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Frattura, “Non sono solo un fagiolo”: alla scoperta di tradizioni e antichità

da Redazione

Frattura-foto-Mercurio-AntonioIl 16 e 17 settembre gli abitanti racconteranno il proprio territorio

FRATTURA (AQ) – Alla scoperta delle tradizioni e dell’antichità. Si svolgerà a Frattura dal 16 al 17 settembre l’evento “Non sono solo un fagiolo”, fortemente voluto dagli abitanti del luogo che raccontano il loro territorio a coloro che sono sensibili alle nuove pratiche di residenza, del recupero di antichi mestieri e riconoscono nelle storie locali dei depositi della memoria. Il via alle attività, tutte gratuite, sarà dato dalle visite guidate condotte all’interno della “Collezione privata della tradizione contadina”, presso l’ex scuola di Frattura. I partecipanti proseguiranno a piedi, raggiungendo gli orti de L’Aruccia, dove gli orticoltori racconteranno il loro orto.

Nel pomeriggio, sempre del 16, un workshop di cucina sarà condotto da giovani fratturesi che insegneranno a cucinare i fagioli e il pancotto arrotolato, un piatto della tradizione contadina locale. La sera, davanti a un simbolico fuoco, verranno raccontati dai più anziani a lume di candela “I ‘cunt”. Si continuerà il 17 settembre nella piazza principale: i partecipanti con indosso le mantere si incammineranno verso i locali dell’ex Asilo dove inizieranno le lezioni per fare la pasta fresca, cazzellitti, sagre, tacconelle e quadrucci. Sarà quella l’occasione per la rifunzionalizzazione del forno pubblico di Frattura.

Tale manifestazione rientra nella Missione “Fluturnum. Archeologia e Antropologia nella Valle del Tasso e nell’alta Valle del Sagittario”, svolto in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Abruzzo, la cattedra di Temi e Metodi della Ricerca Archeologica-Università degli Studi di Bologna, la Matrix 96 Soc. Coop. E gode del patrocinio del Comune di Scanno, del supporto del Rotary Club Roma Ovest con la sua direttrice, dott.ssa Francesca Romana Del Fattore (Sabap-Aq) e l’apporto del Circolo ricreativo “R. Martorella” di Frattura.

Queste le parole dell’antropologa Anna Rizzo, una degli organizzatori:

“L’alto valore di custodia e di conservazione dei saperi, delle conoscenze, del know-how tramandato, ha rappresentato per noi ricercatori uno dei punti di partenza per studiare l’ecosistema dell’Alta Valle del Sagittario e l’interazione uomo-ambiente in uno dei contesti più aspri dell’Abruzzo. La comunità di Frattura di Scanno sta vivendo negli ultimi decenni un forte declino demografico, dovuto alla liminarità del territorio e alle trasformazioni economiche dell’ultimo secolo. Meta di viaggiatori italiani e stranieri, l’Alta Valle del Sagittario è stata spesso descritta in letteratura odeporica come una delle mete più suggestive e inaccessibili per la viabilità e l’asprezza del territorio. Il lavoro agricolo legato alla coltivazione del fagiolo ha raggiunto negli ultimi anni un alto valore di coesione e solidarietà sociale per gli ultimi abitanti del paese.

Durante le giornate di campo antropologico, abbiamo partecipato alle fasi di lavoro agricolo a fianco dei pochi orticoltori locali, registrando, documentando e imparando tecniche e prassi che si sono conservate mantenendo invariati strumenti e oggetti. La particolarità del fagiolo, è che cresce solo in determinate zone del comprensorio della Valle del Sagittario, e precisamente nel territorio di Frattura di Scanno. Grazie alla documentazione redatta durante le giornate di campo il fagiolo bianco di Frattura, è entrato nell’Arca del Gusto di Slow Food. Durante il Salone Internazionale del Cibo, Terra Madre 2014, una delegazione di Fratturesi ha presentato, all’interno della programmazione dello stand Regione Abruzzo, il fagiolo di Frattura.

In una delle aree interne a forte spopolamento come quella della Valle del Sagittario, ristabilire un legame con il territorio attraverso iniziative legate ai beni immateriali, cioè quei saperi intangibili che ci permettono di osservare frammenti di un mondo passato. E’ possibile ricostruire le pratiche dell’agricoltura storica, delle lavorazioni e produzioni, di quelle conoscenze trasmesse di generazione in generazione e che hanno permesso a tutt’oggi di poter sopravvivere in uno dei contesti più duri della regione. La riattivazione dei processi di conoscenza del territorio va accompagnata dall’esperienza e dal confronto con le generazioni precedenti. Le caratteristiche pedoclimatiche e morfologiche hanno permesso per secoli le coltivazioni in quota di grano, segale e la costituzione degli orti di famiglia. La presenza degli orticoltori e le loro conoscenze territoriali sono una testa di ponte tra un prima e un dopo. Molti ragazzi si interrogano oggi, se è possibile fare impresa riprendendo antiche coltivazioni per agganciarsi ad un mercato digitale e internazionale. Il confronto con altre micro realtà locali italiane in questi anni ci ha indicato percorsi virtuosi e significativi”.

A proposito dell’antico forno la studiosa asserisce:

“L’antico forno di Frattura è l’ultimo dei due forni pubblici un tempo attivi e frequentati dagli abitanti. Costruito immediatamente dopo la ricostruzione del nuovo insediamento ha assunto una dimensione funzionale per la vita domestica e sociale. Legato al ciclo del grano e alle pratiche economiche locali, l’uso del forno pubblico è connesso alla socialità e alla produttività del paese. Ha dato continuità a pratiche consuetudinarie legate alla cultura alimentare, e alla panificazione. In seguito alla trasformazione economica, negli ultimi anni, la Valle del Sagittario, così come in molte delle aree interne d’Italia, ha visto modificare tradizioni alimentari e pratiche legate al cibo. Il forno di Frattura negli ultimi vent’anni è andato progressivamente in disuso. Il declino demografico e la perdita delle pratiche legate a saperi tramandati ha inciso sulla frequentazione del forno.

Nell’ultimo anno, nonostante le distanze generazionali, si è avuta l’’esigenza da parte dei locali di ripristinare il vecchio forno. Si è aperto un dialogo tra chi lo ricorda in funzione e chi lo ha visto aperto per la prima volta, innescando un confronto intergenerazionale. Attraverso la narrazione di frammenti di storie di vite, di racconti biografici che risultano inscindibili dalla storia locale, il forno ha avuto, come effetto emergente, quello di innescare valori di reciprocità non auto interessati, individuando nella struttura in disuso, il valore di un’economia civile che per decenni ha permesso al paese di Frattura di cuocere il pane e di soddisfare un bene primario. Il recupero del forno pubblico si lega alle tante iniziative che vede nelle aree interne d’Italia una risorsa in termini di patrimonio culturale e recupero di pratiche legate all’alimentazione e all’agricoltura storica. Una rifunzionalizzazione nel breve periodo permetterebbe agli abitanti di Frattura di poter riattivare una serie di pratiche cadute in disuso il cui sapere rimane depositato in pochi testimoni. Le pratiche di partecipazione e di condivisione che si attivano sono legate alla trasmissione e all’attivazione di beni relazionali in un territorio liminale ma che resiste nonostante delle criticità”.

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