PESCARA – Come ogni anno ieri mattina sono stati ricordati i tre cittadini pescaresi fucilati dai tedeschi il 13 ottobre del 1943 in zona Fontanelle.
A Pescara, dopo l’armistizio, i tedeschi occuparono quella parte della città, intimando ai residenti la consegna delle armi: dopo una perquisizione nelle loro case furono rinvenute armi da caccia che seppur non funzionanti furono la condanna di cittadini innocenti, uccisi barbaramente nei territori circostanti.
“Questo è un appuntamento che vogliamo onorare perché parla di morti atroci che non possono essere dimenticate – così il vice sindaco Antonio Blasioli – Sono stati anni pesanti per la nostra città, che era appena uscita da bombardamenti che l’avevano piegata, distrutta, annientata. Queste morti si aggiunsero ad un bilancio che non è ancora stato definito, sotto le bombe perirono migliaia di persone e tantissimi furono vittime delle rappresaglie tedesche, atroci come questa in cui ai nostri concittadini fu persino chiesto di scavarsi le fosse. Non dobbiamo dimenticare questi tre uomini le cui vita si sono interrotte in modo inatteso e ingiusto e li ricorderemo sempre perché attraverso le loro vite impariamo a costruire un futuro capace di dire no alla guerra”.
“Dobbiamo condividere un futuro di pace perché veniamo da un passato doloroso – aggiunge il presidente del Consiglio Comunale Francesco Pagnanelli – L’Amministrazione ha una strada aperta alla memoria e continuerà a contribuire alla conoscenza del nostro passato, dobbiamo consegnarlo ai giovani perché appartiene loro e serve al loro futuro. Scoprendo queste storie e ricordandole, è come aggiungere giorni e attenzione che questi tre nostri concittadini purtroppo non hanno avuto”.
“A lungo questi tre nomi non sono stati ricordati – dice Marco Di Giacomo, nipote di uno dei tre uomini fucilati nel ’43 – Noi parenti abbiamo comunque ogni anno fatto di tutto perché questa data non passasse senza ricordo, in pochi sapevano quello che è accaduto qui, i loro nomi non sono negli elenchi ufficiali delle vittime e io ho partecipato alla redazione dell’Atlante delle Stragi perché il loro sacrificio venisse conosciuto, insieme all’atrocità della loro morte. Una morte assurda, non furono fucilati dove c’è il cippo, ma in diverse zone della campagna, dopo essersi scavati la fossa. Non vennero avvisate nemmeno le famiglie che li hanno ritrovati perlustrando le campagne e scavando la terra smossa, un dolore nel dolore. Vanno ricordati e qui a Colle Orlando lo faremo sempre”.
“Il coordinamento provinciale Anpi-Ettore Troilo a 74 anni da quei tragici eventi vuole ricordare le vittime civili dell’occupazione nazifascista a Pescara e nella Provincia – così il presidente Luca Prosperi – come ha rivelato lo studio dell’Atlante delle Stragi promosso dall’Anpi nazionale dal settembre 1943 al giugno 1944 nella provincia ci furono ben 32 episodi di uccisioni di civili, con decine di morti innocenti. Faremo di tutto perché non venga dimenticata quella che fu una vera e propria mattanza che iniziò subito dopo l’8 settembre quando a Torre de’Passeri fu fucilato Luigi Ricci, 32enne di Bolognano, accusato ingiustamente di furto. Il 13 ottobre poi fu la volta di due eccidi distinti: il primo a Cugnoli dove i tedeschi uccisero Vincenzo Chiulli (49 anni, tabaccaio), Domenico Domizio (51, contadino) e Paquale Di Marco (40, contadino), tutti nati e residenti a Cugnoli, insieme a Romolo Maggio (49, autista) e Fortunato Pucci (34, commerciante), ambedue sfollati da Pescara, furono intercettati da militari tedeschi, di stanza in località Vallarno, e passati per le armi. Secondo la ricostruzione a suo tempo operata dalla Prefettura, i cinque uomini si sarebbero recati a Pescara per prelevare del sale; secondo le testimonianze raccolte, il loro “viaggio” nel capoluogo adriatico sarebbe avvenuto per recuperare beni e vivere nelle case dei due sfollati e, probabilmente, furono fermati e fucilati perché contravvennero al coprifuoco. Medesima sorte, in quello stesso 13 ottobre 1943, toccò a Carlo Alberto Di Berardino, quarantenne ragioniere presso le Officine Camplone, Marco Di Giacomo, cinquantunenne contadino padre di 8 figli, e Giuseppe Mancini, operaio di 50 anni, fucilati a Colle Orlando, in località Fontanelle. Benché tutti residenti a Pescara, il solo Di Giacomo era residente a Fontanelle, lembo di territorio a vocazione agricola posizionato sulla Tiburtina Valeria, a poca distanza dall’aeroporto militare: i suoi due compagni di sventura, infatti, avevano trovato ricovero presso amici e conoscenti dopo i bombardamenti alleati che tra la fine di agosto e la metà di settembre devastarono Pescara”.
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