POPOLI – Il 43enne che nell’estate di tre anni fa uccise il padre a coltellate nella loro abitazione in via dei Tigli, a Popoli, al momento dei fatti “era totalmente incapace di intendere e volere in quanto affetto da ritardo mentale grave e psicosi cronica. La totale incapacita’ persiste tuttora”. Lo ha stabilito la perizia dello psichiatra Maurizio Cupillari, che ha anche accertato che l’uomo “non e’ socialmente pericoloso; deve essere pero’ monitorato e seguito adeguatamente ed e’ necessario che assuma costantemente una terapia farmacologica. Le due sorelle non possono occuparsi di lui adeguatamente. Pertanto deve rimanere ricoverato presso una struttura protetta”.
La perizia, chiesta dall’avvocato Paolo Marino, e’ stata discussa stamani davanti al gup del Tribunale di Pescara, Nicola Colantonio. Il pm Silvia Santoro, alla luce delle conclusioni del consulente, aveva chiesto l’applicazione della misura di sicurezza, ma l’avvocato Marino si e’ opposto evidenziando che il suo assistito, in stato di liberta’ dal 29 luglio del 2014, e’ gia’ ricoverato a Villa Serena, dove ha scelto di recarsi volontariamente per sottoporsi alle cure.
Il gup ha quindi respinto la richiesta del pm. Cupillari ha, inoltre, accertato che il 43enne non e’ in grado di partecipare coscientemente al procedimento a suo carico. Colantonio ha pertanto sospeso la procedura e si e’ riservato di nominare un curatore. Infine, ha rinviato l’udienza al 30 giugno prossimo per la verifica della pericolosita’ sociale di Corazzini.
Secondo l’accusa il parricida, che deve rispondere di omicidio volontario pluriaggravato, dopo una violenta lite avrebbe aspettato che il genitore si mettesse a dormire, lo avrebbe raggiunto in camera da letto e colpito al torace e al collo con un coltello che aveva preso in cucina. Il 43enne all’epoca dei fatti era da tempo in cura nel centro di igiene mentale di Tocco da Casauria ed era stato affidato al padre in quanto ritenuto seminfermo di mente. Negli anni ’90 fu condannato per aver picchiato e ucciso un anziano, da cui avrebbe subito, a suo dire, attenzioni a sfondo sessuale.
La pena venne prima attenuata in appello, grazie al riconoscimento dell’attenuante della provocazione, e poi condonata con la grazia, che gli fu concessa dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.