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Patrizia Tocci, la scrittrice racconta il suo vissuto

da Redazione

VERRECCHIE – Patrizia Tocci nata nel 1959, a Verrecchie (AQ) si è laureata in Filosofia all’Università “La Sapienza” di Roma, ed ha vissuto all’Aquila fino al 2015. Vittima del terremoto ha espresso l’ amore per la sua città e il dolore nel vederla distrutta utilizzando il suo innato e naturale strumento: la scrittura. Ora vive e lavora a Pescara, dove insegna materie letterarie negli istituti secondari superiori.Studiosa di Eugenio Montale, di Laudomia Bonanni e più in generale del Novecento, ha pubblicato saggi su numerosi periodici e riviste specializzate tra cui “Il caffè Michelangiolo”, “Leggere Donna”, “Oggi e domani”, “Abruzzo letterario” e “Rivista Abruzzese”.

Ha esordito con una raccolta di prose e poesie:  “Un paese ci vuole”  (L’Aquila 1990 )in cui fa suo il pensiero di Cesare Pavese : un paese ci vuole per non essere soli , sapere che nella gente nelle piante , nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei più resta ad aspettarti.” Segue una silloge poetica, “Pietra serena”  (Chieti 2000) ispirata all’infanzia, al paese dove è nata e ha mosso i primi passi, ha aperto gli occhi ad un mondo che l’ha affascinata, ma anche sbigottita, delusa, messa in fuga. Le figure di questo mondo matriarcale, sono impresse in modo indelebile nella sua fantasia: la nonna sottile, la madre operosa, lei stessa, bambina, e poi la figlia nata da lei, si allineano lungo un filo invisibile.

Nel 2010 a Chieti ha pubblicato  “La città che voleva volare” : un libro di racconti interamente dedicato alla città dell’Aquila in cui con le parole pennella paesaggi, monumenti, piazze, vicoli, della città prima del terremoto. Ha curato (Chieti 2012) “ I Gigli della memoria : narrazione collettiva”: testimonianza sulla notte del terremoto che ha colpito L’Aquila e i paesi limitrofi nel 2009. Nel 2017 ha pubblicato il suo primo romanzo : “Nero è il cuore del papavero” (Tabula fati, Chieti ) con la prefazione di Paolo Rumiz , un libro dedicato ad un padre che non c’è più ma che continua a vivere nei pensieri e nella scrittura della figlia, tra le luci, gli odori e i profumi di una civiltà contadina che ormai sta scomparendo. Un colloquio tra generazioni in cui molti potranno riconoscersi.

Con questo libro la scrittrice ha riscosso notevoli consensi ed ha vinto il Premio nazionale di Narrativa di Celano (Aq.) intitolato a Vittoriano Esposito come migliore autrice abruzzese , inoltre è stata finalista sia nel premio Abruzzese per l’editoria nel 2017 che nel concorso festival “Controsenso” ed ha vinto il primo premio nel concorso nazionale: “Quel libro nel cassetto”. Per la poesia ha vinto il premio Marianna Florenzi, con una lettera d’Amore, con la giuria presieduta da Cesare Garboli, il premio “Tagliacozzo” e il premio “Libero de Libero”. Molti i racconti pubblicati in varie antologie : Speciale donna, Racconti dell’Abruzzo e del Molise, Raccontami l’Abruzzo, i Mille Abruzzi, Quando i sogni muoiono all’alba , I diari della bicicletta ( Tabula fati).

La scrittrice nelle sue opere narrative ricorda in modo suggestivo la sua esistenza dall’infanzia nel suo amato paesino all’ esperienza del terremoto terribile e destabilizzante che tuttavia le fa vivere una nuova vita. Patrizia così si racconta dalla città dove adesso vive Pescara.

L’AUTRICE SI RACCONTA

“La vicinanza con la scrittura risale proprio all’ inizio della mia storia. Ho imparato a leggere e a scrivere presto, sono stata una bambina precoce. E da allora non ho più smesso. Sono una grande lettrice, divoratrice di libri. La scrittura è l’ago della mia bilancia, è una passione o un gesto che mi rimette in equilibrio, in contatto con il mondo.

