Quattro giorni a piedi sugli Appennini Centrali, dal Velino al Gran Sasso. Nell’ambito di EXPO2015, ricercatori ecologi percorrono a piedi le nostre montagne, dal Velino al Gran Sasso per raccontare l’ambiente appenninico tra Riserve Naturali, Parchi Nazionali, storia e cultura
L’AQUILA – Si è svolta ierimattina, presso la sede del Corpo Forestale dello Stato all’Aquila, la conferenza stampa per illustrare tutti i dettagli del “Cammino della biodiversità” che muoverà i primi passi mercoledì 29 luglio da Magliano de’Marsi, per raggiungere il Gran Sasso sabato 1° agosto, dopo aver percorso 70 chilometri a piedi, superato 1700 metri di dislivello ed attraversato due Stazioni di ricerca LTER. Alla conferenza stampa hanno partecipato il Vice Questore Aggiunto Forestale Bruno Petriccione, coordinatore del Cammino e referente della stazione di ricerca LTER del Gran Sasso, l’Assessore all’Ambiente del Comune dell’Aquila Maurizio Capri e la Dirigente del Settore Ambiente Paola Giuliani, e la Direttrice del Giardino Botanico Alpino di Campo Imperatore Loretta Pace (dell’Università dell’Aquila).
Oggi, mercoledì 29/07/2015, alle ore 9:00, presso il Centro Visite della Riserva Naturale Statale “Monte Velino” a Magliano de’Marsi, il Cammino sarà presentato alla stampa e al pubblico direttamente dai suoi protagonisti, oltre che dagli enti promotori ed aderenti, subito prima dell’effettiva partenza alla volta del Monte Velino.
I ricercatori impegnati nelle Ricerche Ecologiche di Lungo Termine su ecosistemi (Rete LTER-Italia) e biodiversità (LifeWatch) stanno percorrendo assieme ai cittadini tre itinerari di divulgazione scientifica, come eventi di comunicazione della scienza a EXPO2015, patrocinati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Corpo Forestale dello Stato (www.lteritalia.it/cammini):
Mesothalassia: ciclo-staffetta ecologica dalle dune del Molise al Golfo di Napoli (dal 28 giugno al 7 luglio);
Sugli Appennini Centrali dal Velino al Gran Sasso, l’avventura della biodiversità (dal 29 luglio al 1° agosto);
Rosa…azzurro…verde! Eco-staffetta tra i siti LTER dal Monte Rosa al Lago Maggiore (dal 22 al 28 agosto).
Il Cammino della biodiversità si svolge sui monti dell’Abruzzo e unisce due siti LTER di alta quota, entrambi gestiti dal Corpo Forestale dello Stato, dal Monte Velino al Gran Sasso passando per L’Aquila. Il Cammino percorrerà, prevalentemente a piedi, il paesaggio caratteristico della montagna interna dell’Appennino Centrale, dai boschi misti, alla faggeta, alle praterie di alta quota, con elevatissimi valori di biodiversità. Si attraversano aree ad alto valore ambientale e turistico, due Parchi Naturali, uno Regionale (Sirente-Velino) e l’altro Nazionale (Gran Sasso e Monti della Laga), una Foresta Demaniale Regionale (Monte Ocre-Acquazzese) una Riserva Naturale Statale già istituita (Monte Velino) ed una in corso di istituzione (Doline di Ocre). Si partirà con attività nella Stazione LTER del Monte Velino, rilevamenti della vegetazione e osservazioni ornitologiche. I partecipanti saranno accompagnati da botanici, ornitologi e geologi lungo tutto il percorso. La giornata conclusiva del 1° agosto, nella Stazione LTER del Gran Sasso, vedrà uniti ricercatori, naturalisti dilettanti e volontari in uno studio intensivo sul campo (un “Bioblitz”), per determinare tutte le specie vegetali e animali che vivono nell’area, contribuendo così alla definizione dello stato della biodiversità.
Per informazioni:
Corpo Forestale dello Stato – Ufficio Territoriale per la Biodiversità, Via della Polveriera snc, 67100 L’AQUILA – tel. 0862 419260 – utb.laquila@corpoforestale.it
Vice Questore Aggiunto Forestale Bruno Petriccione
cell. 334 6130401 – b.petriccione@corpoforestale.it
Approfondimenti
LA RETE DI RICERCA ECOLOGICA A LUNGO TERMINE (LTER)
É una rete di ricerca mondiale che dal 1993 lega i migliori ecologi di 38 Paesi, con l’obiettivo di conoscere ed analizzare il funzionamento degli ecosistemi e come questi si stanno trasformando nel tempo, sulla spinta dei cambiamenti climatici e di altri fattori di pressione. In Europa, la Rete comprende 20 Paesi che conducono insieme ricerca ecologica a lungo termine su specifici siti, dalle profondità dei mari e dei laghi alle foreste, fino alle più alte montagne. In Italia la Rete comprende 41 Stazioni di ricerca ecologica a lungo termine: 13 forestali, 10 marine, 8 lacustri, 5 di alta montagna, 3 costiere/insulari e 2 extra-territoriali. Dodici di questi siti sono compresi nella preesistente Rete Nazionale per il Controllo degli Ecosistemi Forestali (CONECOFOR), avviata nel 1994 e tuttora coordinata dal Corpo Forestale dello Stato. Sei dei siti LTER, cinque forestali ed uno di alta quota, sono gestiti sotto la diretta responsabilità del Corpo Forestale dello Stato.
LA STAZIONE LTER DEL GRAN SASSO D’ITALIA
La Stazione di ricerca ecologica a lungo termine del Gran Sasso d’Italia, con i sui 2200-2300 metri di quota, è una delle più elevate d’Italia. Si trova nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e fa parte del macro-sito LTER-Italia “Appennini: ecosistemi di alta quota”, che comprende altre tre Stazioni di ricerca, sull’Appennino Abruzzese (Velino e Majella) e sull’Appennino Tosco-Emiliano. Si tratta di un ambiente molto severo, con temperature estreme sotto lo zero per oltre otto mesi l’anno ed innevamento prolungato fino a sei mesi all’anno.
Dal 1986 gli ecologi, prima delle Università di Roma e dell’Aquila ed ora del Corpo Forestale dello Stato, studiano con continuità lo stato della vegetazione di alta quota, analizzando tutte le specie vegetali presenti in aree fisse di campionamento, dove effettuano rilevamenti periodici una volta l’anno. Dal 2006, gli stessi ecologi studiano le presenze dei rari uccelli di alta quota, effettuandone il monitoraggio una volta alla settimana. E dal 2013 si è cominciato a studiare direttamente anche la neve e il microclima, attraverso apparecchi automatici di rilevamento della temperatura.
Dai primi trent’anni di osservazioni sulla vegetazione, emerge una chiara tendenza all’adattamento all’aridità delle comunità vegetali d’alta quota, nelle quali è in corso un processo di graduale degenerazione, con forte diminuzione delle rare specie adattate ai climi più freddi e l’invasione di quelle più termofile: si tratta verosimilmente degli effetti del generale cambiamento climatico osservato in tutta l’Italia Centro-Meridionale negli ultimi 50-60 anni che, in alta montagna, si esprime soprattutto attraverso la forte riduzione della durata del manto nevoso.