FRANCAVILLA AL MARTE (CH) – Per la prima di una lunga serie di presentazioni, Peppe Millanta sceglie casa sua. Appuntamento per oggi, sabato 17 Febbraio alle 18:30 al Foyer del Palazzo Sirena di Francavilla al mare per raccontarci il suo primo romanzo dal titolo “Vinpeel degli orizzonti” edito da Neo Edizioni. Assieme a Francesco Coscioni della casa editrice interverrà anche il Presidente della Fondazione Michetti Carlo Tatasciore. Un primo romanzo che significa esperimento ed evoluzione per l’espressione del musicista abruzzese.
Da cantautore ad autore teatrale fino alla parola scritta e romanzata con questo primo lungo racconto in cui il piccolo Vinpeel troverà il modo di tornare alla verità delle cose attraverso un percorso di fantasia e di simbologie ricche di morali e di valori che ad oggi dovremmo tornare a custodire. Ed è forse questa il grande insegnamento di questo primo romanzo di Peppe Millanta. Una lettura che fa sorridere, insegna ed emoziona. Due chiacchiere con l’autore prima di incontrarlo dal vivo al Palazzo Sirena di Francavilla.
Come sei arrivato all’idea di questo primo romanzo?
“Domanda difficilissima. Volevo parlare di un qualcosa di intimo, che mi toccasse nel profondo e potesse al contempo coinvolgere più persone possibili. Ho avuto la fortuna di viaggiare molto, di conoscere gente, la musica di strada mi ha messo a contatto con persone lontane dal mio quotidiano, e sempre ho ritrovato in loro dei tratti comuni quando si aprivano: la tensione costante verso una felicità perduta, una nostalgia per quello che poteva essere. Per questo ho voluto creare una storia che parlasse di seconde possibilità, di felicità, di allegria, buttandoci dentro molte delle cose che ho carpito e ascoltato qui e là negli anni. Il nucleo originario, alcuni passaggi, alcuni personaggi, risalgono addirittura ai tempi dell’università, quando però non mi era ancora chiaro che volessi parlare proprio di questi temi”.
L’incontro con la NEO Edizioni: com’è avvenuto questo sodalizio?
“È stato un incontro fortuito, come tutti gli incontri belli. Ero a suonare ad una festa privata insieme alla Balkan Bistrò e alla fine del concerto mi sono intrattenuto a parlare con questo tizio riccioluto con accento campano. É scattata subito la simpatia. Abbiamo parlato di musica, di viaggi, di fotografia, del camper che voleva vendere, fino a quando dopo parecchie chiacchiere (e parecchi amari) ho scoperto che si trattava dell’editore della Neo. A quel punto ho provato a darmi un contegno e una espressione seriosa, “da scrittore” per intenderci, perché volevo proporgli una “cosetta”, ma era decisamente troppo tardi (maledetti amari). A quel punto però mi aveva già dato il numero (io ero alla ricerca di un camper da acquistare) e quindi ho avuto il tempo di provare per qualche giorno l’espressione seriosa “da scrittore”. Quando mi sono sentito pronto l’ho contattato e mi sono presentato da lui. Devo dire che l’espressione mi è riuscita abbastanza bene visto che mi ha creduto, anche se poi il camper non l’ho acquistato”.
Quanta musica c’è di Peppe Millanta in questo romanzo?
“Tantissima. La musica mi ha sempre aiutato a connettermi con qualcosa di profondo. Però più che la mia musica, ci sono i miei ascolti. Non ho scritto una parola senza che ci fosse un adeguato accompagnamento musicale, spesso sfiorando la follia visto che mi capitava di immergermi così a fondo nella scrittura che potevo ascoltare lo stesso brano in loop per una giornata intera (con somma gioia del vicinato). Tra i brani più gettonati durante la stesura, tutti rigorosamente senza cantato, ci sono il Quartetto d’Archi di Samuel Barber, tutte le musiche del duduk armeno di Djavan Gasparian, “In the Mood for Love” di Shigeru Umebayashi, e colonne sonore, primi tra tutti Ennio Morricone con “Nuovo Cinema Paradiso” e Yann Tiersen con “Il favoloso mondo di Amelie”. L’unico brano cantato che potevo ascoltare era “Sacrifice” di Lisa Gerard. In una sorta di mappa mentale, avevo le musiche adatte per ogni capitolo che andavo scrivendo, in base all’emozione che volevo raccontare e al ritmo che volevo tenere”.