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Pescara, nuova lapide al muro dei bombardamenti

da Donatella Di Biase

Installata sul vecchio muro dell’ex stazione, in sostituzione delle due vecchie targhe ormai deteriorate, è stata inaugurata ieri

PESCARA –  Si è svolta ieri la cerimonia  di inaugurazione della  nuova lapide installata  , in corso Vittorio Emanuele, sul vecchio muro dell’ex stazione,simbolo  della tragedia dei bombardamenti su Pescara e  dei nostri morti , in sostituzione delle due vecchie targhe ormai deteriorate dal tempo e dalle intemperie. La manifestazione  si è aperta con il piccolo corteo, partito a inizio recinzione, del Gonfalone del Comune e della Corona d’alloro, portati dagli agenti della Polizia municipale in alta uniforme, e seguiti dal sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia, dal vicepresidente della Provincia di Pescara Fabrizio Rapposelli e dalla dottoressa Di Cesare della Prefettura di Pescara.

I tre rappresentanti istituzionali hanno raggiunto la lapide dov’è stata sistemata la Corona, per poi rimuovere il drappo rosso e scoprire la targa in marmo e ceramica sulle note dell’Inno Nazionale. Quindi la benedizione dell’abate generale Don Giuseppe Natoli, alla presenza, tra gli altri, degli assessori Guido Cerolini e Vincenzo Serraiocco e del capogruppo dell’Udc Vincenzo Dogali, oltre che dei rappresentanti di tutte le Associazioni Combattentistiche e d’Arma, dei rappresentanti delle Autorità Militari, e degli studenti dell’Istituto tecnico ‘Acerbo’.

Il sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia ha spiegato che  l’amministrazione comunale di Pescara ha dedicato la nuova lapide alle vittime degli otto drammatici bombardamenti ,ai  quasi novemila morti, alle  oltre 20mila persone costrette allo ‘sfollamento’  e a tutti coloro che hanno vissuto il dramma della Seconda Guerra Mondiale, che ancora oggi ne serbano il ricordo o che l’hanno tramandato a figli e nipoti.

Ha ripercorso il sindaco:

il 31 agosto del 1943 era un afoso giorno di fine estate; le spiagge di Pescara, ci dicono le cronache dell’epoca, erano affollatissime, i pescaresi cercavano di dimenticare la guerra che comunque sviluppava i suoi drammi quotidiani lontano dalle loro case. Fino alle 13.20 di quel maledetto martedì. A quell’ora infatti, quasi contemporaneamente al lugubre suono dell’allarme aereo, a riprova di quanto fosse inaspettata l’incursione, giunse dal mare la prima delle tre ondate di 40 bombardieri B24 dell’aeronautica alleata. Le cronache, i ricordi dei sopravvissuti e i filmati girati dagli stessi aerei che bombardavano, dimostrano come fossero affollate le spiagge e le strade del centro della città su cui si abbatterono centinaia di bombe ad alto potenziale, senza che la popolazione avesse alcuna possibilità di scampo. L’obiettivo dell’azione era la stazione ferroviaria, attraverso cui le truppe tedesche facevano affluire rifornimenti alla Linea Gustav, caposaldo della difesa germanica contro l’avanzata degli Alleati da sud, situata nei pressi della città di Ortona, dove si svolsero, fino al giugno del 1944, feroci combattimenti. Il Generale Montgomery, che aveva ordinato l’attacco sulla stazione di Pescara per spezzare le linee di rifornimento tedesche, non aveva tenuto in alcuna considerazione la strage che avrebbe provocato un bombardamento a tappeto sul centro della città, ove erano ubicati gli impianti ferroviari, e che era stata, fino a quel momento, risparmiata dal coinvolgimento diretto nel conflitto, e strage fu. Alla fine della prima giornata di bombardamenti, cui purtroppo ne seguirono altre tre nel settembre del 1943, due nell’ottobre e altre due nel dicembre, si contarono oltre 1.900 morti.

Fu un attacco devastante quanto inaspettato che, per una tragica ironia della sorte, lasciò intatta la stazione ferroviaria. Da quel momento i pescaresi capirono che la guerra era arrivata nelle loro case e nelle loro vite. E iniziò dunque lo ‘sfollamento’, un termine evocato dai nostri anziani con tono grave e triste per il rispetto di chi fu costretto ad abbandonare le proprie case, i beni, le botteghe, il lavoro, per scappare nelle campagne e rifugiarsi nei piccoli paesi limitrofi, ove si accese una gara generosa e commovente di ospitalità. Le cronache storiche riferiscono che quasi la metà dei 54mila abitanti abbandonarono la città. Senza che si verificassero ulteriori incursioni aeree, giunse l’armistizio dell’8 settembre, ingenerando l’illusione che si fosse davvero alla fine della guerra, cosicchè molti ‘sfollati’ decisero di rientrare in città. Il 12 settembre però le truppe tedesche entrarono a Pescara senza incontrare alcuna resistenza. Molti pensarono allora di allontanarsi da Pescara, ma con meno affanno utilizzando quei pochi treni civili che, intatta la stazione ferroviaria, continuavano a funzionare. E qui li colse il bombardamento del 14 settembre: fu devastante l’incursione delle 37 fortezze volanti ‘Liberator’ che rovesciarono 350 bombe ad alto potenziale sulla città con un altro massacro, mietendo tra le 800 e le 1.200 vittime civili.

Gli otto bombardamenti cui Pescara fu sottoposta provocarono, secondo le fonti storiche, complessivamente da 3mila a 9mila vittime civili e 12mila senzatetto, con la devastazione pressoché totale degli edifici del quadrilatero corso Umberto, corso Vittorio Emanuele, porto e riviera, la distruzione completa di oltre 1.300 edifici e il danneggiamento di altri 4mila 500. Questo frammento della storia di Pescara  è incastonato nel vecchio muro parte della recinzione della originaria stazione ferroviaria della città, lasciato a memoria perenne delle sofferenze di tanti pescaresi. La storia era rievocata in due targhe che, per il trascorrere del tempo, erano ormai degradate. Oggi l’amministrazione comunale ha inteso perpetuare il ricordo di quei fatti, attraverso l’installazione di una nuova lapide, a ricordo del martirio cui la nostra Pescara è stata sottoposta durante la Seconda Guerra Mondiale, in riconoscimento del quale la Città è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valor Civile. Esistono momenti, infatti, in cui la sobrietà e la crudezza dei fatti colpiscono il cuore e la mente più di mille parole. E’ dunque con questo spirito che oggi la città si inchina solennemente dinanzi al muro che rappresenta quei giorni, quella tragedia, quei nostri morti.

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