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Pescara, Nuova legge forestale: incontro con Giovanni Damiani

da Redazione

Si terrà oggi,presso la sede  di Italia Nostra

Giovanni Damiani incontro Pescara 4 aprile 2018

PESCARA – Oggi, 4 aprile 2018,alle ore 18.00, presso  la sede  di Italia Nostra,Biblioteca “Falcone e Borsellino,in via Milite Ignoto,22 a Pescara ,si terrà l’incontro con Giovanni Damiani sul tema della nuova legge forestale.

Di seguito la nota di Italia Nostra in cui vengono criticati alcuni punti  del Decreto Legislativo che apre  all’aggressione ai boschi italiani e consente il  trionfo della motosega :

Il Consiglio dei Ministri ha in fase conclusiva l’approvazione del Decreto Legislativo relativo al Testo Unico Forestale. La legge contiene affermazioni di principio condivisibili, ma poi leggendo attentamente l’articolato, si scopre che apre la strada al taglio feroce e generalizzato dei boschi in nome di un’interpretazione stravagante della Green Economy. Dai massimi esperti in materia è stato definito un “assalto ai boschi italiani” e il professor Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte Costituzionale, non ha esitato ad affermare “che questo decreto è contro la costituzione e i diritti fondamentali dell’uomo”.
Esso è basato su assunti privi di solide basi scientifiche accettabili e la sua promulgazione viene sostenuta da pressioni lobbystiche che stanno intervenendo anche con prese di posizioni pubbliche, talvolta condite da menzogne.
La nuova legge si fonda sul principio della “gestione attiva dei boschi”, che tradotto significa che i boschi, senza distinzione, non devono essere lasciati alla loro evoluzione naturale, non sarebbero ecosistemi ecosistemi naturali complessi e auto-sostenuti, autorganizzatisi in decine di milioni di anni prima della comparsa dell’uomo, che evolvono in modo autonomo con caratteri compositivi e strutturali che spesso ne aumentano i servizi ecosistemici associati; secondo questa legge invece devono essere sempre oggetto di taglio ciclico, periodico.

Per giustificarla i sostenitori di questo decreto non dicono mai che si apre la strada per trasformare in cedui immense superfici boschive per destinare la legna alla combustione nelle grandi centrali elettriche a biomasse o per farne pellet per le stufe. Questo concetto è celato comunque dietro il termine “valorizzazione energetica”. Si dice che i boschi vanno tagliati e “puliti” perché la colpa degli incendi boschivi devastanti che hanno interessato l’Italia nel 2017 deriverebbe “dall’abbandono” dei boschi ! In Abruzzo nel 2017 vi sono stati oltre 216 incendi di vaste proporzioni. Questa regione ha circa il 40% del suo territorio protetto da Parchi e Riserve Naturali e un patrimonio forestale stimato in 438.590 ettari, pari al 40,6 % dell’intera superficie regionale. Nel convegno “Fiamme sull’Appennino” svoltosi in ottobre scorso a Pescara, promosso da 20 Associazioni ambientaliste in collaborazione con cinque Istituzioni scientifiche di elevatissimo livello in materia, sono state illustrate e denunciate chiaramente, tramite uno studio condotto con il contributo determinante di Italia Nostra, le responsabilità del perché quelle fiamme hanno divorato circa 7500 ettari di la natura nel corso di 45 giorni.

Le cause risiedono nell’abbandono della sorveglianza del territorio, nel fatto che sono venute meno le forze storicamente impegnate nello spegnimento e la politica regionale che ha eliminato l’attenzione alle foreste. Infatti con l’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato all’Arma dei Carabinieri, gli addetti allo spegnimento che negli anni precedenti erano di 1.198 unità di personale qualificato, attrezzato e ben addestrate in materia e con esperienza sono stati ridotti agli attuali 181 (di cui 150 volontari e 31 dei Vigili del Fuoco chiamati dai Capoluoghi e senza esperienza e mezzi per quelle tipologie di incendio). Sono mancati all’appello ben 1.017! La regione inoltre non ha aggiornato il suo Piano Rischi da Incendi Boschivi (A.I.B.) fermo al 2016 (quando lo spegnimento era affidato alla la Forestale) sebbene il disposto della L.R. n. 3/2014 ne obbliga all’aggiornamento annuale. Inoltre il Piano di Gestione Silvo-Pastorale, che ciascun Comune e Amministrazione Separata degli Usi Civici hanno l’obbligo di redigere e la Regione di approvare, (in definitiva sono dei Piani regolatore dei boschi, primo elemento di prevenzione degli incendi, che ne prevede l’utilizzo sostenibile, la manutenzione e la sicurezza attraverso, ad esempio, di fasce tagliafuoco), non esistono: un solo Comune (Schiavi d’Abruzzo) ha concluso l’iter.

