L’ex assessore alle Politiche sociali del Comune di Pescara lo ha detto durante il convegno dal titolo ‘Quale sanità in Abruzzo’
PESCARA – Si è aperto con un minuto di silenzio, dedicato alla memoria del professor Augusto Pomidori, ex assessore regionale e illustre medico chirurgo, il convegno ‘Quale Sanità in Abruzzo’, organizzato dall’Associazione Medici Cattolici Italiani, sezione di Pescara, presieduta dal dottor Giandomenico Palka, e svoltosi presso una gremita sede della Fondazione PescarAbruzzo.
“Pomidori – ha detto il dottor Guido Cerolini, membro dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, moderatore del convegno ed ex assessore alle Politiche sociali del Comune di Pescara – avrebbe sicuramente potuto dare un importante contributo alla sanità abruzzese in un momento di riforma tanto delicato e difficile, come quello che stiamo vivendo e che abbiamo voluto porre al centro di un confronto istituzionale tra addetti ai lavori: i medici da una parte, protagonisti di tale processo di riforma, e la politica dall’altra, chiamata a fare delle scelte che non possono, però non tener conto delle esigenze del territorio”.
Relatori della giornata, oltre al professor Palka, anche il dottor Vincenzo Dogali, responsabile del Centro di Oncologia diagnostica dell’ospedale civile di Pescara, che ha proposto un excursus sulla storia normativa della sanità abruzzese; il dottor Silvio Basile, che ha affrontato il delicato tema dell’interazione tra l’ospedale e il territorio; il professor Carmine Di Ilio, magnifico Rettore dell’Università ‘D’Annunzio’, che ha proposto il ruolo dell’università nella sanità; e, infine, l’assessore regionale alla Sanità Silvio Paolucci.
“Sicuramente – ha spiegato Cerolini – l’Abruzzo sta attraversando un periodo di grandi cambiamenti, normativi, strutturali, finanziari, anche culturali, se vogliamo, cambiamenti che stanno vedendo la sanità nell’occhio del ciclone, quasi al centro di una contesa tra chi vede necessariamente nella riforma l’obbligo a rivoluzionare, improvvisamente, uno spaccato tanto delicato del nostro vivere sociale, e chi cerca invece di opporsi a tale rivoluzione. La giornata di confronto ha voluto proporre la necessità di fare sintesi tra tali necessità ed esigenze, cercando di mediare, di far comprendere le ragioni dell’una e dell’altra parte, una sintesi proposta comunque con la consapevolezza di parlare in qualità di ‘addetti ai lavori’, di persone che conoscono sia le realtà ospedaliere che la medicina del territorio. La preoccupazione che oggi permea i sanitari, coloro che operano a più immediato contatto con gli utenti-pazienti, è quella di non far venir meno i servizi: la necessità di fronteggiare, anche nella sanità, la Spending Review, il desiderio di scrollarsi di dosso quella fama di ‘regione canaglia’ che per anni l’Abruzzo si è sentita attribuire, va sicuramente contemperata con l’esigenza primaria comunque di garantire prestazioni all’utente, di non privarlo di punti di riferimento, di mantenere quello stato di assistenza sanitaria che, diciamolo senza modestia, ovunque ci invidiano nel mondo, e che garantisce a tutti parità di trattamento e possibilità di accesso alle cure mediche. Ecco allora che il nostro obiettivo, che non va mai dimenticato né perso di vista, dev’essere il cittadino-paziente. Il cittadino dev’essere il target unico e fondamentale per noi medici, per le Istituzioni, per le Pubbliche amministrazioni, il cittadino-paziente dev’essere al centro della riforma stessa della sanità abruzzese, un’ambizione che, lo sappiamo, è tutt’altro che semplice, ma è l’ambizione alla quale noi tutti dobbiamo mirare per non veder fallire la nostra mission, perché è evidente che, quando si parla di ‘riforma del sistema sanitario’ non si può parlare solo di numeri, di bilanci, di uscite ed entrate che devono andare a pareggio, perché quando parliamo di sanità parliamo soprattutto e primariamente di persone, di soggetti afflitti da una qualunque patologia e che si rivolgono ai medici, alle Istituzioni, con speranza e fiducia. Oggi il grande tema attorno cui si avviluppa il discorso è quello del taglio o meno dei punti nascita, della chiusura o meno di ospedali o della loro trasformazione in strutture di lungo degenza, e si rischia di perdere di vista quelli che sono i reali bisogni dei cittadini, che, inevitabilmente, guardano con timore a qualunque stravolgimento. Ma quel timore deve riguardare anche le pubbliche istituzioni perché non vorremmo che, la chiusura di strutture territoriali, si traducesse in un incremento della mobilità sanitaria verso altre regioni, con un’inevitabile crescita della spesa, che oggi l’Abruzzo non può permettersi”.