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A Paganica la Festa della Beata Antonia: la nota di Goffredo Palmerini

da Marina Denegri

S.Giovanni da Capestrano

Il ruolo della Beata Antonia, originaria di Firenze, nella forte presenza a L’Aquila dell’Osservanza francescana

L’AQUILA  Riceviamo e pubblichiamo una nota di Goffredo Palmerini sulla Beata Antonia (Firenze, 1400 – L’Aquila, 1472), e sul ruolo significativo nell’affermarsi a L’Aquila dell‘Osservanza francescana, con San Bernardino da Siena e San Giovanni da Capestrano.

Un sole alternante a velature di nuvole tiepidamente scioglie le ultime tracce della nevicata di due giorni fa. Il monastero delle Clarisse, a Paganica, si era risvegliato insieme alla splendida conca aquilana, sotto una soffice coltre bianca, quasi del tutto scomparsa oggi, festività della Beata Antonia da Firenze. La Beata, custodita nel monastero dove riposano le sue spoglie incorrotte, ora nella trecentesca chiesetta di San Bartolomeo, tornerà poi nella grande chiesa del Carmine, quando gli ultimi lavori di restauro dai danni del terremoto del 2009 saranno conclusi. Fra qualche ora sarà il Cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, a presiedere la celebrazione eucaristica, che segue la veglia di preghiera iniziata ieri sera per la pace in Ucraina, massacrata in questi giorni dalle bombe e dall’invasione dell’esercito russo su ordine di Putin. In tutta la loro forza riecheggiano le parole di Papa Francesco che invocano la pace e condannano la guerra, così come nell’ultima enciclica “Fratelli tutti”: “Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come l’ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male…”. Non mancherà, durante l’odierna celebrazione, l’affettuosa comunione con il popolo ucraino, sperando che si fermino le armi e che l’incontro di queste ore tra le delegazioni russa e ucraina possa portare presto alla cessazione delle ostilità e al ripristino della pace.

Dal 1997 le Clarisse vivono nel loro Monastero di Paganica, già Convento dei Frati Minori da anni era dismesso, allorquando vi si trasferirono dall’antico Monastero dell’Eucarestia, situato nel centro storico dell’Aquila, per cercare un luogo più silenzioso e adatto alla vita contemplativa. Poi il terremoto del 6 aprile 2009, quando in quella terribile notte il sisma devastò il monastero e l’intero centro storico di Paganica. Sotto le macerie del monastero perì la badessa Madre Gemma Antonucci, altre sorelle furono ferite. Raccolte le poche cose recuperabili, le Sorelle Clarisse partirono per Pollenza, in provincia di Macerata, per essere temporaneamente ospitate in un altro monastero di Santa Chiara. Tornarono a Paganica nel dicembre 2009, sistemate in ambienti provvisori, e solo il 16 luglio 2016 poterono finalmente rientrare nel restaurato monastero, quando da Pollenza anche le spoglie della Beata Antonia poterono trovare accoglienza nella chiesetta di San Bartolomeo.

