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Pescara, al Circus Manuela Kustermann porta in scena “Don Giovanni” di Molière

da Redazione

PESCARA – Oggi, 26 marzo ,alle ore 21.00,  per il sesto appuntamento della 46ª Stagione Teatrale della Società del Teatro e della Musica torna a calcare il palcoscenico del Teatro Circus, dopo qualche anno di assenza, una delle Signore del teatro italiano : Manuela Kustermann.

La grande attrice , nella parte di Sganarello, porta in scena la commedia di Moliere “Don Giovanni”,  riedita e rivista da Alberto Di Stasio, insieme a   Fabio Sartor che interpreterà la parte di Don Giovanni e con Alberto Caramel, Emanuela Ponzano, Massimo Fedele, Luna Romani, Marta De Ioanna. La regia è curata da Alberto Di Stasio. Le musiche sono di Wolfgang Amadeus Mozart.


Calendario degli spettacoli:

TEATRO CIRCUS
Lunedi 26 Marzo – ore 21
Martedi 27 Marzo – ore 17 e 21

Con il Don Giovanni, quasi cento anni in anticipo sulla Rivoluzione Francese e De Sade, Molière crea un dramma in cui Natura e Ragione si scontrano come due titani, incarnandosi la prima in Sganarello, la seconda in Don Giovanni. La sensazione che un Vecchio Mondo stia lasciando il posto ad uno Nuovo ispira la lucida acerba e inflessibile critica di Don Giovanni che pur di andare fino in fondo alla sua visione non risparmia nulla della sua realtà, neanche se stesso, nonostante la generosa e creativa operosità di Sganarello che cerca in tutti i modi di rivelare al suo padrone, quasi una madre con il proprio figlio, quasi un amante con il proprio amato, la ricchezza e il bene che si celano nella Natura, come baluardo e salvezza prima della rovina.

Nota di regia: Si ignora l’anno, il secolo, il luogo in cui nacque la leggenda di Don Giovanni. Non esiste una notizia certa che possa rivelarne l’origine; c’è chi crede (ad esempio Kierkegaard, nel suo saggio L’erotico nella musica) che l’idea del personaggio appartenga al cristianesimo, e, attraverso di esso, al medioevo. Quanto alla sua origine, al luogo, s’impone ch’esso sia la Spagna. Ma ecco proprio uno studioso spagnolo, il Maranon, allontanare l’idea che Don Giovanni sia un prototipo spagnolo e tanto meno andaluso. Egli sarebbe, piuttosto, un prodotto di società decadenti che aveva già portato in giro il suo cinismo nel declino di altre civiltà, quando la Spagna era ancora un embrione di popolo, senza struttura nazionale. Infine c’è anche chi ha visto calare Don Giovanni (proprio lui, uno dei personaggi più mediterranei che si conoscano) dal gelo e dalle nebbie del Nord. Questi studiosi descrivono la biografia di un fantasma; non s’accorgono che Don Giovanni è un personaggio che, come tale, è storicamente irraggiungibile. E’ vero solo per l’intensità della finzione poetica che lo fa vivere. E’ il palcoscenico il luogo della sua definizione; solo in esso egli compie gli estremi della sua azione. Molière ne fa un capolavoro assoluto; il testo raggela la figura del burlador de Sevilla, esaltandone l’ipocrisia come mezzo eccellente e infallibile per raggiungere lo scopo. Quella polemica sociale, contro la morale, la virtù e l’onore che si pretende invincibile, qui si dichiara con irruenza, come se Don Giovanni fosse il rivoluzionario denunciatore d’una verità abilmente nascosta sotto la devozione, ed egli si divertisse a trasformare, come un meccanismo, quella verità in una vivente dimostrazione. Il libertino Don Giovanni, dunque, spense del tutto il fuoco e la giovanile baldanza del suo antenato spagnolo: si raggelò in una luce livida e quasi satanica. La nostra scrittura drammaturgica accerchia lo spettatore in tre misure di interpretazione: la musica mozartiana di rara bellezza, pungolo buffo/tragico che scuote l’approssimazione apollinea del personaggio per rovesciarlo in un turbine dionisiaco come soltanto un musicista come Mozart poteva immaginare; i quadri di Stefano Di Stasio e i costumi di Paola Gandolfi, inoltrati in una modernità propria dei grandi truffatori, di un realismo impensabile e anacronistico. La vera e propria scrittura di scena si modella ai fondamenti d’un teatro di forti emozioni fisiche e psichiche, dove nulla accade se non evocato e nulla si evoca se non vissuto. Uno spettacolo che speriamo di alta intensità teatrale, voluto per scuotere le coscienze degli spettatori illuminandoli sulla decadenza erotico-corporale del nostro vivere civile.

 

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