Penne e una rappresentanza del Liceo scientifico G. Galilei di Pescara.
Si consuma l’orrore. Un uomo allo stremo delle forze lotta con la sua vita affinché non vinca la morte. Tenta di non far spegnere il lume della speranza, per la sua famiglia, per i suoi fratelli, quelli partiti prima. Immerso tra le onde, queste come pinne di squali affamati, divorano precocemente il primogenito. Il mare se ne nutre, lo culla verso la morte, come nell’ultima danza di un corpo orfano della sua anima, ormai profanato. L’uomo, ancora padre, si racconta in due momenti opposti. Con un occhio piange rassegnato il figlio, con l’altro fissa il cielo nel suo punto più alto, grida, si sgola quasi a tirar fuori gli occhi dalle orbite. Si tiene in gola cercando di trattenere con sé gli ultimi respiri. Sospeso nell’attimo prima che la corrente lo tiri di nuovo giù, in balia di una speranza che stenta a mostrarsi, ma lui è vivo e lotta con le sue ultime forze, si erge dalla superficie dell’acqua, ancora una volta, forse l’ultima. E’ l’attimo che precede l’azione il momento ultimo del lasciarsi andare. Vinto.
E poi lei, donna, disperata, pentita. il suo lo sguardo si divide, la lettura delle scene intrappolate in un’unica iconografia, una sorta di “strabismo di coscienze”. L’occhio destro interroga il cielo, con una mano tra i capelli, le urla, atroci, quasi ad udirne lo strazio, il suono stridulo, un gesso alla lavagna, una forchetta tra i denti. Un suono ormai familiare al quale siamo atrocemente abituati. Sacra è madre, con rabbia mostra il corpo del figlio, il suo secondo appena passato a vita. Ucciso dalla terra, che non lo voleva, vittima delle scelte di quei grandi che volevano salvarlo da quegli altri complici, ma non importa. Hanno scelto per lui e per il suo non domani. Ora il mare lo piange e sembra proteggerlo portandolo con sé. Destino, tiranno.
L’occhio sinistro della donna interroga il fruitore, lo tira dentro il dramma, puntando il suo sguardo, prendendo di petto la sua coscienza, mentre una lacrima sembra scenderle in bocca quasi a voler mostrare il rammarico, il pentimento. Lo strazio interroga se stesso, la madre sembra chiedere, perchè? La crudeltà nel destino segnato di un ultimo quadretto di famiglia. Interpreti nell’opera di una scena di dolore, l’insieme come simbolo di storie tutte ugualmente diverse. Soli davanti al proprio Dio, davanti alla propria vita che fa capolino alla morte. Le tinte, piatte dei colori descrivono una realtà nuda, non lasciando spazio a distrazioni non permettendo vie d’uscita. il fruitore è complice perché testimone del tempo in cui vive per questo responsabile. L’opera è piena di vuoti, risultando anch’essa dispersa nello stesso mare di ipocrisia e compianto, smarrita di principi e riferimenti è li come davanti al vuoto. Immi nasce per creare affanno, per denunciare e fermare il tempo nel tempo stesso tra la vita e la morte. Per sentirsi abbandonati e inermi al destino.
Immi, come diritto alla vita. Immi come “I’m” visto allo specchio, Io sono.
Protagonisti di una storia comune, di ruoli differenti in uno stesso mare, l’oggi in cui l’uomo è vittima di se stesso perso nel vuoto di un non senso:
Il suicidio dell’amore.
Nato a Pescara il 19 Maggio 1984, è docente di Disegno e Storia dell’Arte. Vanta collaborazioni artistiche con il Premio Lunezia 2014 e 2015, con il “Il Fatto Quotidiano”. Ha esposto con personali e collettive a Capri, Pescara, Madrid, Roma, Torino e in Islanda.
Alessio Romano (scrittore), Peppe Millanta (scrittore), Leonardo Nodari (giornalista), Natalina Ciacio (dirigente scolastico), Eleonora Dell’Oso (dirigente scolastico), Paolo Talanca (critico musicale), Monica Mariani (docente), Maura Chiulli (scrittrice), Massimiliano Dirodi (docente), Luigi La Guardia (pediatra), don Lorenzo (parroco), Giuseppe Cimmino (architetto), Carlo Cappello (dirigente scolastico), Alessandra Relmi (attrice).
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