Pescara

Pescara, successo per lo spettacolo “Quando si spengono le luci”

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Tra i 18 attori c’erano anche 7 detenuti del carcere di Pescara che per un anno hanno lavorato nel laboratorio di teatro dell’Associazione Voci di dentro

PESCARA – Oltre ottocento persone ieri mattina al Circus hanno assistito allo spettacolo “Quando si spengono le luci” opera teatrale tratta da un libro di Erika Mann adattato da Carla Viola, regia di Alberto Anello, prodotta dall’associazione Voci di dentro.

Tutto si svolge in un piccolo paese della Baviera alla vigilia della seconda guerra mondiale: un uomo con una valigia scende dal treno e inizia a camminare nella confusione, in un via vai di gente che si muove come se fosse in cerca di un riparo o in fuga da quella città dove nessuno riesce a capire che cosa sta succedendo, che cosa è già successo e soprattutto quello che da lì a poco succederà.

Sulle note di alcuni passi di J’y suis jamais allé di Yann Tiersen, sul palco si alternano un forestiero, un commerciante, la moglie militante nel partito, una coppia di fidanzati, un industriale, un giornalista, una cantante. I personaggi sono vittime, ma non mettono mai in discussione il regime direttamente, per manifesta incapacità di tener testa al delirio collettivo. Vittime che scopriamo di scena in scena, come scene sono anche i racconti di Erika Mann, racconti che sono quasi una cronaca giornalistica, storie vere che svelano la menzogna propagandistica, generalizzata e martellante del regime. Storie sul baratro di quella follia che riecheggia in tutte le scene e che si concludono in una immane tragedia e che forse si sarebbe potuto evitare.
Un’ora e 15 minuti di spettacolo che hanno messo i brividi e commosso la platea. Grazie a una magistrale regia, alla forza del testo, ai brevi stacchi musicali, ai giri di ballo e alla bravura degli attori, alla fine erano tantissimi gli studenti con le lacrime agli occhi. Lacrime che si sono aggiunte a quelle di un bambino che abbracciava il padre che non vedeva da troppo tempo perché in carcere.

Insomma una doppia magia quella messa in scena dall’Associazione Voci di dentro perché tra i 18 attori c’erano anche 7 detenuti del carcere di Pescara che per un anno hanno lavorato nel laboratorio di teatro dell’Associazione. Non solo per imparare a recitare ma soprattutto per affrontare il tema della violenza, della soppressione delle libertà ad opera del regime nazista, della fine di ogni senso di umanità  che poi ha portato nelle camere a gas milioni di persone tra ebrei, rom, omosessuali, handicappati, identificati come i nemici, non più persone ma cose da eliminare nel presupposto folle della creazione di una razza pura.

Precisa l’Associazione:

Voci di dentro lavora con le persone detenute e proprio con le persone che hanno compiuto dei reati  ci è sembrato importante affrontare questo tema, il tema appunto della violenza e della sopraffazione. In carcere spesso ci sono persone che non hanno visto l’altro, non hanno visto la persona, hanno visto l’altro unicamente come un mezzo  per raggiungere i loro fini,  e che poteva essere tranquillamente derubato, rapinato, ucciso. Di nuovo una cosa.
In questo senso questo nostro lavoro teatrale vuole essere un momento di studio, confronto e analisi perché l’uomo torni  a vedere l’altro come se stesso, come amico e non come nemico, come persona e non come mezzo. Perché l’altro siamo noi. Perché non ci potrà essere cambiamento se non c’è conoscenza e memoria e se non c’è libertà. E mi riferisco alla libertà degli altri.
Applausi a scena aperta alla fine dello spettacolo. Toccanti le parole di uno degli interpreti nelle vesti di un soldato nazista: si chiama Eddie Briann ed è ebro ed parente di persone morte nei campi di concentramento.

 

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