L’AQUILA – Un secco no alle riduzione del numero delle Asl in Abruzzo. E’ ferma la posizione del primo cittadino dell’Aquila Massimo Cialente che polemizza per i notevoli ritardi riguardanti la ristrutturazione dell’ospedale San Salvatore che ricordiamo è stato danneggiato dal terremoto del 6 aprile:
Sbagliato e pericolosissimo, anche per tutti gli equilibri politici ed economici, pensare di realizzare la fusione delle Asl abruzzesi in un’unica realtà regionale entro la fine dell’anno. Viviamo ancora una fase di emergenza, una fase di debolezza per il nostro ospedale, che deve far fronte a una serie di problemi strutturali provocati dal terremoto. Per questo è quantomeno prematuro affrontare un processo di fusione, che comunque auspichiamo, ma rimandiamo a una fase successiva. La priorità è rimettere in piedi il «San Salvatore. Non mi rassegno al fatto che si è riusciti a organizzare il G8, con interventi 24 ore su 24, ma non si riesce a dare una risposta ai problemi di questo ospedale, tanto che per fare un’urinocoltura bisogna andare a Teramo.
Allo stato attuale dunque c’è il timore per possibili sviluppi del virus influenzale che da un lato potrebbe essere favorito dal forte utilizzo in massa di mezzi pubblici, dall’altro il problema dei posti per i ricoveri in ospedali che sono adeguati in caso di pandemia o altri fenomeni di “massa”.
In sintesi dunque viene richiesto da parte del governo tempestivo al pari di come è stato fatto per il progetto Case o per l’evento del G8. Ristrutturazione rapida e non solo per migliorare l’efficienza e la disponibilità di accoglienza delle strutture sanitarie ma anche per garantire un supporto adeguato al personale dipendente presente in loco.
Secondo Gianfranco Giorgi, segretario Cisl di L’Aquila, bisogna sottolineare anche l’aspetto retributivo:
Il personale ospedaliero ancora non percepisce incentivi e straordinari del 2008. Né è stata corrisposta la fascia retributiva richiesta. Esistono tantissime persone che si sono prodigate fin dal primo giorno dopo il sisma lavorando anche 12 ore di fila: questo senza che l’Asl abbia riconosciuto un benché minimo compenso straordinario.