Grande, a L’Aquila e nel circondario, è la devozione verso la Beata Antonia. Insieme a S. Bernardino da Siena, a S. Giovanni da Capestrano, al Beato Vincenzo dell’Aquila e al Beato Timoteo da Monticchio, forma quella schiera di Santi francescani che hanno tenuto viva nella città e nel territorio aquilano la spiritualità di Francesco e di Chiara d’Assisi. Nell’antico Monastero dell’Eucarestia, a L’Aquila, le Clarisse avevano abitato per secoli, fin da quando nel 1447 Giovanni da Capestrano l’aveva affidato ad Antonia e alle sue religiose claustrali. Un prezioso complesso, quello dell’Eucarestia. Un vero e proprio scrigno d’arte, sebbene il sisma del 2009 l’abbia fortemente danneggiato. Il corpo architettonico si distende lungo via Sassa. L’interno è a pianta rettangolare, con massicce volte a crociera poggianti su capitelli pensili del Rinascimento. Lo spazio ripartito in due ambienti distinti: l’uno era riservato alle monache e l’altro, anteriore, ai fedeli. Il muro divisorio con una grata permetteva alle sorelle di seguire dall’interno le funzioni religiose. Il Coro, interamente affrescato da Paolo Cardone nel 1586, ha 99 stalli ed è opera di ebanisti milanesi di inizio Cinquecento. La Chiesa conserva mirabili opere dei principali artisti del Rinascimento abruzzese: Andrea Delitio, Francesco da Montereale, e appunto Paolo Cardone. Di particolare pregio gli affreschi di Andrea Delitio: l’Adorazione del Bambino colpisce il visitatore per le notevoli dimensioni e l’estrema delicatezza nella resa dei volti. L’intento del pittore e di Antonia, probabile committente dell’opera, era quello di mettere in evidenza l’umiltà della Sacra Famiglia, nello spirito della prima regola di S. Chiara. Altrettanto pregevole è l’affresco raffigurante la Madonna con Bambino e Sant’Ansano, come pure preziosi sono i tre affreschi di Francesco da Montereale, risalenti al 1490, che raffigurano la Crocifissione, la Via Crucis e la Teoria di Santi Francescani.

La Beata Antonia (Firenze, 1400 – L’Aquila, 1472) è una figura preminente nella spiritualità aquilana e nel contesto del movimento riformista del francescanesimo che va sotto il nome di Osservanza minoritica. Il movimento fu fortemente presente dal 1415 in poi a L’Aquila e in Abruzzo, al centro d’un fenomeno di dimensioni europee con importanti ricadute sulle comunità abruzzesi, sia sotto gli aspetti religiosi che sociali e culturali. Del notevole rilievo dell’Osservanza danno testimonianza la biografia stessa della Beata Antonia ed il contesto storico e spirituale nel Quattrocento. Ne tracciamo qui una sintesi, anche per comprendere l’attaccamento che gli Aquilani nutrono verso il francescanesimo e le sue figure più rappresentative.

Antonia nacque a Firenze intorno al 1400. Andata sposa giovanissima ad un suo coetaneo, prematuramente morto a qualche anno dal matrimonio, ebbe un figlio che curò da sola e da sola attese alla sua prima educazione. Non intese passare a seconde nozze, nonostante le raccomandazioni dei familiari, per l’inatteso arrivo della chiamata alla vocazione. In quegli anni Bernardino da Siena stava diffondendo l’Osservanza, che avrebbe dato un nuovo impulso all’ordine francescano con il richiamo all’austerità della Regola ed alla povertà. Bernardino, predicando nelle chiese e sulle piazze di tutta Italia, aveva suscitato un’autentica primavera di vita cristiana. Predicò anche nella Chiesa di S. Croce, a Firenze, dall’8 marzo al 3 maggio 1425. Antonia lo ascoltò e maturò nel cuore la decisione di consacrarsi a Dio.  Quattro anni dopo entrò nel Terz’ordine francescano regolare femminile, fondato dalla Beata Angelina dei Conti di Marsciano. L’accolse il Monastero fiorentino di S. Onofrio, nel quale rimase per poco tempo, perché dalla fondatrice fu chiamata prima a Foligno, ad Assisi e poi a Todi. Infine, richiesta a L’Aquila per fondarvi un Monastero di terziarie, Antonia fu inviata insieme a un piccolo drappello di suore. Era il 2 febbraio 1433. Rimase alla guida del Monastero di S. Elisabetta per 14 anni, ma la pur intensa vita spirituale non riusciva ad appagare il suo desiderio d’una sempre più profonda contemplazione. Andava così maturando in lei il pensiero di lasciare il Terz’ordine per abbracciare la Regola di S. Chiara.

