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Montesilvano Scrive, Barbara Salvati è la vincitrice di “Una Storia di Natale” Volume 2

da Andrea Colazilli

L’aspirante scrittrice di Lanciano con il racconto “L’uomo che aggiusta la polvere” si aggiudica la seconda edizione del contest letterario promosso dall’Associazione “Montesilvano Scrive”, dall’Accademia del Fumetto di Pescara e dalla Micro Biblioteca Sociale Andrea Pazienza

PESCARA – Si sono chiusi, ieri giovedì 5 gennaio nello scenario del circolo “Overlook” di Pescara, i battenti della seconda edizione del concorso di scrittura “Una Storia di Natale”.

La vittoria è andata a Barbara Salvati di Lanciano che ha gareggiato con lo pseudonimo de “La Vedova Nera”, trionfante con il suo racconto “L’uomo che aggiusta la polvere”. Ai piedi del podio “Natale sotto Spirito” di Andrea De Leonardis e “Racconto di Natale” di Paolo Sola.

Una serata riuscitissima, con il numerosissimo pubblico presente che ha affollato il circolo Overlook di Pescara, dove il presidente di “Montesilvano Scrive”nonchè direttore artistico dell’evento Alessio Romano ha fatto gli onori di casa e che è stata degna conclusione di un contest letterario di successo che ha visto la partecipazione di ben 53 aspiranti scrittori. A sfidarsi, nel “Match d’Autore” di ieri sera, sono stati i 9 racconti finalisti sottoposti al giudizio del pubblico presente e di una nuova giuria di qualità, composta per l’occasione da: OSCAR BUONAMANO, giornalista, scrittore e direttore editoriale; GIOVANNA DI LELLO, direttrice artistica del festival “Il Dio di Mio Padre” dedicato a John Fante; CRISTINA MOSCA, giornalista di diverse testate locali e nazionali e addetto stampa; ENZO VERRENGIA, giornalista, scrittore, sceneggiatore per la radio, la Tv e i fumetti. “L’uomo che aggiusta la polvere” è risultato il più votato dalla giuria, mentre il pubblico in sala ha premiato il secondo classificato “Natale sotto Spirito”; la media dei voti delle due classifiche ha sancito la classifica definitiva.

Durante le operazioni di scrutinio spazio alla “Compagnia della Polvere” che, con Alessio Romano e Christian Carano, ha messo in scena uno spettacolo con letture e musiche ispirate al Canto Di Natale di Charles Dickens.

In chiusura di serata la proclamazione del vincitore con il trionfo de “La Vedova Nera”, che ha ricevuto in premio una cesta di libri autografati con tutti i romanzi degli autori dell’ultima edizione del Festival Montesilvano Scrive. Un riconoscimento speciale è stato inoltre riservato a tre racconti che, pur non avendo raggiunto la finalissima, sono stati ritenuti meritevoli di un premio da parte della prima giuria di qualità che ha votato e classificato tutti i 53 racconti degli aspiranti scrittori in gara. Andrea Sferrella, responsabile della Micro Biblioteca Sociale Andrea Pazienza, ha scelto “Natale calibro 9” di Marco D’Angelo, la giornalista e scrittrice Barbara Di Gregorio ha premiato “Le promesse di Babbo Natale” di Isobel Gowdie, mentre il blogger e scrittore torinese Marco Prato ha votato “Kabul era Gardaland a confronto” di Camillo Chiarieri.

Nel corso della serata, infine, un gruppo di artisti (fumettisti, fotografi e pittori) ha esposto le proprie opere e l’evento ha avuto la finalità di raccogliere fondi per il prossimo contest letterario dell’Associazione Montesilvano Scrive, la seconda edizione di “Racconti contro la Guerra” che verrà organizzato in collaborazione con il Gruppo Emergency di Pescara.

Questo, in conclusione, il racconto vincitore de “Una Storia di Natale” Volume 2.

