PESCARA – Ieri mattina, nella Sala Figlia di Iorio della Provincia di Pescara, è stato presentato il progetto promosso dall’Archeoclub per la tutela dei Tholos, le strutture in pietra a secco più importanti del versante nord occidentale della Maiella.
Durante la conferenza stampa è stato sottoscritto un documento con il quale si chiede alla Sovrintendenza di emettere la dichiarazione di interesse culturale (ex vincolo) sui Tholos.
A sottoscrivere la lettera: il sindaco di Abbateggio e presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco; il sindaco di Roccamorice Alessandro D’Ascanio; il sindaco di Lettomanoppello Giuseppe Esposito; il direttore del Parco Maiella Oremo Di Nino; e il presidente dell’Archeoclub Pescara Giulio De Collibus.
Ha preso parte alla conferenza stampa anche il ricercatore Edoardo Micati.
“I complessi agricoli ed agro-pastorali in pietra a secco, presenti nella nostra regione, ed in particolare sul versante nord–occidentale della Maiella, rappresentano la testimonianza di un preciso momento storico che va dall’eversione della feudalità al secondo dopoguerra – si legge nella lettera indirizzata alla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio -.
Tali complessi, che andrebbero inseriti in un ecomuseo come avvenuto in tanti paesi europei, che hanno già da tempo provveduto alla loro salvaguardia e valorizzazione, corrono il pericolo di un costante degrado che potrebbe, in brevi tempi, far sparire queste importanti e fondamentali testimonianze architettoniche ed antropologiche dell’Abruzzo.
Pertanto, sulla scorta della relazione che si allega e dell’ampia documentazione di quanto interesse susciti l’argomento, che di conseguenza ha comportato iniziative di salvaguardia in tutta Europa e nell’area mediterranea, ai sensi dell’art. 14 del Codice dei Beni Culturali si chiede la dichiarazione di interesse culturale dei complessi individuati nell’allegato elenco e la loro tutela in base all’.art. 10, comma 4, lettera l dello stesso codice”.
“Le opere in pietra a secco che caratterizzano gran parte dei coltivi della media montagna abruzzese e di altre regioni europee – hanno spiegato i relatori -, in particolare quelle che si affacciano sul mediterraneo, sono la testimonianza più evidente e più imponente dell’immane lavoro dei nostri antenati. Questo paziente accumulo fu dettato dalla necessità di bonificare campi e pascoli per poter sfruttare quel sottile strato di terra e le rade erbe presenti fra le pietre affioranti ovunque. Esse furono le prime opere di quei coloni che nei secoli scorsi si spinsero, dietro un crescente incremento demografico e in seguito alla crisi della pastorizia, a coltivare la media ed alta montagna: un patrimonio culturale da tutelare e salvaguardare.
L’abbandono dei campi della media ed alta montagna, però, unito alla fine della pastorizia tradizionale, hanno portato anche all’abbandono della consuetudine annuale del ripristino dei cedimenti dei muri a secco dei terrazzamenti e delle capanne. A questo lento dissesto del paesaggio agrario imputabile a naturali fenomeni di degrado, spesso si è aggiunto l’intervento dell’uomo.
Oggi, infatti, i danni peggiori vengono proprio da coloro che un tempo vivevano di montagna. Si distruggono terrazzamenti e mura di recinzione solo per poter arrivare con il trattore a caricare la legna tagliata. Al fine di salvare le testimonianze di un importante momento storico, quindi, vogliamo impegnarci ad avviare la dichiarazione di interesse culturale sulle capanne, sui terrazzamenti e sul paesaggio del quale fanno parte”.