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Mostra Alexandra Barth e History Repeats History a Pescara: ecco quando

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Allo spazio urban gallery due appuntamenti con l’arte a cura di Massimiliano Scuderi: il primo il 28, il secondo il 29 febbraio. L’intervista alla pittrice slovacca

PESCARA – Venerdì 28 Febbraio ore 18.30 doppio appuntamento della Fondazione Zimei di Pescara. La prima mostra nasce dalla volontà di condurre un focus su alcuni artisti del centro ed est Europa, visti in un’ottica transgenerazionale. Il tema principale è strettamente legato a due aspetti fondamentali: i linguaggi delle nuove avanguardie fondati sul concettualismo radicale e le assonanze tra ricerche afferenti a contesti culturali diversi. In particolare vengono alla luce alcune caratteristiche comuni derivanti da dialoghi tra individualità forti e indipendenti, aspetto che restituisce la forza di una vera e propria comunità artistica, capace di rafforzarsi a vicenda tra dimensione locale e sistema internazionale. Leitmotiv di tutte le opere in mostra: l’utilizzo di materiali poveri o tratti dalla vita quotidiana. Altro appuntamento è la mostra personale della pittrice slovacca Alexandra Barth in collaborazione con lo spazio urban gallery di Pescara. Figura centrale della Nouvelle Vague di Bratislava, la Barth rappresenta con la sua pittura una nuova figurazione che coniuga la cultura urbana al concettualismo dell’Est, in una dimensione sospesa tra eversione e quotidianità.

Entrambe le mostre sono curate da Massimiliano Scuderi, direttore della Fondazione Zimei e sono realizzate in collaborazione con Phoinix gallery di Bratislava e con lo Slovak Arts Council. Figura centrale della Nouvelle Vague di Bratislava, la Barth rappresenta con la sua pittura una nuova figurazione che coniuga la cultura urbana al concettualismo dell’Est, in una dimensione sospesa tra eversione e quotidianità. Di seguito l’intervista di Scuderi all’artista.

Massimiliano Scuderi: Che approccio hai alla pittura? Ti riferisci ad un altro quadro nella storia dell’arte o al contesto in cui vivi?
Alexandra Barth: Molto è legato al luogo dove vivo. Petržalka è la più grande area residenziale di Bratislava, prima della seconda guerra mondiale in tedesco si chiamava Engerau. Venne realizzata molto velocemente dal regime comunista, con grandi blocchi di edici.

MS: Ti chiedo del contesto riferendomi ad un libro di Igor Zabel sull’estetica dell’Europa dell’Est e alla stretta relazione che c’è tra l’arte e la politica.
AB: Questa definizione è molto forte per me, ma ovviamente tutta l’arte in un certo senso è politica.
La mia ricerca è legata all’esperienza che ho del contesto in cui vivo e se vuoi questo può essere considerato in un certo senso politico. Il mio interesse ruota principalmente intorno alla vita che mi circonda, agli oggetti quotidiani, a come si organizzano, a come appaiono, esteticamente intendo dire. Per molto tempo la mia pittura è stata autobiografica, adesso sono molto lontana da questa dimensione. Ora la mia esperienza dei luoghi che abito è fondamentale.

MS: I tuoi recenti quadri approfondiscono la riflessione sugli spazi, sull’architettura e sulle suecaratteristiche specifiche. Da piccole scatole, ai dettagli architettonici.
AB: Si esattamente, come vengono organizzati gli spazi, soprattutto quelli privati, così come gli spazi pubblici, sono molto stimolanti per me, perché sono molto complicati, articolati ed astratti.

MS: Che relazione c’è nelle tue opere con l’astrazione?
AB: Tutto deriva dalla realtà, tutto quanto si astrae come se le cose si sublimassero e ti trovassi a ridurre sempre di più la loro forma. Ed è proprio l’ approccio astratto agli oggetti che mi interessa. Se tu togli i dettagli dalla realtà e ti concentri sulla logica delle cose, all’organizzazione delle architetture, ottieni l’astrazione. Non solo riducendo i colori, ma intendo come se distillassi l’essenza delle cose.

MS: La tua ultima produzione è basata su tonalità di grigio. E’ relativa a quella riduzione delle forme a cui ti riferivi? Come se tendessi alla monocromia..
AB: Per me la relazione con il colore è strettamente connessa con il fatto che voglio concentrarmi esclusivamente sulle forme dello spazio, sulle qualità grafiche dell’architettura. Il colore distrae troppo da questo, per questo l’ho messo via, tendendo alla monocromia. Il colore porta con se altre implicazioni simboliche, altre qualità, che agirebbero sulla pittura, vedresti solo il rosso. Anche se piano piano sto riapprocciandomi al colore ed alle sue caratteristiche.

MS: Che mi dici circa la tecnica. Tu usi il linguaggio della pittura tecnicamente in modo classico, ma usi anche molto gli stencil. Quando e perché scegli di usare una, piuttosto che un’altra?
AB: Uso gli stencil perché è un modo per cambiare l’ agire nella pittura, per verificare e modificare la visione dell’immagine. Ma anche dipende dallo spray che uso che crea una superficie granulare che colpisce in modo diverso la luce, l’immagine è più ariosa. Adesso sto provando ad usare ad esempio le spazzole per capelli. Perché la pittura ha molteplici possibilità.

MS: Quali pittori ti piacciono, tra quelli contemporanei e del passato?
AB: E’ difficile dire, ma sto osservando con molta attenzione alcuni pittori del passato come i costruttisvisti.

MS: Ho notato subito anch’io la relazione con alcuni futuristi russi.
AB: Come El Lissitzky, soprattutto nella composizione delle forme. Ma anche la pittura metafisica come De Chirico, Morandi, che sono riferimenti molto forti per me, ma anche Hopper. Inoltre ho scoperto dei pittori americani degli anni trenta e quaranta poco conosciuti, come Charles Sheeller che è a metà tra il fotorealismo e le influenze del Costruttivismo e del Futurismo. All’interno poi della sua pittura ci sono delle cose strane che appartengono al gusto di quegli anni, prima della seconda guerra mondiale. Come pure sono rimasta molto colpita quando ho scoperto la pittura di Kay Sage che era anche la moglie di Yves Tanguy. Una pittura molto dark e basata sul vuoto, una pittura che da’ la sensazione di infinito.

MS: Cosa presenti a Pescara?
AB: La serie che presento a Pescara è legata alla banalità delle cose che mi circondano, le cose infraordinarie. E’ come se volessi costruire dei monumenti a queste cose che appartengono alla mia vita quotidiana, come se fossero oggetti di propaganda del quotidiano, delle piccole cose della vita.

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