Cari sacerdoti,
scrivo per salutarvi e per ringraziarvi per le attenzioni e lo zelo che state mostrando in questi giorni. È un momento difficile per noi e ancora di più per la gente, giunto inaspettatamente, nel periodo dell’anno che ci vede più impegnati nella pastorale e nella liturgia, ma trovo meraviglioso il modo in cui tutti abbiate trovato dei sistemi alternativi per farvi prossimi ai fedeli, per star loro vicini, nonostante le distanze, per sostenere la preghiera, la formazione e per rispondere ai loro bisogni.
Le chiese sono fisicamente chiuse, è vero, ma le vedo più aperte che mai ogni qualvolta contattate un parrocchiano per una parola di conforto, ogni volta che la vostra telefonata fa compagnia ad un anziano e cerca di capirne le esigenze, anche quelle più pratiche, come la necessità di ricevere la spesa. Le vostre chiese sono aperte nell’organizzazione continua, attraverso diversi e molteplici gruppi social dei volontari, delle associazioni, dei movimenti, delle Caritas; le vostre chiese sono aperte nella Parola che continuate a condividere anche attraverso un messaggio breve e nelle liturgie che aprite al “pubblico” a casa, attivando un computer o un telefonino. È simpatico vedere anche i preti più anziani – quelli della mia età per intenderci – arrabattarsi con le nuove tecnologie, in cerca di uno scatto semplice, o di una comunicazione veloce, che possa, però, dare conforto e offrire un po’ di parrocchia anche da casa. Catechesi, Via Crucis, commenti al Vangelo, condivisione delle messe del Papa e delle tv nazionali sulle piattaforme di internet, invadono l’etere e il cuore, grazie a voi.
Mi ha colpito, particolarmente, l’iniziativa della forania di Pescara Sud, che, al suono contemporaneo delle campane, alle 18.25, di tutte le chiese, ha scelto di unirsi alla catechesi e al messaggio che io stesso offro su Rete 8, ogni giorno (anche io mi sono dovuto reinventare “conduttore”, almeno per un poco) e sarebbe bello se questa iniziativa fosse un momento di unità per tutta la diocesi già da domani, da domenica 15 marzo. Al “din don dan” festoso delle nostre chiese sarà come ritrovarsi insieme per una breve lectio divina e per pregare, poi, il Santo Rosario nelle nostre case, un po’ come una volta, sostenendo con l’orazione tutti coloro che in questo momento si stanno rimboccando le maniche negli ospedali e chi deve continuare a lavorare, per affidare all’intercessione di Maria i malati e chi è nella sofferenza e per consegnare al Padre i tanti defunti di questi giorni.
Scrivendo, mi rendo conto di aver fatto un errore. In effetti le chiese non sono chiuse, sono chiusi gli edifici, come tante altre strutture, ma la Chiesa, Corpo di Cristo, popolo di Dio, è viva e pulsante… è aperta.
Ancora buon cammino».
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