Uno scrittore è legato a tutti I suoi libri, e ognuno dei miei cinque rappresenta un momento, un punto della mia vita. Sto pensando, dopo tanti anni, a una nuova raccolta di poesie che dovrebbe seguire “Pietra serena” . “La città che voleva volare” e “I Gigli della memoria” sono ambedue dedicati all’Aquila e ricordano in modo diverso il terremoto del 2009 che ha sconvolto la città e centri limitrofi.

Nero è il cuore del papavero ( tabula fati 2017) è il mio primo romanzo, a cui sono molto legata. Con l’ introduzione dello scrittore Paolo Rumiz; il libro è dedicato a mio padre, ed è una grande lettera d’amore nei suoi confronti, inframmezzata da ricordi, riflessioni, riti e abitudini di una cultura contadina montanara, dell’Abruzzo aspro.
Ho avuto numerosi e importanti riconoscimenti: oltre ai premi già citati , è stato presente al FLA, al salone del libro di Torino, al Book festival ; numerose le presentazioni durante le quali ho ottenuto successo di pubblico e ottime recensioni. È un libro nato dal dolore e in mezzo al dolore : ma c’è spazio per momenti rasserenanti, per I ricordi lontani e vicini, e una continua meditazione sul tempo e sul senso della vita, e le sue stagioni.
Perché proprio “ Nero è il cuore del papavero” ? Perché il papavero è un fiore delle nostre campagne, fragile eppure forte che impreziosisce I nostri ciglioni e si trasforma in una sciarpa di seta rossa che avvolge tutto il paesaggio … Nero perché i semi e il suo cuore sono neri, come quelli che lascia la scrittura.
Sono una insegnante di materie letterarie ed attualmente svolgo il mio lavoro all’ Istituto “Acerbo” di Pescara. Amo questa professione che cerco di esercitare nel modo migliore con passione e professionalità da 25 anni . È un compito non semplice in cui si è a contatto con ragazzi e ragazze in età ed in periodi della vita delicatissimi. Metto passione in tutto ciò che faccio.
Non ho un autore preferito anche se mi riconosco di più in alcuni. Molto però dipende dal periodo che sto vivendo. In questi ultimi anni tendo più a rileggere che a leggere. Ci sono degli autori e dei testi che non finiscono mai di stupirmi.

Perché scrivo? Non so, è un bisogno che possiedo dentro di me da quando ho coscienza. Vado riempiendo negli anni agende e quaderni in cui annoto impressioni, pensieri, riflessioni, poesie, abbozzi , progetti letterari …insomma una specie di Zibaldone fatto di tante agende colorate e di diverso formato.
Mi piace scrivere a mano. Scelgo accuratamente la carta e la copertina rigida del quaderno o dell’ agenda. Spesso mi seguono nascosti nella mia borsa per molti mesi. Il computer lo uso nella seconda fase, quella della riscrittura. La tecnologia è un valido aiuto per un autore , perché permette di avere a disposizione tutto ciò che abbiamo scritto, archiviato in poco spazio.

Collaboro con Il Centro in alcune rubriche: Alfabeto, in terra d’Abruzzo, Carboncino, molto seguite. È importante la scrittura giornalistica perché obbliga a stare entro un certo numero di battute e ti aiuta a dire l’essenziale. Asciuga la scrittura e mi piace perché il mio fine è proprio quello di avere un’ esposizione limpida, curata, essenziale.

Sto lavorando su due progetti, due romanzi che richiedono però tempi lunghi. Amo gli animali immensamente. Ora ho solo un cane, ma ho avuto tantissimi gatti e ne sento la mancanza.
Ho una casa in cui I libri straripano, debordano. Ne acquisto sempre di nuovi anche se ne ho tanti ancora da leggere …”

Articolo a cura di Elisabetta Mancinelli

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