CARUNCHIO (CH) – Nicholas Donatella (in realtà Nicola Donatelli) nacque a Steelton, contea di Dauphin, in Pennsylvania il 14 marzo del 1889. Era uno dei tantissimi ragazzi nati negli Stati Uniti da genitori emigrati dall’Abruzzo. Il padre, Angelantonio, era nato a Carunchio, in provincia di Chieti, il 24 giugno del 1858, da Nicola (venticinquenne “contadino”) e dalla ventiseienne Teresa Potente. La madre, Domenica Maria Turdò, era nata a Carunchio, il 18 dicembre del 1855, da Donato (quarantaquattrenne “contadino”) e dalla trentaseienne Mariarosa Conti.
Il parto di entrambi i genitori di Nicholas fu assistito dalla sessantasettenne Giustina D’Ettorre figlia di Giuseppe. Angelantonio “Jerry” Donatelli lavorò come operaio siderurgico e successivamente gestì con la moglie un negozio di alimentari. Nicholas Donatella lavorò nella Bethlehem Steel Corporation (fu la seconda più grande industria dell’acciaio degli Stati Uniti) e successivamente in un negozio di rame. Era componente della “Steelton Lodge No 382 del Loyal Order” e della “Baldwin Hose Comapny”. Nicholas ebbe un fratello e una sorella. La famiglia Donatella stava vivendo il “sogno americano” quando arrivò, improvvisa, la tragedia. Il 16 novembre del 1926, era un martedì, Nicholas stava tornado a casa quando, sulla strada Chambers Steet di Steelton, un automobile, a tutta velocità, si gli si parò davanti sulla sua corsia.
L’impatto, violentissimo, fu inevitabile. Nicholas morì sul colpo e il referto medico parlò di “morte causata da shock per emorragia dovuta a frattura del cranio e del fegato”. L’autista dell’altra vettura, Frank Leber, anche lui di Steelton fu immediatamente arrestato. L’accusa a seguito di un’indagine della polizia di Steelton e del giudice di pace F. A. Stees fu “omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza”. Frank Leber fu tradotto nelle carceri della Contea di Dauphin. Finiva così la vita di Nicholas Donatella uno dei tanti figli della nostra, dimenticata, emigrazione.
Foto: l’articolo apparso sul quotidiano “ Harrisburg Telegraph”
A cura di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”