CHIETI – Nowhere è un disco che conquista, rapisce e ti trasporta in una dimensione tutta particolare: atmosfere acustiche e rarefatte che rimandano a grandi maestri del genere quali Nick Drake o Jeff Buckley, dieci canzoni avvolgenti ed emozionanti. A portarci dentro questo viaggio musicalmente così intrigante ed unico è Antonio Paci, cantautore abruzzese trapiantato in Irlanda, terra in cui ha trovato la giusta dimensione per realizzare il suo sogno, quello di realizzare un cd come Nowhere, totalmente autoprodotto e fuori da ogni schema commerciale.
Gli strumenti sono suonati quasi tutti da lui stesso, tranne in qualche raro caso: trovano spazio dunque suoni particolari come quelli della kalimba, del sitar o del glockenspiel che si affiancano a quelli soffusi della chitarra. Ci piace pensare che sia proprio questa sua “diversità” la ragione per cui è difficile pensare che oggi una casa discografica possa concretamente interessarsi ad un prodotto così.
Antonio Paci è in questi giorni in tour in Abruzzo e, dopo aver suonato mercoledì scorso al Balù di Chieti Scalo e ieri al Loft 128 di Spoltore, sarà domani al Circolo La Città Vecchia di Spoltore e domenica al Maze di Pescara.
Questa la nostra intervista, realizzata prima del live a Chieti Scalo.
Come nasce un album come Nowhere?
R – “Il sogno di fare un disco viene da lontano, molti dei brani sono stati infatti scritti sei o sette anni fa. Sono emigrato in Irlanda e lì sono riuscito ad abbinare un lavoro “normale” che mi permettesse di vivere alla musica, perché avevo molti giorni liberi ed un salario che mi dava la possibilità di comprare strumenti. Volevo incidere una demo da far sentire in giro, ho registrato nuovi pezzi in inglese ed una volta arrivato
Le canzoni che fanno parte di Nowhere fanno intendere una tua certa predilezione per un cantautorato acustico che si ispira ai grandi maestri del genere: la tua musica ha poco di italiano. Perché questa scelta?
R – “Sicuramente dipende dalle mie influenze: sono nato come cantante, poi ho scoperto la chitarra acustica e mi sono innamorato del suono del legno della stessa. Ho così cominciato ad ascoltare Radiohead, Nick Drake, Jeff Buckley, Dave Matthews. Sono questi i generi che mi piacciono maggiormente, mi butto molto sull’intimo. Molti miei brani non sono arrangiati dunque con altri strumenti se non la chitarra, ho provato anche a fare tutto da solo, seppur aiutato in alcune parti da molti amici”.
Quanto di autobiografico c’è nei tuoi testi?
R – “L’album è mia totale autobiografia”.
Distance e Nowhere sono, a mio giudizio, i brani più interessanti. Come nascono?
Un brano veramente particolare e molto suggestivo è Il Salice.
R – “Nasce da un giro di basso del mio amico Sergio Guccione. All’epoca suonavo in una band di Pescara ed ho chiesto a lui se potessi mettere il testo e lui poi ne è rimasto soddisfatto. L’ho ripreso dopo tanto tempo perché mi piaceva troppo e l’ho inserito nell’album”.
La grafica è molto particolare sia per la copertina che per il booklet: è di grande impatto.
Ci hai detto che sei emigrato in Irlanda e hai trovato la giusta atmosfera per realizzare questo tuo disco: musicalmente era proprio così impossibile farlo in Italia?
R – “Qui probabilmente non avrei neanche immaginato una musica del genere: la cultura musicale irlandese è molto più aperta di quella che c’è in Italia. Un disco come questo è assolutamente fuori da ogni schema commerciale: ho fatto tutto da solo, regalato almeno 500 dei 1000 cd che mi hanno stampato, molti ne ho venduti ad un prezzo bassissimo (5 euro). Non posso proporlo a nessuna etichetta perché è scaricabile gratuitamente dal mio sito: è stato un modo da parte mia di rendere qualcosa indietro alla musica che mi ha dato e continua a darmi tantissimo”.
L'Opinionista © 2008 - 2024 - Abruzzonews supplemento a L'Opinionista Giornale Online
reg. tribunale Pescara n.08/2008 - iscrizione al ROC n°17982 - P.iva 01873660680
Informazione Abruzzo: chi siamo, contatta la Redazione, pubblicità, archivio notizie, privacy e policy cookie
SOCIAL: Facebook - Twitter