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Omicidio Italo D’Elisa, usata una pistola calibro 9: “Mai chiesto scusa per aver ucciso Roberta”

da Redazione
Italo D'Elisa

Italo D’Elisa

VASTO – Ha usato una pistola calibro 9 regolarmente detenuta Fabio Di Lello, l’uomo che ieri pomeriggio a Vasto ha sparato a Italo D’Elisa, uccidendolo. Di Lello ha chiamato un amico dicendogli di aver ucciso l’assassino di sua moglie, poi ha fatto sapere al suo avvocato dove si trovava. E lì, al cimitero di Vasto, sulla tomba di Roberta Smargiassi, la moglie morta a luglio nello scontro del suo scooter con l’auto condotta da D’Elisa, i carabinieri hanno trovato l’arma, in una busta di plastica trasparente. Poco distante Di Lello che si è consegnato senza opporre resistenza.

“E’ un fatto di cronaca che scuote le coscienze – dichiara il maggiore Giancarlo Vitiello, comandante dei Carabinieri di Vasto – e fa riflettere su ciò che è accaduto. Un epilogo tragico che sconvolge tutta la città”. Il 34enne Di Lello è rinchiuso nel carcere di Torre Sinello. L’inchiesta è condotta dal pm Gabriella De Lucia. I legali attendono di conoscere capo di imputazione, data e luogo dell’interrogatorio di garanzia.

“Italo D’Elisa, dopo aver ucciso Roberta, nell’incidente, non ha mai chiesto scusa, non ha mostrato segni di pentimento. Anzi, era strafottente con la moto. Dava fastidio al marito di Roberta. Quando lo incontrava, accelerava sotto i suoi occhi”. Così, intervistato da Radio Capital, l’avvocato Giovanni Cerella, già legale di parte civile per il procedimento che riguardava l’incidente in cui aveva perso la vita la donna, ora difensore del marito, Fabio Di Lello, che ha sparato a D’Elisa. “Italo – dice l’avvocato – tre mesi dopo l’incidente aveva ottenuto il permesso per poter tornare a guidare la moto, perché gli serviva per andare a lavorare”.

“Fabio era sotto shock, era depresso per la perdita della moglie, andava molto spesso al cimitero – spiega ancora il legale – pensava che giustizia non fosse stata fatta, ma incontrandolo non ho mai avuto l’impressione che stesse ipotizzando una vendetta. Sono rimasto sbalordito quando ho saputo. Lui non aveva dimestichezza con le armi”. Infine, sulla tesi difensiva di D’Elisa secondo la quale al momento dell’incidente Roberta Smargiassi avrebbe indossato male il casco, Cerella dice: “C’è una perizia che ha fatto piena luce sulle responsabilità”.

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