La cerimonia di intitolazione ha preceduto gli interventi di un palco istituzionale e di voci provenienti dal mondo della giustizia, per ripercorrere la storia di Cirillo, morto nel 1993 a seguito del coinvolgimento del suo nome nell’ambito delle indagini relative a Tangentopoli, da cui uscì completamente estraneo. La sua tragica decisione ha mosso la cerimonia a cui hanno partecipato anche la moglie Mirella Magnani e i due figli e i fratelli dell’architetto, consigliere comunale scomparso all’età di 43 anni.
All’evento, moderato dal direttore del Centro Mauro Tedeschini, hanno partecipato il sindaco Marco Alessandrini, il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, il Presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso; il Prefetto Vincenzo D’Antuono; Cristina Tedeschini, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Pescara; Angelo Zaccagnini, presidente Sezione Penale presso il Tribunale di Pescara; Pietro Mennini, procuratore della Repubblica
“A 22 anni dalla sua tragica scomparsa ci vengono restituite tante testimonianze su Valterio Cirillo – così il sindaco Marco Alessandrini – mi ha colpito una lettera che un’associazione, quella dei sordomuti mi ha affidato oggi con il dispiacere di non poter seguire questa cerimonia per la mancanza di un interprete. Volevano esserci perché Cirillo era stato loro vicino come rappresentante della comunità, questa loro presenza testimonia tante cose. Testimonia il valore della persona, la sua grande sensibilità, l’impegno per il suo lavoro e per gli altri. All’alba di quegli anni tutto questo è divenuto tremendamente fragile di fronte alle ombre che minacciavano tali valori. Ed è in nome della sua innocenza che l’intitolazione della piazza vuole indurre una riflessione sulla memoria e sull’integrità delle persone che vivono momenti così difficili e consegnare alla comunità il ricordo di un cittadino integro e al servizio degli altri. In questo può tanto la memoria: può restituire qualcosa, può invitare a riflettere sul valore delle parole e sull’importanza dell’integrità, a mettersi nei panni di chi deve esercitare la giustizia e di quanti si sono trovati schiacciati in condizioni analoghe. Saluto la famiglia, la moglie che ha cresciuto con grande discrezione e mitezza i suoi ragazzi e li ha fatti diventare grandi, coltivando la memoria di un padre integro e pulito come la giustizia ha dimostrato”.
Denominatore comune negli interventi che si sono succed
Di processo mediatico e del rapporto fra indagini, processi e comunicazione ha parlato invece Pasquale Fimiani, sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, mentre Nello Grossi, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, ha rimarcato l’importanza delle parole nel raccontare fatti giudiziari, richiedendo a tutte le parti in causa, dai giudici, agli avvocati, ai giornalisti, attenzione ai soggetti coinvolti nelle fasi di accertamento e di verifica attraverso i procedimenti giudiziari, affinché non si verifichino fatti tragici come quello di Cirillo.
Particolarmente toccante l’intervento Pietro Mennini, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Chieti: “Io ho interrogato Valterio Cirillo – ha raccontato – e ricordo subito che mi fece una positiva impressione, tanto che gli dissi che ero certo che la sua posizione si sarebbe risolta esaurita la fase di indagine, com’è accaduto ma poco dopo la sua morte. Quando ho saputo del suo gesto sono rimasto sconvolto. Ricordo che con il procuratore Enrico Di Nicola ci siamo chiusi in una stanza e abbiamo pianto e anche pregato. Nei giorni successivi, ricevemmo una lettera dalla famiglia che ricordo con grande emozione e rispetto, perché avevano compreso che quello che era successo aveva un peso enorme per il loro congiunto. Questo perché lui aveva le mani pulite, ma nel senso immediato del termine e oggi sono contento, perché i fatti di allora e questa giornata lo dimostrano ulteriormente”.
“Bisogna affidarsi alla giustizia e attendere che ciò che deve essere verificato faccia il suo corso – così il presidente della Regione Luciano D’Alfonso parlando della sua vicenda giudiziaria – Non è facile, non è una scelta leggera. Quando vivi dentro simili citcostanze c’è un punto in cui resta esclusivamente la solitudine, anche quando si è circondati da consenso, poiché prevale l’impensierimento del momento che sequestra il cervello. Oggi nel ricordare Cirillo dobbiamo interrogarci su quante cose, da allora, sono cambiate nel rapporto tra processo penale e mass media. È necessario concentrare l’attenzione su due momenti: da un lato bisogna interrogarsi su quali siano le conseguenze e le ripercussioni della rappresentazione del processo giudiziario da parte dei media. Dall’altro lato bisogna soffermarsi sulla liturgia del processo all’interno dell’aula mediatica, sui rischi legati alla tentazione di celebrarlo sui mezzi d’informazione. Superato questo la verità arriva”.
Conclusioni al vice presidente della Corte di Cassazione Giovanni Legnini che ha annunciato l’approssimarsi di una sessione di lavoro proprio incentrata su tale argomento: “Cirillo non deve essere considerato vittima della giustizia – ha detto – né della stampa, ma di quel corto circuito che si è innescato in quegli anni e che ancora oggi si innesca fra giustizia, comunicazione e cittadini. Questo è il cuore del problema su cui servono nuove regole a tutela di tutte le parti e a cui stiamo lavorando per ottenere una nuova legislazione capace di alzare i temi e di tutelare l’onorabilità delle persone, soprattutto nelle fasi di indagini e dalla conclusione del processo fino al deposito delle sentenze”.
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