PESCARA – Pescara ha celebrato oggi la Giornata della Memoria con due iniziative: una presso l’aula magna della scuola media ‘Tinozzi’, dove Renato Diodati, 95 anni, reduce da un campo di concentramento ha raccontato, la sua drammatica esperienza di deportato . Ad ascoltare le sue parole gli studenti delle classi prime medie, con la dirigente Annarita Bini, alla presenza dell’assessore alla Cultura del Comune di Pescara Giovanna Porcaro e del Direttore dell’Archivio di Stato Antonello De Berardinis.L’altra celebrazione si è svolta presso il Museo delle Genti d’Abruzzo, dove il Comune ha patrocinato l’evento organizzato dall’Associazione Scienze Under18 su ‘Le razze umane non esistono’, alla presenza del rettore Carmine Di Ilio e del professor Giandomenico Palka.
“Anche Pescara oggi ha voluto celebrare in modo solenne la Giornata della Memoria – ha ricordato l’assessore Porcaro -, la Shoah, ossia la liberazione da Auschwitz da parte dell’esercito russo dei primi superstiti. Dunque parliamo di una data di straordinaria importanza per la memoria, una data di cui mai dovremo stancarci di parlare ai nostri ragazzi. Due le iniziative che oggi ci vedono impegnati: la prima presso il Museo delle Genti d’Abruzzo, dove il Comune ha patrocinato l’evento organizzato dall’Associazione Scienze Under18 su ‘Le razze umane non esistono’, alla presenza del rettore Carmine Di Ilio e del professor Giandomenico Palka, ordinario di Genetica, evento con il quale Pescara aderisce formalmente al ‘Manifesto contro ogni forma di razzismo’. Alla manifestazione hanno preso parte gli studenti del Liceo Scientifico ‘Da Vinci’, del’Istituto ‘Marconi’, della media ‘Mazzini’. La seconda iniziativa ha invece visto protagonisti gli studenti della scuola Media ‘Tinozzi’ con la Dirigente scolastica, la professoressa Annarita Bini, e con una serie di ospiti che hanno lasciato ai ragazzi le proprie testimonianze inerenti il periodo della deportazione nei campi di concentramento. A offrire il punto di vista storico è stato il giornalista Marco Patricelli, un’autorità in materia, per poi lasciare spazio a Renato Diodati, 95 anni, reduce da un campo di concentramento”.
E il racconto di Diodati è stato ascoltato nel completo silenzio della sala, un racconto partito da quando, appena ragazzo, si trasferì a Bologna, sotto la guerra, come Vigile del Fuoco presso l’aeroporto, “un viaggio fatto con un pescatore, Ciaccio, che portava con sé una federa di cuscino piena di pesce fritto: ogni tanto apriva il sacchetto, un po’ di sale e il pesce è finito. Dopo un paio d’anni, finita la guerra, è arrivata la cartolina di ‘trattenuto per esigenze belliche’, quindi invece di rimandarmi a casa è arrivato il trasferimento verso i Balcani. I partigiani non ci sopportavano, ho fatto il viaggio da Lubiana verso la Grecia, dove i partigiani avevano minato le Ferrovie. Sono vivo solo per miracolo, perché ero nell’ultimo vagone del treno, uno dei pochi a non precipitare nel vuoto. Poi il trasferimento a Budapest, sette giorni di viaggio senza mangiare, sino al campo di concentramento in Polonia dove, quando siamo arrivati, ci volevano ‘disinfettare’ i vestiti. Quando siamo entrati in una stanzetta, piena di scarpette di bambini, abbiamo capito cosa significava, e nella stanza accanto, per terra, c’erano i capelli rasati di donne e uomini. E anche in quel caso mi ha salvato Dio: sono stato scelto da un contadino per lavorare alla raccolta delle patate, dentro una fattoria, dove una donna tedesca ci dava di nascosto del latte. Aveva un figlio prigioniero a Montecassino e sperava che un’altra mamma pietosa rischiasse la vita per aiutare quel figlio. Poi, finita la raccolta delle patate, di nuovo a lavoro in un’acciaieria tedesca, dove si fabbricavano i cannoni della guerra. Infine la fuga, dopo l’8 settembre: oggi sono rimasto solo a raccontare ai nostri nipoti l’esperienza della Shoah e ho il dovere morale di continuare a parlare finchè avrò vita e fiato”.
A Diodati l’assessore Porcaro ha poi donato una targa, ricordando che “il lavoro di organizzazione portato avanti dall’amministrazione comunale di Pescara in realtà si è spinto oltre, affondando le radici nella ricerca: con l’Archivio storico, infatti – ha detto l’assessore Porcaro –stiamo realizzando un lavoro di ricerca archivistica e storica relativa alla Comunità ebraica che viveva a Pescara e che con i famosi treni della disperazione partirono da Pescara verso i campi di concentramento. Primo obiettivo dell’iniziativa documentaristica è quello di individuare, trovandone traccia scritta, la stazione ferroviaria da cui vennero fatti partire gli ebrei, se la stazione di Pescara centrale o di Porta Nuova, e in quel luogo la nostra amministrazione andrà a installare una lapide, o un monumento, per lasciare un segno visibile e tangibile del passaggio e dell’evento tragico”.
“L’Archivio di Stato – ha spiegato il Direttore De Berardinis – conserva istituzionalmente i documenti storici sulla Shoah e le notizie inerenti l’applicazione delle leggi razziali derivano solitamente dagli Uffici periferici del Ministero degli Interni, ossia Questura e Prefettura. Ora stiamo facendo degli approfondimenti su come le leggi razziali furono applicate e qual è stata poi la vita e la presenza degli ebrei a Pescara e nella provincia. Questi sono aspetti meno conosciuti, perché mentre la vicenda dei vagoni e dei treni della morte hanno avuto ampia risonanza, la vicenda degli internati è meno nota. Una parte degli ebrei era infatti internata in località di montagna, in isolamento, dove però proprio quegli ebrei portarono economia alla popolazione interna, perché gli internati ricevevano comunque un sussidio per pagarsi vitto e alloggio e con quelle somme andarono a movimentare l’economia locale. L’obiettivo del regime, che era quello di isolare gli ebrei, di impedire i rapporti con la comunità, fallì miseramente perché gli ebrei riuscirono a intessere rapporti. Alcuni erano medici ed esercitavano la professione, nonostante il parere negativo del regime. L’idea è di raccogliere tutti gli eventi tra i documenti dell’Archivio”.