In quegli anni altri monasteri di Clarisse, vicine al movimento degli Osservanti, stavano vivendo un intenso rinnovamento, volendo rivivere la freschezza delle loro origini, mediante la primitiva Regola di S. Chiara. In questa decisione forte ed eroica Antonia trovò sostegno spirituale e guida in Giovanni da Capestrano, in quegli anni a L’Aquila, che procurò i locali necessari per lei e per le consorelle che avevano deciso di seguirla. Era il 16 luglio 1447. Un grande corteo di cittadini con a capo Giovanni da Capestrano, partendo da Collemaggio, accompagnò Antonio e le altre 13 sorelle al Monastero dell’Eucarestia, successivamente chiamato “della Beata Antonia”, dopo la morte di lei. Incominciò così sotto il segno della più stretta povertà l’ultimo cammino ascensionale di Antonia, che portò tanto splendore all’Ordine delle sorelle povere di S. Chiara. Per sette anni tenne l’ufficio di badessa impostole da Giovanni da Capestrano, poi tornò nel silenzio e nella contemplazione più profonda del mistero di Cristo crocifisso, nel quale s’immedesimò completamente. Ma quei sette anni di guida del monastero furono sufficienti ad imprimere uno straordinario impulso alla vita contemplativa, nella perfetta osservanza della Regola, tanto che la fama si diffuse subito in città e nei dintorni, procurando numerose altre vocazioni.

Antonia seppe tuttavia vivere l’austera povertà con letizia evangelica. Sapeva trascinava tutte, con la parola e l’esempio. Era forte e materna, coltivando con tutte l’unità e l’armonia della vita in fraternità. Le Sorelle subirono il fascino del suo esempio e molte di loro offrirono alla Chiesa un genuino esempio di santità, come Ludovica Branconio, Giacoma dell’Aquila, Bonaventura d’Antrodoco, Paola da Foligno, Gabriella da Pizzoli, Giacoma da Fossa, proclamate Beate, ed altre ancora. Antonia visse sempre in obbedienza ed umiltà. Il suo stile di vita sempre limpidamente evangelico: occupava a mensa e in coro l’ultimo posto, indossava i vestiti più logori della comunità. Le Sorelle inferme, deboli, tentate e scoraggiate, trovavano sempre in lei conforto e l’amore tenero di una madre, pur essendo lei stessa affetta da un’orribile piaga che mantenne nascosta. Diversi i fenomeni mistici, di cui le Sorelle furono testimoni, frutto del suo grande amore per il Signore.

Antonia morì la sera del 29 febbraio 1472. Il suo trapasso fu segnato da miracoli prima ancora che fosse inumata la salma, come le guarigioni istantanee d’un aquilano sofferente di idropisia e di suor Innocenza clarissa, anche lei aquilana, che fu guarita dalle numerose piaghe. Quindici giorni dopo la sepoltura le suore riesumarono il sacro corpo per rivederlo, prima che si disfacesse completamente. Con grande meraviglia lo rinvennero incorrotto. Ripeterono più volte l’esperienza, tanto che se ne diffuse la voce in città. Ma per evitare esagerazioni il vescovo, cardinale Amico Agnifili, ordinò che la salma fosse sepolta allo scoperto, fuori del luogo sacro. Cinque anni più tardi il vescovo Ludovico Borgio, successore dell’Agnifili, concesse la riesumazione del corpo, trovato nuovamente incorrotto. Solo allora venne autorizzato il culto pubblico e il corpo fu levato da terra. Dopo regolare processo canonico, il 28 luglio 1848 Pio IX la dichiarava Beata. Il messaggio lasciato dalla Beata Antonia è quello d’una santità gioiosa e nascosta, totalmente avvolta nella segreta bellezza di un Dio sommamente amato. Ancor oggi le Sorelle povere, trascinate dal suo esempio e da quello di S. Chiara, vivono una vita semplice, nel silenzio del chiostro, ponendo Dio come il tutto della loro vita. Le Sorelle dell’antico monastero dell’Aquila, ora operanti nel Monastero di S. Chiara a Paganica, custodiscono con fedeltà il corpo della loro Madre, Beata Antonia, e continuano il cammino di consacrazione, nella gioia d’un amore che non ha fine. Sono davvero un punto di riferimento spirituale, di serenità, di attenzione verso gli ultimi, di preghiera, che molto giova ad una comunità così duramente colpita dalla tragedia del terremoto, consapevole della certezza di trovare nelle Clarisse un luogo sicuro di meditazione e fraternità”.