L’UOMO CHE AGGIUSTA LA POLVERE di La Vedova nera

Non c’è traccia di umanità al Polo Nord, nessuno che vi abiti.

Si narra di un vecchio rosso e barbuto che porta doni in regalo ai bambini la notte di Natale, questo è ciò che la gente sa e che ricorda, questo è ciò di cui si ride la sera della vigilia nella presunta fabbrica di doni, mai esistita, solo raccontata. Perché non si tratta di doni, niente di materiale è mai stato prodotto al Polo Nord. Lo sa bene Rufus, l’elfo porta lettere che ogni giorno si carica di commissioni crude irrisolte e le ordina per gravità, cattiveria, disperazione, sensi unici, offese e sensi di colpa. Le dispone una sull’altra in una fila verticale, che poi diventa orizzontale, obliqua e infine si confonde tra le mille linee che il genere umano è in grado di disegnare con la sola volontà di distruggere. A dicembre non c’è più nessuna fila, nessun ordine, solo un infinito pavimento di carta, di cose dette e non dette, lettere aperte che perdono grigio e fuliggine da tutte le parti. Gli elfi la chiamano polvere.

La stanza delle lettere è un salone di legno rivestito di tappeti dai colori caldi e terrei,un camino sempre acceso e librerie a circondare le pareti, pareti mobili che si allargano ad ogni nuova ondata di gelo terrestre per contenere tutto ciò che viene depositato durante l’anno. C’era un’epoca in cui la stanza era a misura d’uomo, 100 mq che gli elfi ritenevano eccessivi. Col tempo le dimensioni hanno sfiorato quelle di uno stadio calcistico, negli ultimi anni lo hanno oltremodo superato. “Stupida gente indaffarata nel nulla” pensava l’uomo, seduto a gambe incrociate e occhi imbronciati mentre scorreva la pila di fogli, nero su bianco a tracciare strade confuse, e un mucchio infinito di grigio a piangere sui tappeti. Procedeva con gesti cauti e sperimentati nei secoli, raccoglieva quel grigio e lo riordinava come chi raccoglie panni sporchi e li piega a ripercorrere linee esistite ormai estinte. Creava mucchi di grigio educato e lo deponeva in quelle che sembravano palle di natale da appendere all’albero. Prima la fuliggine, poi il grigio più scuro, poi il ghiaccio. C’erano forme di umanità sbagliata di ogni genere: gente sola, gente che tradisce, persone che utilizzano altre persone per dimenticare il proprio passato, scheletri che non entrano negli armadi, scuse mute ,offese silenziose e tanta, tanta polvere.

Rufus entra cauto nel laboratorio di calma e calore, l’uomo sembra accorgersi della sua presenza e gli sorride “ Devi imparare sai, un giorno prenderai il mio posto, non ci sarò per sempre, ma sempre servirà dare un ordine alle cose”.

Rufus lo guarda curioso mentre riempie una palla di grigio: “Ma che fai?”

“Aggiusto la polvere”

“Ed è possibile?”. Conosceva quell’uomo e la sua occupazione da tanto tempo, ma non riusciva ad afferrare l’importanza di tamponare gli errori umani, giacché questi si ripetevano nei secoli in tutti i copioni possibili e pensabili.

“E’ possibile, finché c’è gente che vive su fili sottili, che cammina in bilico sulle proprie storie e si appoggia ad altri, finché gli equilibristi resteranno tali, saltimbanchi del tempo. E’ possibile finché le persone si vorranno ritrovare per sentirsi di nuovo a casa, finché ciclicamente continueranno a sperare che almeno un giorno durante l’anno accada qualcosa di diverso”. Così dicendo l’uomo prende le palle di natale ormai piene e le consegna all’elfo “Queste portale dove sai”. Rufus osserva il suo personale albero, un abete alto con palle piene dei rifiuti del mondo “E’ possibile perché è Natale?”

“No, è perché siamo umani”.

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