Il sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia, nel corso della conferenza stampa convocata ieri con l’assessore alla Gestione del Territorio Marcello Antonelli per illustrare il Piano,ha precisato:
nella redazione del documento abbiamo saputo coinvolgere sapientemente anche la Soprintendenza per i Beni Culturali e Paesaggistici e il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi ‘d’Annunzio’ di Chieti-Pescara. Ma soprattutto va sottolineata la rilevanza di un tale strumento operativo di lavoro per la tutela della qualità estetica e funzionale degli elementi che compongono l’arredo urbano della città. Troppo spesso in passato abbiamo assistito a progetti di riqualificazione avvenuti alla rinfusa, che hanno trasformato la città in un grande bazar di forme e colori: palazzi al centro storico su cui all’improvviso spuntava una parete dipinta di rosso fuoco e, accanto, un edificio in mattoncini, determinando un effetto ‘arlecchino’ che non aveva nulla di artistico, ma dava tanto l’impressione di una città pensata in maniera caotica e scoordinata. Tutto questo è accaduto proprio perché sino a oggi sono mancate delle regole specifiche, regole che imponessero l’utilizzo di colori e materiali consoni al paesaggio e coordinati, regole che vietassero in maniera chiara l’utilizzo di materiali troppo moderni accostati all’antico, regole che definissero in maniera univoca come ci si dovesse muovere in ambienti particolari, come può essere una riserva naturale. Oggi noi abbiamo creato e studiato quelle regole fornendo anche un atto di indirizzo inequivocabile per gli uffici che saranno chiamati a esaminare e autorizzare progetti e a rilasciare permessi, uffici che poi dovranno rapportarsi direttamente con i cittadini proponenti. Il nostro obiettivo principale è quello di garantire la tutela dell’immagine della nostra città, contribuendo a darle un’identità ben definita, attraverso l’arredo urbano, che serve per la definizione dello spazio, con i suoi percorsi, individuando, anche attraverso i materiali differenziati, le aree destinate al passeggio, all’incontro, ai giardini, definendo dunque in maniera chiara i materiali utilizzabili, ad esempio, per gli impianti della pubblica illuminazione, stabilendone a priori forme e colori. Il Piano del Colore mira inoltre a garantire una corretta individuazione della forma architettonica di un edificio e per ora abbiamo deciso di limitare tale strumento al solo centro storico o meglio all’interno della ‘zona d’interesse storico ambientale’. Per centro storico si intende l’area dell’insediamento circoscritto dalle mura della vecchia piazzaforte con via dei Bastioni, corso Manthonè, via delle Caserme, piazza Garibaldi e piazza Unione, area caratterizzata da presenze urbanistiche-identitarie importanti, come la Casa Natale di d’Annunzio, la casa natale di Ennio Flaiano, o il Museo delle Genti d’Abruzzo, ex Bagno Borbonico, o anche il Teatro Michetti. Per ‘zona ambientale’ abbiamo inteso soprattutto l’area di conservazione identificata come Rione Pineta che si estende invece a sud della città, tra la pineta d’Avalos e il mare, sino al torrente Vallelunga. Per l’applicazione del Regolamento per l’arredo urbano invece abbiamo diviso la città in tre zone e, oltre quella d’interesse storico-ambientale, c’è la zona urbana consolidata, che fa riferimento al tessuto urbano a ridosso delle grandi direttrici del traffico, come viale Bovio, corso Vittorio Emanuele, via Marconi e via d’Annunzio e le riviere nord e sud; e infine tutte le altre zone del territorio comunale a ovest del tracciato ferroviario, dunque aree produttive, con insediamenti artigianali, industriali, ma anche residenziali.
Il primo risultato – ha proseguito l’assessore Antonelli – sarà quello di riuscire a impedire d’ora in avanti la realizzazione di brutture, vietando dunque l’installazione di elementi che vanno a deturpare il decoro urbano. Vietata, ad esempio, l’installazione di impianti di condizionamento dell’aria, i classici cassoni posti solitamente all’esterno di locali o sui balconi delle abitazioni, vietati gli infissi d’alluminio al centro storico, e pensiamo che per la redazione di tale strumento abbiamo censito ogni singolo fabbricato situato sul territorio, in ogni singola strada, con uno studio storico dei cromatismi preventivati e permessi, ovvero rintracciando i colori originari degli edifici esistenti. Parallelamente c’è il Regolamento dell’arredo urbano che, ovviamente, non sarà retroattivo, ovvero non determinerà l’abolizione dell’esistente, ma sicuramente da questo momento cambia tutto. Le regole sono molto chiare: vietate, ad esempio, le iscrizioni dipinte sul muro nudo, le insegne sulle paline, o a bandiera, ad eccezione di farmacie o tabaccherie, le insegne sui tetti e balconi o che arrechino disturbo per luminosità. Vietate antenne e parabole sui fabbricati, antenne che dovranno quindi essere centralizzate per cancellare la giungla di pali sui tetti; il colore dominante di ombrelloni e gazebo esterni ai locali in zone come il centro storico o l’asse corso Umberto-piazza Primo Maggio, dovrà essere color panna. All’interno del centro storico, il colore degli edifici, in fase di manutenzione, dovrà essere realizzato rispettando le tonalità originali e, soprattutto, ciascun fabbricato dovrà essere simile a quello vicino per non dare l’effetto bazar. Se non possiamo eliminare l’esistente, non andremo più ad autorizzare nuove installazioni contrarie al regolamento. Il 30 agosto porteremo il documento in Consiglio comunale che, ci auguriamo, almeno su tale tematica sappia trovare il giusto accordo.
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