La Regione Abruzzo, infine, non si è dotata del Piano Regionale delle Foreste, ha smembrato le competenze in materia in diversi assessorati, ridotto drasticamente i fondi di bilancio rispetto alle dotazioni storiche, ha destinato alle foreste un misero 0,7% dei fondi del Piano di Sviluppo Rurale, cifra offensiva sia per l’Abruzzo Regione Verde d’Europa che ha tutelato oltre il 35% del proprio territorio con Parchi e Riserve, e sia per l’ecologia che per l’economia ad essa connessa. Ha contribuito ad aggravare gli effetti degli incendi, infine, l’illusione che tutto potesse essere fronteggiato coi mezzi aerei del CONAU che invece erano subissati di richieste (816 in quel periodo) e non possono operare di notte. Queste le cause degli incendi…e non certo il presunto “abbandono dei boschi”.
Altra incredibile affermazione a favore del decreto taglia-boschi, assolutamente priva di fondamento scientifico e pratico è venuto dal Presidente del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali (CONAF) nonché Presidente dell’Associazione Mondiale degli Agronomi (AMIA-WAA, World Association of Agronomists): ha sostenuto che per evitare frane e alluvioni bisogna tagliare i boschi. E che dire dell’Accademia dei Georgofili che si affanna a smentire le critiche pesanti sollevate dal mondo accademico … rispondendo però a cose mai dette dai 264 Accademici che, da Bolzano a Palermo, hanno firmato una appello a NON varare questa legge. La petizione dei Medici per l’Ambiente avviata per fermare questo provvedimento ha quasi raggiunto mentre scrivo, 8.000 sottoscrizioni e nonostante la gravità delle cose sollevate rispetto ai pericoli per la salute delle centrali a biomasse, non vi sono risposte di sorta.
Ma quali sono i punti salienti di questo decreto che avversiamo con determinazione?
Nulla da dire sull’uso del legno come risorsa rinnovabile e pregiata. Il problema è che questa legge non distingue i boschi di produzione da quelli di conservazione. Esistono boschi che assolutamente non dovrebbero essere toccati dall’uomo perché antichissimi o perchè elementi fondamentali del paesaggio o per motivi storico-ambientali (perché cornice di dimore storiche, di edifici storici o aree archeologiche), o per motivi genetici o infine per evitare processi erosivi senza controllo.
Preoccupa in questa legge, altresì, la non chiarezza su chi dovrebbe gestire gli inventari forestali, e con quali criteri. Questa gestione, infatti, faceva capo al Corpo Forestale dello Stato, autorità in materia che ha meritato fiducia in quanto ha garantito equilibrio, terzietà e rigore. Con nuovi e diversi soggetti potrà accadere qualsiasi cosa.
Questa legge rappresenta non solo una schiaffo alla cultura ecologista e scientifica degli ultimi trent’anni, ma persino un salto all’indietro di 95 anni se si pensa che la legge detta Serpieri del 1923 istituiva categorie di boschi che, salvo casi eccezionali, non potevano essere usati nè toccati per evitare il dissesto geologico-idrico. Nella nuova legge invece si parla di cedui per protezioni idrogeologiche, cosa assurda, ignorante, antiscientifica. Per questa legge, in aggiunta, boschi riformatisi spontaneamente in decenni nelle aree abbandonate, possono essere eliminati. Anche le aree di rimboschimento artificiale, che in Italia rappresentano il 40% della nostra superficie forestale attuale, la cui riforestazione è stata fatta circa un secolo fa con risorse pubbliche, possono essere tagliate. Ma c’è di peggio ancora: la legge afferma che si può eliminare, trasformare, il bosco in una determinata area a condizione che questo intervento possa venire “compensato” …anche magari con l’apertura di una strada, o con un poco di soldi alla Regione. Ma la cosa più grave (e incostituzionale) riguarda i boschi privati: qualora il proprietario non praticasse la “gestione attiva (si parla del “superando il turno” fissato per il taglio periodico) sono considerati come “abbandonati” dal proprietario e la Regione può sostituirsi a quello affidandoli alle motoseghe di consorzi o cooperative di giovani. E questo in un Paese ove la proprietà privata è sacra…..

A chi giova tutto questo? Diciamocelo: alle lobby potentissime delle centrali elettriche a biomasse e della produzione del pellet per le stufe. In Italia sono state realizzate grandi centrali a biomasse che esistono solo per via degli incentivi governativi per le fonti rinnovabili. Per alimentarle occorre tanta, tanta legna e per renderla disponibile si stanno sostenendo tesi scientificamente assurde. Si dice che la combustione delle biomasse sarebbe “neutrale”, vale a dire a bilancio zero rispetto al bilancio della CO2 perché le emissioni di anidride carbonica causate dalla combustione sarebbero compensate dalla CO2 a suo tempo assorbita nel legno attraverso la fotosintesi. Questo punto di vista è ingannevole perché non tiene conto del fattore “tempo”: la scienza avverte che la riduzione delle emissioni climalteranti deve avvenire da subito, con urgenza e ne deriva che conviene che il carbonio, per quanto possibile, resti immobilizzato negli ecosistemi forestali più a lungo possibile. Se non si prende in considerazione il fattore “tempo”, dovremmo concludere che anche il petrolio, il carbone e il metano che usiamo, sarebbero “a bilancio neutro” perché ci restituiscono il carbonio che deriva da biomasse sepolte in ere geologiche!
Si tace, infine, che la combustione di legna in enormi quantitativi concentrati in grandi impianti produce un inaccettabile inquinamento atmosferico soprattutto da polveri ultrasottili, in un paese ove la qualità dell’aria è particolarmente scadente al punto che è in corso una procedura di infrazione da parte dell’UE. Le biomasse solide, infatti, contribuiscono (dati ISPRA1) per circa il 68% al PM2.5 primario, cui va attribuito una consistente quota dei decessi prematuri che si registrano ogni anno in Italia. Da qui l’opposizione ferma anche dei Medici per l’Ambiente. La motivazione che i boschi periscono senza l’intervento dell’uomo, che divengono addirittura pericolosi, che vanno tagliati a turno senza distinzione, che il taglio migliorerebbe la difesa idro-geologica è talmente assurda da non meritare neppure una risposta ma getta un’ombra pesante sulle forzature che sono disposti a compiere i sostenitori della legge , taluni dei quali hanno sconfinato nel ridicolo pur di anteporre i quaranta denari del profitto ignorando tutta la complessità, la bellezza ed i servizi ecosistemici che i nostri boschi danno a questa nostra terra.

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