Ortona, “Non si può incatenare il sole. Storie di donne nelle carceri iraniane”

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Domani, presso la libreria D’Abruzzo, la presentazione del libro che racconta  la storia di due giovani donne  che con coraggio hanno scelto di sfidare il regime iraniano

ORTONA (CH) – Venerdì 28 novembre 2014,alle ore 18.00,presso la  libreria D’Abruzzo a Ortona sarà presentato il libro “Non si può incatenare il sole. Storie di donne nelle carceri iraniane ”  ,edito dalla Menabò, tradotto da Esmail Mohades (autore per la Menabò di “Una voce in capitolo. Storia del popolo dell’Iran”), con la prefazione di Dacia Maraini.In occasione delle iniziative per la “giornata nazionale contro la violenza sulle donne” verrà presentato  in collaborazione con l’Associazione Donnè impegnata attivamente nel centro che fornisce aiuto e sostegno alle donne che hanno subito violenza.All’incontro parteciperanno: Esmail Mohades, traduttore del libro, Gabriella Liberatore curatrice del volume, Francesca Di Muzio, presidente dell’Associazione Donnè, Romina Remigio fotografa giornalista, Gaetano Basti, editore.

La storia del regine iraniano è caratterizzata dalla repressione del dissenso che colpisce le donne che maggiormente lo combattono. Tra esse vi sono Puoran Najafi e Hengameh Hajassan che con coraggio hanno scelto di sfidare tale  regime, due giovani ragazze colpevoli di aver partecipato con entusiasmo al destino del proprio paese, che hanno sopportato la dura vita nel carcere, “la bestia” e nonostante le torture hanno trovato nei loro ideali di libertà e democrazia la forza per resistere e far conoscere la loro storia in un   racconto-testimonianza della vita nelle carceri .

Il libro è stato presentato al Pisa Book festival da Dacia Mariani che particolarmente colpita dai racconti delle donne scrive nella prefazione: “Leggo con commozione profonda la testimonianza di queste due giovani donne iraniane, coraggiose per amore di libertà. Due donne che, in tempo di pace, avrebbero semplicemente fatto il proprio dovere, generosamente e anche allegramente, come era nel loro carattere. Due donne piene di vita, pronte a rimboccarsi le maniche per aiutare gli altri, ma anche felici di apprendere, di studiare, di fare una vita comunitaria piena di invenzioni e creatività. Una studentessa appena diciannovenne, Puoran Najafi, e una infermiera, Hengameh Hajhassan di 24 anni. Possiamo immaginare che si sarebbero sposate, e avrebbero avuto dei figli, senza rinunciare per questo a un lavoro dignitoso, portato avanti con passione e altruismo. Invece, una furia punitiva le ha strappate al loro destino di lavoratrici e di madri ma anche di orgogliose cittadine innamorate del proprio paese, per farne: della prima, un cadavere senza tomba e della seconda una sopravvissuta dal corpo talmente provato dalla tortura da rimanere minato per sempre”.

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